LONGARONE «Quando finisce la notte?» È la domanda di un rabbino ai suoi allievi, riportata nell’omelia di don Rinaldo Ottone – durante la messa in suffragio delle vittime del Vajont e per celebrare tutti coloro che hanno collaborato nei giorni immediatamente successivi alla catastrofe – ad aprire la Giornata del Soccorritore. Una giornata che Longarone da sempre dedica alle persone che hanno riversato la loro solidarietà sulla comunità distrutta, subito dopo il 9 ottobre 1963. Ma che quest’anno assume un significato particolare, con l’intitolazione di un viale proprio ai soccorritori. «Quando finisce la notte? Uno degli allievi risponde “quando si distingue un cane da una pecora”» ha continuato il parroco nell’omelia. «“Quando si riesce a distinguere un fico da un gelso” azzarda un altro degli allievi. “No” dice il rabbino. “La notte finisce quando guardando un uomo, si riconosce un fratello”». La notte delle comunità del Vajont è stata lunga, dolorosa, ma ha trovato tanti “fratelli” nei tantissimi soccorritori arrivati da tutta Italia e anche da altre parti del mondo. È a loro che Longarone ha dedicato il viale che passa davanti alla Fiera, alle scuole medie, all’area sportiva. Con tre pannelli fotografici giganti che riportano altrettanti momenti significativi della macchina dei soccorsi attiva nelle settimane buie dell’autunno 1963. La cerimonia di intitolazione è iniziata con il corteo dalla chiesa di Longarone: un lungo serpentone che è passato per il centro cittadino tra gli applausi, fino all’area della fiera, aperto dalla Fanfara degli ex Congedati della Brigata Cadore. Presenti oltre 1.500 persone tra Alpini, Protezione Civile, Croce Rossa, Bersaglieri e altri corpi dell’esercito. «Il soccorritore è un misto di sensazioni, emozioni, pensieri e soprattutto azioni che si compiono per quella parola magica che si chiama solidarietà, quel sentimento altamente civico e cristiano che si manifesta proprio nell’opera di soccorso. Ma non è solo esempio di efficiente macchina organizzativa, in quella parola c’è un’anima, c’è una passione, c’è senso del dovere e grande sensibilità» ha detto il sindaco di Longarone, Roberto Padrin, nel suo discorso. «Oggi siamo qui perché abbiamo voluto dedicare a tutti voi, rappresentanti di ogni corpo dello Stato e semplici cittadini, questo viale, che per sempre riconoscerà quello che avete fatto per noi. È il nostro modo per dirvi grazie. Grazie per non averci lasciati soli nel nostro dolore, per averci dato tutto il vostro conforto e per esservi fatti carico di quella parte di tristezza che potevamo condividere intimamente solo con voi. Grazie per aver pianto con noi e per aver stretto forte i nostri bambini, per aver curato le nostre ferite e alleviato il nostro dolore e per averci dato quel sostegno e quella forza senza cui non saremmo mai potuti rinascere». Il sindaco Padrin ha sottolineato come «il Vajont è quella tragedia che ha tatto emergere la parte peggiore, ma anche la migliore dell’uomo», riferendosi proprio ai soccorritori. «Il disastro del Vajont ha segnato la nascita del sistema nazionale di Protezione Civile, che poi di fatto ha avuto nel terremoto del Friuli il primo sviluppo concreto. Voi ci avete ricordato e ci ricordate che cosa conta davvero». «Il sistema di Protezione Civile passa per il Vajont e oggi è un’eccellenza mondiale riconosciuta» ha aggiunto l’assessore regionale alla Protezione Civile, Gianpaolo Bottacin. «La cosa più importante è lo spirito di solidarietà, allora come oggi. E non è un caso che in Veneto abbiamo il più alto numero di persone che fanno volontariato in Protezione Civile. I soccorritori sono eroi? Sono professionali, tempestivi. Sono persone normali, che a casa hanno una famiglia e partono senza sapere dove vengono mandati, disponibili 24 ore su 24. Ma soprattutto sono dotati di una grandissima umanità».
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