di Luisa Manfroi
Quando si parla di don Antonio Della Lucia (1824 – 1906) torna alla mente la foto che lo ritrae insieme ad altri, davanti alla latteria di Canale d’Agordo, in abito scuro e con un cappello a cilindro in testa. La stessa immagine che fa da copertina dell’ultimo lavoro di Loris Serafini “Il Cavalier don Antonio Della Lucia. Biografia di un pastore rivoluzionario, filantropo e poeta” (Edizioni Bellunesi nel Mondo). Un’altra lodevole ricerca di Serafini, direttore della Fondazione Papa Luciani di Canale d’Agordo e curatore scientifico del Museo Albino Luciani Papa Giovanni Paolo I (Musal) che ha già all’attivo una lunga serie di pubblicazioni a carattere storico.
Da dove nasce l’interesse per don Antonio Della Lucia?
«L’interesse nasce da “mia méda” Corinna Serafini. Quando era piccolo mi raccontava di come ci fosse stato a Canale un “Piovàn” davvero molto speciale, che sapeva ipnotizzare la gente, sia in senso figurato che in senso reale. Mi spiegava come don Antonio fosse riuscito a ipnotizzare due persone di Canale che avevano tentato di rubargli l’incasso della vendita del formaggio mentre tornava in calesse da Cencenighe in località “Ai Forn”. L’arciprete aveva poi schioccato le dita, risvegliandoli, quando era giunto in canonica. I due erano poi fuggiti per la vergogna. In secondo luogo l’interesse mi è nato perché accanto a casa mia sorge la prima latteria cooperativa d’Italia da lui istituita e da piccolo, a scuola, ce la facevano visitare insieme al “casèr”, “el Vitòrio Luziàni”, che sapeva “magicamente” spostare il fuoco con un sistema a leva da una parte all’altra della stanza di lavorazione del latte. Una volta cresciuto, la sua figura mi ha incuriosito molto, al punto di essermi ripromesso di scriverne una biografia, in accordo con Giorgia Menegolli, autrice del bellissimo saggio “il Maestro di papa Luciani” che parla della figura di un discepolo di don Antonio, don Filippo Carli, educatore di papa Luciani e con don Davide Fiocco, grande estimatore di don Antonio.»
Una ventina di anni fa l’allora parroco don Sirio Da Corte aveva incaricato Serafini di riordinare l’archivio ed erano emersi dei carteggi significativi. La ricerca è stata incoraggiata anche da Gianquinto Perissinotto, presidente della Fondazione Silla Ghedina di Cortina d’Ampezzo e quindi recentemente appoggiata dall’’Associazione Bellunesi nel Mondo che ha voluto pubblicarla.
Nel sottotitolo della biografia di don Antonio si usano le espressioni “pastore rivoluzionario”, “filantropo” e “profeta”. Quali sono le motivazioni alla base di queste definizioni e quali sono stati i suoi meriti?
«”Pastore” perché oltre ad essere pienamente inserito nel contesto agricolo del suo territorio, egli si riteneva prima di tutto una guida spirituale, un sacerdote. “Rivoluzionario” perché rovesciò letteralmente il punto di vista della sua gente, arroccata in una mentalità arretrata e controproducente, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo delle risorse per la propria sopravvivenza. “Filantropo”. Come dice la parola greca, egli era un vero appassionato delle persone, del loro benessere spirituale ed economico. Quindi, da vero pastore evangelico, “si prendeva cura delle sue pecorelle”, condividendone ansie, gioie, speranze, problemi. Per aiutare la sua gente istituì per primo in provincia un asilo rurale, creò biblioteche popolari circolanti, la cassa rurale, le cooperative di consumo e del latte e molte altre iniziative finalizzate a migliorare le condizioni di vita dei suoi parrocchiani in patria come anche in Brasile, verso cui curava l’emigrazione in modo da permettere a chi non aveva alternative, di giungere in maniera sicura nelle terre del Sud America. “Profeta”, perché ci vide molto più in là dei propri contemporanei, anticipò i tempi di molti decenni, anzi di più di cent’anni (quando ad esempio chiedeva l’equiparazione giuridica della donna all’uomo), preparò il terreno a uno sviluppo spirituale e sociale inimmaginabile. Come San Giovanni Battista preparò la strada al Cristo, così don Antonio preparò lo sbocciare della vocazione di Albino Luciani, senza saperlo, perché fu il formatore dei suoi formatori. Ma ancora meglio, don Antonio è un profeta perché aveva intravisto centocinquant’anni una strada per il successo anche economico di questa terra che fu parzialmente realizzata allora, ma che resta ancora da realizzare oggi. I suoi meriti sono stati quelli di aver indicato una strada da seguire, un modello di società da perseguire. Ma i suoi consigli oggi sono disattesi e sono caduti nell’oblio.»
La personalità e l’operato di don Antonio Della Lucia hanno avuto influenze su Albino Luciani? Esiste un legame con il Pontefice di Canale d’Agordo?
«Il legame con Albino Luciani si esplicita in maniera indiretta. Lo ricorda il Cardinale Parolin nella prefazione del libro, come pure il prof. Gullino: c’è un filo che li lega. Bortola Tancon, Filippo Carli e Felice Cappello furono battezzati ed educati da don Antonio Della Lucia. Bortola divenne la madre di Albino Luciani, don Filippo il suo parroco, padre Felice, oltre che parente, anche un punto di riferimento continuo e un maestro spirituale. Nel 1906 moriva don Antonio Della Lucia e nel 1912 nasce Albino Luciani,futuro Beato. Don Antonio cavalier Della Lucia aveva seminato bene!»
Quali sono state le difficoltà incontrate durante la ricerca?
«Le difficoltà incontrate sono state molte. Le chiusure dovute al Covid, che impedivano l’accesso a qualche archivio, la grande mole di documentazione da vagliare, il poco tempo a disposizione, la fatica di costruire una biografia incrociando dati ricavati da lettere private e documenti personali oltre al dubbio etico sul pubblicare o meno episodi, vicende e aspetti molto personali, che riguardavano persone pur morte da più di cento anni.»
“La personalità e l’operato di don Antonio Della Lucia hanno avuto influenze su Albino Luciani? Esiste un legame con il Pontefice di Canale d’Agordo?
«Il legame con Albino Luciani si esplicita in maniera indiretta. Lo ricorda il Cardinale Parolin nella prefazione del libro, come pure il prof. Gullino e il dott. don Davide Fiocco.»
Il libro, dopo le presentazioni del cardinale Pietro Parolin, di Giuseppe Gullino, del presidente dell’ABM Oscar De Bona e di don Davide Fiocco, dedica un capitolo introduttivo al contesto storico locale e nazionale. Viene poi presentata la biografia di don Antonio e la sua famiglia e analizzata la sua personalità, la sua opera spirituale, la sua opera sociale e l’eredità spirituale.
La biografia è stata presentata a Caviola per dalle Biblioteche della Valle del Biois e dalle amministrazioni comunali, sabato 8 gennaio. Si può acquistare presso l’ABM di Belluno, presso il Museo Albino Luciani di Canale d’Agordo, l’Union Ladina Val Biois, le cartolerie e librerie della Valle del Biois.