di RENATO BONA
Metti una notte insonne e… Navigando in Internet chi stende queste note ha avuto l’opportunità di conoscere, e subito apprezzare molto, il sito: “dimenticatidistato.com.” che, dopo ricerche approfondite e serie, si è posto ed ha raggiunto l’obiettivo della ricerca delle storie di quanti – sedicimila e qualche unità secondo dati ufficiali del ministero della Difesa – per anni, davvero troppi, sono stati ritenuti dei “dispersi” di guerra, la seconda nel caso specifico. L’iniziativa del sito (e di un ottimo libro con lo stesso titolo) ed il merito sono di Roberto Zamboni, scrittore e storico di Montorio Veronese, il quale è riuscito, grazie ad un “lavoro immane e totalmente volontario” a rintracciare le spoglie di oltre cinquecento italiani deportati morti all’estero, durante la seconda guerra mondiale. Ed ha consentito, finalmente, a tante famiglie di avere notizie certe sul luogo di morte e sepoltura del congiunto dato per disperso. Il tutto – come ha avuto modo di spiegare lo stesso Zamboni al quotidiano veronese “L’Arena” – era nato dalle ricerche su un suo zio, Luciano (che ora riposa nel cimitero di Montorio) deportato politico in Germania, deceduto e sepolto a Flossenbürg nel 1945, il 4 maggio, pochi giorni dopo la liberazione del campo. Ancora Zamboni: “Avevo saputo pure che, oltre a mio zio, lì erano seppelliti altri tre italiani e mi venne spontaneo avvisare le famiglie, all’oscuro di tutto. Per loro, fu un sollievo da un antico dolore sapere dove ritrovare le spoglie di genitori, nonni, parenti dispersi”. Da allora, il nostro si è impegnato al massimo a passare in rassegna i cimiteri militari e civili di Berlino, Amburgo, Francoforte sul Meno, Monaco di Baviera, Mauthausen e Varsavia. Compilando liste regionali di deportati italiani i cui resti sono stati ritrovati all’estero. Gli elenchi sono considerati un “bene assoluto perché dietro ad ogni nome c’è un volto e dietro ad ogni volto una vita”. Quelli che appaiono nel sito si riferiscono solamente a Caduti in prigionia, civili e-o militari, per mano tedesca, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, e sepolti nei cimiteri militari italiani di Austria, Germania e Polonia. Proseguendo la nostra ricerca notturna sul sito ci siamo imbattuti in una notizia che riguarda il Bellunese, Sedico in particolare. Infatti sotto il titolo “Nonno Antonio ritrovato a Bielany”, del 13 settembre 2016, abbiamo potuto leggere: “Gentile sig. Zamboni, un grazie immenso a lei… Vivo in Svizzera, da anni ho in mano la ‘paginetta’ che mia nonna aveva fatto fare a suo tempo, lì è riportato come luogo di sepoltura Goslitz. Ho cercato spesse volte dove si trovasse questo paese… ma invano. L’altro giorno mi sono imbattuta in questo sito e cercando è uscito fuori il nome di mio nonno. Anche se io non l’ho mai conosciuto è stata un’immensa gioia, finalmente sapere. Purtroppo mio papà è morto 13 anni fa ma mio zio è ancora vivo. Sicuramente gli accennerò questa cosa la prossima volta che gli farò visita… Ho anche una foto di mio nonno con data di nascita e morte che corrisponde alle sue ricerche… se fosse utile per il suo archivio… Ancora grazie. Daniela Troisio”. Il nonno di cui si parla è Antonio D’Incà, nato il 30 luglio 1912 a Sedico in provincia di Belluno. Qui di seguito i dati che lo riguardano, forniti dal ministero della Difesa: Soldato del 59. Reggimento artiglieria Divisione fanteria, matricola militare 4701. Fatto prigioniero a Calamata, sul fronte greco il 9 settembre 1943 ed internato in Polonia negli stalag VIII B di Teschen (in polacco Cieszyn – Voivodato della Slesia); trasferito prima allo stalag XX B di Torùn (Voivodato di Cuiavia e Pomerania) poi allo stalag VIII A di Görlitz (in polacco Zgorzelec – Voivodato della Bassa Slesia) dove è morto il 6 aprile 1944. Inumato in prima sepoltura nel cimitero dello stalag a Görlitz a Moys (il cimitero si trovava in Seindenberg Strasse); esumato e traslato a Bielany-Varsavia nel cimitero militare italiano in Polonia e sepolto in Mausoleo (posizione tombale da richiedere al ministero della Difesa; fonti: lo stesso Ministero, Archivio Anrp, Deutsche Dienststelle (WASt).
NELLE FOTO (riproduzioni dal sito “dimenticatidistato”, Katarzyna Ozerska e Wikipedia): Antonio D’Incà, nativo di Sedico; la lapide 476 col suo nome; il cimitero militare italiano di Bielany a Varsavia; tanti, troppi nomi sulle lapidi…; Roberto Zamboni cui si deve il sito “dimenticatidistato” e autore del libro con lo stesso titolo.