Lo Stato centrale e le sue articolazioni periferiche continuano “colpevolmente” a non pagare i fornitori. Un malcostume tutto italiano che costa alle Pmi venete mancati pagamenti per almeno 5 miliardi di euro. Una situazione molto critica, nonostante la Pubblica Amministrazione (PA) presente nella nostra regione sia tra le più virtuose d’Italia. A denunciare ancora una volta questa criticità è l’Ufficio studi della CGIA.
In Veneto situazione positiva, male al Sud
A differenza di altri territori, in Veneto la situazione è molto positiva: la realtà più virtuosa è l’Azienda Zero che nel 2021 ha pagato con un anticipo medio rispetto alla scadenze previste per legge di ben 41,6 giorni. Seguono l’ULSS 2 della Marca Trevigiana con -37,36 e l’Ulss 6 Euganea con -35,09. Gli Enti meno “solerti”, si fa per dire, sono stati l’Ulss 3 Serenissima con un anticipo di 18,08 giorni, il Comune di Vicenza con 5 giorni e la Provincia di Vicenza che ha onorato i suoi impegni di pagamento con “solo” 3,5 giorni di anticipo. Se il Veneto costituisce un’isola felice, la situazione rimane molto critica nel Mezzogiorno. Area dove non sono poche le Pmi della nostra regione che lavorano per le Pubbliche Amministrazioni di questa ripartizione geografica. Tra le realtà amministrative pubbliche più in difficoltà nel saldare i fornitori scorgiamo i Comuni del Sud. Nel 2021, infatti, dall’analisi dell’Indice di Tempestività dei Pagamenti (ITP) scorgiamo che l’amministrazione comunale di Salerno ha pagato le fatture ricevute con 61,57 giorni di ritardo, a Lecce dopo 63,18 giorni, e a Napoli con 228 giorni di ritardo.
Perchè tante imprese venete hanno crediti insoluti, sebbene la PA in Veneto paga regolarmente?
In primo luogo perché molte aziende venete lavorano per grandi aziende pubbliche, ministeri o enti locali di altre regioni e in secondo luogo perché, come ha segnalato la Corte dei Conti, si starebbe consolidando una tendenza che vede le Amministrazioni pubbliche privilegiare il pagamento in tempi brevi le fatture di importo maggiore e ritardare intenzionalmente la liquidazione di quelle di importo meno elevato. Una modalità operativa che, ovviamente, penalizza le piccole imprese che, generalmente, lavorano in appalti o forniture di importi nettamente inferiori a quelli “riservati” alle attività produttive di dimensione superiore.
Pagano le fatture importanti, ma non quelle di importi minori
E’ corretto segnalare che negli ultimi anni i ritardi di pagamento, misurati con l’ITP, sono mediamente in calo, anche se secondo la Corte dei Conti si starebbe consolidando una tendenza che vede le Amministrazioni pubbliche privilegiare il pagamento in tempi brevi delle fatture di importo maggiore e ritardare intenzionalmente la liquidazione di quelle di importo meno elevato. Una modalità operativa che, ovviamente, penalizza le piccole imprese che, generalmente, lavorano in appalti o forniture di importi nettamente inferiori a quelli “riservati” alle attività produttive di dimensione superiore.
La soluzione ? Compensare i debiti fiscali con i crediti commerciali
Quale suggerimento dare al nuovo esecutivo che si insedierà nelle prossime settimane affinché possa risolvere questa annosa questione che sta mettendo a dura prova tantissime Pmi ? Per l’Ufficio studi della CGIA va prevista per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i crediti certi liquidi ed esigibili maturati da una impresa nei confronti della PA e i debiti fiscali e contributivi che la stessa deve onorare all’erario. Grazie a questo automatismo risolveremmo un problema che ci trasciniamo appresso da decenni. Senza liquidità a disposizione, infatti, tanti artigiani e altrettanti piccoli imprenditori si trovano in grave difficoltà e in un momento così delicato per l’economia del Paese è inaccettabile che i debiti della PA nei confronti degli imprenditori siano in costante crescita dal 2017.