di Renato Bona
Dopo quelli intitolati “Saluti e ricordi”, “La ferrovia”, “Le vie e le piazze”, “Gli alberghi”, “Le ville e i palazzi”, “Il lavoro”, “Panorami” l’ottavo capitolo del libro di Elda Deon Cardin, longaronese doc trapiantata a Belluno, “Così lontano, così vicino…” con cartoline di Longarone e dintorni dal 1890 al 1940, ci illustra con splendide immagini datate “Le frazioni”. Ed annotazioni – per dirla con l’allora sindaco Gioacchino Bratti – che sono semplici, sempre appropriate, graziose, che vengono dal cuore e dallo spirito e nelle quali sentiamo trasparire l’affetto e l’immaginazione dell’autrice, che, giova ricordarlo, le ha raccolte in qualcosa come sette lustri all’indomani dalla sciagura del Vajont del 9 ottobre 1963 con le sue immani distruzioni e le sue duemila vittime. A proposito di Longarone: possiamo anticipare con piacere che avremo modo più avanti di occuparci di due altre splendide raccolte di immagini di persone, cose, situazioni che sempre ad iniziativa di Elda Deon Cardin hanno dato corpo nel novembre 2008 al libro, patrocinato dal Comune (nel quarantacinquesimo anniversario della sciagura causata dalla frana del Monte Toc): “Il lavoro nelle Valli del Piave e del Vajont prima del 9 ottobre 1963”, e nel maggio 2015 al libro “Una strada lunga cent’anni (da Longarone a Cimolais”, sempre stampati da Grafiche Longaronesi). Restiamo a “Così lontano, così vicino…” citando il compianto Giuseppe De Vecchi (a sua volta autore nel settembre 1981 del libro “Longarone 1880-1940 – 60 anni di storia per immagini” stampato con la bellunese tipografia “Piave”) che rende omaggio a due autori di tante, bellissime immagini, Breveglieri e Recalchi, sottolineando a proposito dell’autrice di quella che considerava la lodevole continuazione del suo lavoro: “… Aver prediletto la produzione del grande fotografo bellunese Pompeo Breveglieri è anche importante perché il vedutista artista merita un ricordo particolare dato il suo evidente attaccamento alla nostra terra”. Ma: “In Longarone ha operato anche un altro grande fotografo professionista, Bruto Recalchi, che ora dà il nome ad una attiva e intelligente associazione di fotografi dilettanti e non”. E comunque “il lavoro di Elda è prezioso per il contributo dato alla conoscenza del paese scomparso e per la raccolta di dati e notizie storiche suffragate da testimonianze fotografiche”. Il noto critico d’arte Marino Perera, anch’egli purtroppo scomparso, a sua volta sottolineava fra l’altro che “Questa pubblicazione con tutte le vedute o particolari del paese e delle frazioni limitrofe, pensata e realizzata con passione e certosina pazienza da Elda Deon Cardin diventa un diario vero e proprio, che dona, anche a chi non è di Longarone, tutta l’emozione di un cammino nel tempo, fra mille vicissitudini, mille storie dolorose, tristi, ma anche gioiosi e spensierati momenti. Presi per mano, passo dopo passo si è condotti lungo una strada tracciata dai ricordi e nei ricordi”. Ed allora affrontiamolo, questo cammino, prendendo contatto con la realtà delle frazioni longaronesi attraverso le immagini e le loro diciture: “1913 – Belluno-Casere Palughet-Cime di Soffranco” (foto O. Castellani, edizione U. Cavinato, collezione Gdb); “1915 – Soffranco – Panorama” (ed. P. Breveglieri Belluno, coll. Odb). Piccolo paese sopra il Maè. Le case, addossate le une alle altre, cercano riparo dal vento che scende dalla gola del torrente; “1915 – Igne – Panorama” (ed. G. Facca Longarone, coll. Edc). Le case sono aggrappate al monte, i campi sono coltivati e pare di sentire nell’aria i rintocchi dell’orologio della chiesa; “1915 – Longarone – Valle Zoldana” (ed. Marina Borgo Longarone, coll. Gdb). In basso il torrente Maè. Sul cucuzzolo del Colle Bez (già della famiglia Celotto) spicca il roccolo che, quando il colle era rivestito di carpini, serviva da appostamento fisso di uccellagione; “1915 – Saluti da Pirago presso Longarone” (ed. Breveglieri, coll. Gdb). L’immagine è ripresa sulla strada che porta a Igne, sotto la Croda Alta. I bambini sono in passeggiata. In mezzo troneggia il fabbricato chiamato “Vaticano” (si pensa che originariamente fosse un convento oppure una prigione); “1923 – Dintorni di Longarone – Pirago” (foto B. Recalchi, ed. G. Bertoja Longarone, coll. Edc). Nello sfondo la Valle del Maè in una foto invernale. In lontananza le montagne zoldane pure imbiancate; “1926 – Dintorni di Longarone” (casa editrice P. Breveglieri, coll. Edc). Il viadotto ferroviario sul Maè è già stato ricostruito, quello stradale è ancora provvisorio. In fondo a destra la borgata di Pirago; “1940 – Longarone (m. 474) – Panorama” (foto Burloni Belluno, coll. Edc). In primo piano il borgo di Pirago. Sulla strada che porta al centro si notano il macello comunale e la casa di Tita Bez. In lontananza il fumo della cementeria di Castellavazzo; “1923 – Longarone – Pirago” (foto B. Recalchi, coll. Nrmp). A Pirago si inaugura il monumento ai Caduti della prima guerra mondiale; “1923 – Pirago ai suoi 10 eroi” (foto B. Recalchi, coll. Uf). La Grande Guerra si è presa dieci Alpini e la piccola frazione vuole ricordare i suoi eroi; “1926 – Longarone – Via Mezzaterra” (ed. Marina Borgo, coll. Edc). A destra la si possono vedere la frazione di Rivalta ed il Maè che si immette nel Piave; “1924 – Longarone – Panorama” (ed. Matilde Nicola Longarone, coll. Edc). La frazione di “Riva Alta” è formata da alcune case in pietra viva che sfiorano l’acqua del Piave; “1922 – Longarone – Rivalta” (ed. Leonar, coll. Gdb). In ogni frazione c’è una piccola chiesetta e Rivalta la dedica a San Francesco; “1908 – Fortogna – Panorama” (foto O. Castellani, ed. U. Cavinato Belluno, coll. Edc). Questa frazione ha scelto un posto al sole per crescere. Sulla sinistra si nota la ciminiera di una fornace di coppi che ora non esiste più e, sulla destra, vediamo lo stallaggio per il cambio dei cavalli; “1940 – Fortogna (m. 435) – Panorama” (foto G. Burloni, coll. Eo). La ferrovia costeggia la frazione: Fortogna è una lunga lucertola stesa a prendere il sole.