di RENATO BONA
Un altro mio amico purtroppo scomparso, Cherubino Miana, ha firmato nel febbraio del 2012 le duecento pagine del libro”L’italiano che cercava l’acqua”, tratto da un diario di vita dell’agordino Titano Fontanive, con questo incipit che funge da dicitura dell’immagine del protagonista, nella prima di copertina: “… terre deserte, foreste lussureggianti, dalla Cina all’Asia, dall’Africa alla Thailandia, ha conosciuto le genti del mondo, le ha viste vivere e lavorare, le ha apprezzate; non c’era razza che non avesse i suoi lati positivi, ma soprattutto era gente semplice, senza malizia, e con loro era bello vivere…”. E che continua e si conclude così, in quarta di copertina: “… Mi recitava così a memoria la sua vita come uno scolaretto recita una poesia, era una poesia d’amore che lui ormai novantenne aveva vissuto nelle contrade del mondo ed incisa a fuoco nei suoi ricordi, sorrideva spesso quando passava da un argomento all’altro. Riaffioravano nel giardino che aveva di fronte i suoi giardini sparsi nei cantieri, i volti di tante persone conosciute, i capi villaggio, la foresta con le sue bestie ed il profumo delle fioriture africane. Non avresti mai pensato che un uomo come quello che ti stava raccontando se stesso avesse fatto tante cose e le ricordasse in modo pacato e semplice. E’ sempre la vittoria dei semplici e delle persone felici di aver vissuto una vita che oggi chiameremmo ‘globalizzata’ e che un tempo era comune alla maggior parte degli agordini”. Ecco in sintesi un profilo dell’autore (il libro è stato stampato, come accennato, nel febbraio di nove anni or sono per i tipi della Castaldi di Agordo grazie – lo sottolineava in presentazione l’allora presidente dell’Associazione agordina dei periti minerari, Dante Fiocco – per la disponibilità del protagonista e la preziosa collaborazione di Gino Campedel, pure lui perito minerario, e di Sara Bertoni plurilaureata in materie giornalistiche la quale ha saputo tradurre in forma digitale il diario manuale di “Titano”): Cherubino Miana, agordino di Voltago dove abitava, mancato nel settembre 2015 all’età di 71 anni, era conosciuto, e stimato non solo nella vallata agordina ma in tutta la provincia di Belluno e anche oltre, per la professione: era tecnico dell’Enel, e per l’impegno profuso sempre con entusiasmo quale amministratore pubblico e come promotore e spesso artefice di importanti restauri di opere d’arte, in particolare quelle delle chiese, valgano gli esempi dell’importante ciclo di affreschi realizzati da Paris Bordone per la chiesa monumentale di San Simon di Vallada, le pitture per San Lucano e la Beata Vazza della chiesetta di Listolade di Taibon, gli affreschi della chiesa di San Liberale a Cusighe di Belluno… Ed eccoci a Giovanni Battista “Titano” Fontanive i cui racconti su personali esperienze di vita compongono il libro che è articolato in questi capitoli: “Agordo fino al 1942”, “Militare a Milano 1942”, “Svizzera 1947-1949”,”Francia 1949-1950”, “Belgio 1950-1956”,”Francia 1956”, “Baluchistan (Pakistan) 1957-1859”, “”Est Pakistan 1960-1962”, “India 1963-1965”, “Costa d’Avorio 1965”, “Niger 1965”, Costa d’Avorio (ritorno) 1966”, “Arabia Saudita 1967-1971”, “Tailandia… 1971”, “Guinea 1972”, “Cina-Hong Kong 1975”,”Tailandia (ritorno) 1975-1976”,”Benin 1976-1978”. Il bellunese Corriere delle Alpi postava il 4 aprile 2012 un servizio di Gianni Santomaso il cui titolo era: “La nostra terra ha ancora bisogno dell’umanità, della professionalità e della sete di conoscenza di Titano Fontanive”. E spiegava che: “Con un plauso unanime il Consiglio comunale di Agordo ha tributato il giusto riconoscimento a Giovanni Battista Fontanive (90 anni il 21 aprile) meglio noto come “Titano”, per la lunga e felice carriera lavorativa svolta in varie parti del mondo: dalla Svizzera dove era impiegato come minatore, al Pakistan, al Niger, all’Arabia Saudita e in tanti altri posti dove ha operato come ‘cantierista’ specializzato nella costruzione di pozzi per l’acqua”. Guarda caso l’attività cui fa riferimento il titolo del libro di Cherubino Miana”. Nell’occasione, il sindaco di Agordo, Renzo Gavaz aveva affermato che “Titano ha onorato Agordo facendone conoscere i valori di laboriosità, dinamicità ed efficienza in tutti le parti del mondo con intelligenza, umanità e conoscenza tecnica. È stato uomo di grande sensibilità che ha tenuto nel cuore il legame con la sua terra, con l’Agordino e le Dolomiti; figura di emigrante capace di apprezzare le varie realtà sociali e culturali con le quali è entrato in contatto. A lui va un abbraccio collettivo”. Con Fontanive si erano congratulati pure i capigruppo Claudio Sito e Damiano Soppelsa, sottolineando la comune esperienza di tanti altri emigranti agordini. Nell’ovvia impossibilità di dettagliare i singoli capitoli, ci soffermiamo sul primo perché contiene, fra gli altri, un episodio legato alla figura di quello che sarebbe divenuto il “Papa bellunese del sorriso”: Albino Luciani, asceso al soglio di Pietro col nome di Giovanni Paolo I. Miana ha riportato questa testimonianza di “Titano”: “Ricordo l’insegnante di religione don Albino Luciani, originario di Canale d’Agordo, che aveva sempre l’abitudine di dire: ‘vero sì?…’ io li contavo, un giorno ne disse 120 in un’ora”. Anni dopo ricordo che monsignor De Bernard, parroco di Agordo, trovandomi in piazza mi chiamò dicendomi: ‘conosci questa persona?’ Il futuro Papa era allora vescovo di Vittorio Veneto. Io dissi semplicemente: ‘Don Albino, che piacere vederla ad Agordo’ e lui di rimando: ‘Adesso mi sento a casa’, contento che qualcuno lo avesse chiamato senza tanti titoli…”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro”L’italiano che cercava l’acqua”; Wikipedia; Twitter): la copertina della pubblicazione; l’autore Cherubino Miana; il protagonista Giovanni Battista “Titano” Fontanive mentre riceve un attestato dal sindaco di Agordo Renzo Gavaz; militare nel 1952; la sua casetta in terra elvetica; con la moglie friulana sposata il 23 ottobre 1948; Francia, 1949; a Karaci nel 1961 per la posa di pali di fondazione; lavori per una moschea; in sella alla Giava 350 in Persia nel 1959; su un cammello bianco; a porto Okha, in India, nel 1963; col “leoncino” in Costa d’Avorio; all’ora di pranzo nel cantiere del Togo.