NEL 2022 MANCATI PAGAMENTI ALLE IMPRESE VENETE PER 400 MILIONI DI EURO
A fronte di 20,2 miliardi di fatture ricevute nel 2022, l’Amministrazione centrale dello Stato non ha pagato 5,4 miliardi di euro ai fornitori italiani. Di questo importo, stima la CGIA, almeno 400 milioni di euro potrebbero aver interessato le imprese venete che dopo aver emesso la fattura elettronica – per aver fornito del materiale, aver eseguito una manutenzione o realizzato un’opera pubblica – non sono state saldate entro l’anno.
In altre parole, lo Stato centrale ha acquistato beni, servizi ed ha realizzato degli interventi infrastrutturali, ma poi non ha pagato in quasi un caso su tre. Con questa condotta ingiustificabile, l’Amministrazione statale ha messo in difficoltà moltissime imprese, soprattutto di piccola dimensione.
In generale, comunque, va segnalato che nel Veneto, l’Amministrazione regionale, le ASL e i nostri Comuni sono tra i più virtuosi d’Italia (vedi Tab.1). Purtroppo, i ritardi o mancati pagamenti penalizzano, in particolar modo, le nostre aziende che lavorano per lo Stato centrale e/o per le realtà periferiche del Mezzogiorno.
La denuncia è sollevata dall’Ufficio studi CGIA che ha elaborato i dati della Corte dei Conti.
Altresì, come ha sottolineato nella sua relazione la Corte dei Conti, nelle transazioni commerciali con le aziende private da qualche tempo la nostra Pubblica Amministrazione (PA) sta adottando una prassi che definire “diabolica” è forse riduttivo; liquida le fatture di importo maggiore entro i termini di legge, mantenendo così l’Indice di Tempestività dei Pagamenti (ITP) entro i limiti previsti dalla norma, ma ritarda intenzionalmente il saldo di quelle con importi minori, penalizzando, così, le imprese fornitrici di prestazioni di beni e servizi con volumi bassi; cioè le piccole imprese.
In Veneto lo stock dei debiti di parte corrente sfiora i 5 miliardi
Tutta la nostra PA presenta un debito commerciale di parte corrente nei confronti dei propri fornitori, in gran parte Pmi, che nel 2022 ha toccato i 49,6 miliardi di euro; praticamente lo stesso livello che avevamo nel 2019, anno pre-pandemia (vedi Graf. 1). Di questo importo, almeno 5 miliardi potrebbero interessare le imprese del Veneto. Insomma, nonostante gli sforzi, la nostra PA continua a essere la peggiore pagatrice d’Europa. Secondo Eurostat, infatti, nessun altro Paese in UE presenta uno score peggiore del nostro.
Siamo sempre più nel mirino dell’UE
Con la sentenza pubblicata il 28 gennaio 2020, la Corte di Giustizia Europea ha affermato che l’Italia ha violato l’art. 4 della direttiva UE 2011/7 sui tempi di pagamento nelle transazioni commerciali tra amministrazioni pubbliche e imprese private. Sebbene in questi ultimi anni i ritardi medi con cui vengono saldate le fatture in Italia siano in leggero calo, il 9 giugno 2021 la Commissione Europea ha avviato nei confronti del nostro Paese una nuova procedura di infrazione, sempre per la violazione della direttiva richiamata più sopra, in relazione al noleggio di apparecchiature per le intercettazioni telefoniche e ambientali nel quadro delle indagini penali. Il 29 settembre 2022, invece, la Commissione ha aggravato la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia e, infine, ad aprile di quest’anno, in relazione a una presunta violazione della Direttiva sui pagamenti a carico del sistema sanitario della regione Calabria, ci ha fatto pervenire una lettera di messa in mora.
Le imprese devono compensare i debiti fiscali con i crediti commerciali. Ora c’è una proposta di legge di iniziativa popolare
Per risolvere questa annosa questione che sta mettendo a dura prova tantissime Pmi, per l’Ufficio studi della CGIA c’è solo una cosa da fare: prevedere per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i crediti certi liquidi ed esigibili maturati da una impresa nei confronti della PA e i debiti fiscali e contributivi che la stessa deve onorare all’erario. Grazie a questo automatismo risolveremmo un problema che ci trasciniamo appresso da decenni. E finalmente, c’è la possibilità di arrivare a una definizione normativa in tempi, si spera, ragionevolmente brevi. I Radicali Italiani, infatti, da qualche giorno stanno raccogliendo le firme (anche on line) in tutto il Paese per proporre al Parlamento italiano una proposta di legge di iniziativa popolare che ricalca quanto suggerito dalla CGIA. Per saperne di più sul sito dei Radicali Italiani e firmare la petizione: CLICCA QUI