Il 1. maggio del 1967, l’allora patriarca di Venezia, cardinale Albino Luciani, firmava “con vero piacere” una prefazione al “pregevole lavoro di Lino Tortani sull’organo di Callido”.Tortani infatti – accogliendo la proposta che gli era stata fatta nell’agosto del 1986, in occasione di un suo concerto a Canale d’Agordo, dal parroco mons. Rinaldo Andrich – diede alle stampe il volumetto “La ‘voce’ dell’organo di Gaetano Callido nella chiesa di Canale d’Agordo” (copertina con fotomontaggio di Lionello Negri, immagini dello stesso Negri e di Claudio Rampazzo). L’autore esprimeva gratitudine anche per mons. Augusto Bramezza “con il quale il Parroco mi ha messo in contatto, per avermi resa accessibile la consultazione dei documenti esistenti presso l’Archivio parrocchiale. Preziosi mi sono stati, infine, i consigli ed i suggerimenti di carattere tecnico che l’amico cav. Livio Volpato, esperto organaro, molto generosamente ha voluto darmi”. Sottolineava quindi che “La presente pubblicazione non ha la pretesa di essere opera di erudizione: vuol essere semplicemente una raccolta di testimonianze intese ad avvalorare l’opera altamente qualificata di un artista di grandissimo impegno e a richiamare l’attenzione dei cittadini di Canale e, perché no, anche dei villeggianti, sulla necessità di apprezzare, fra le tante bellezze naturali dell’incantevole Paese, anche la testimonianza di un frutto prezioso della mente umana”. Una panoramica con le Cime d’Auta precede una sintetica illustrazione della chiesa della Pieve “Costruita, come si suppone, prima del 1300, ad una sola navata, e restaurata verso la metà del 1400, fu ampliata con l’aggiunta delle due navate laterali negli anni 1567-68. Nel 1859, con un ulteriore notevole restauro (eseguito dall’architetto Giuseppe Segusini), assunse il bellissimo aspetto cinquecentesco, che ora possiamo ammirare, Il tabernacolo è opera preziosissima di Andrea Brustolon; il Crocifisso sul Tabernacolo fu scolpito da Amedeo Da Pos di Carfon. Di questo scultore si può ammirare inoltre il gruppo che rappresenta ‘Il Pane’ di Sant’Antonio, la piramide del fonte battesimale, il Crocifisso della sagrestia ed altre opere. Il campanile, in origine a guglia ghibellina, ebbe la forma attuale nel 1974”. Ed eccoci al capitoletto intitolato “Parbum organum” dove si ricorda che “Già nel 1662 la chiesa di S. Giovanni battista di Canale d’Agordo era dotata di un piccolo organo (collocato su una tribuna nell’arcata vicino alla porta della sagrestia vecchia”) “indiscutibile testimonianza di schietta fede religiosa, che avvalora non poco l’antica tradizione musicale insita nella popolazione di Canale: tradizione che nel corso del tempo si arricchirà di nuovi valori estetici e che stimolerà i fedeli alla necessitò di soddisfare le proprie accresciute esigenze musicali, fino a dotare, come espressione di ‘coralità’, la chiesa della Pieve di un nuovo strumento di alto valore artistico”. Spiega quindi Tortani che “Illuminato interprete di queste aspirazioni sarà don Benedetto Tissi, arciprete di Canale dal 1795 al 1828, uomo di cultura, di grande sensibilità e di acuto ingegno. Su segnalazione del più famoso organista della provincia, don Tommaso De Luca di Borca di Cadore, egli commissionò l’attuale strumento all’ormai famosissimo e rinomatissimo costruttore d’organi: Gaetano Callido di Venezia”. Dopo un’appassionata descrizione della figura di Callido e dei figli Agostino ed Antonio che con lui collaboravano, l’autore del volumetto illustra e documenta le varie fasi della pratica che portò il 1. maggio 1800 alla stipula del contratto in base al quale Callido avrebbe realizzato un organo di otto armonici e trenta tasti oltre ad una scala molto fornita di registri accessori (flauto, violino, tromboncino) per ducati veneti 1300 pari a lire venete 7846. Nell’aprile 1801 lo strumento era pronto! Dopo che per ben 163 anni non fu mai manomesso, nel luglio1964 il parroco mons. Bramezza consapevole della necessità di una ripulitura generale “si rivolse al cav. Livio Volpato di Padova, il quale, esperto conoscitore di organi antichi, non apportandovi nessuna modifica se non l’installazione di un silenziosissimo elettroventilatore, rimise lo strumento nelle condizioni di una perfetta funzionalità”. La conclusione di Lino Tortani, sempre attualissima, fu; “… E’ quanto mai auspicabile che la popolazione di Canale d’Agordo non voglia lasciar cadere nell’oblio del tempo un sì prezioso gioiello d’arte che per circa due secoli fu compagno fedele nelle preghiere, nei momenti di gioia e di dolore, nelle alterne vicissitudini della vita… e che non venga meno quella mirabile tradizione religiosa di cui furono animati gli antichi padri, e che si voglia, sull’esempio e nel ricordo di questi, dare la possibilità di una ancor lunga sopravvivenza allo strumento che, al di sopra di ogni altra, è opera d’arte unica ed insostituibile nel rito della nostra liturgia cattolica”. Torniamo brevemente su Albino Luciani perché nella prefazione di cui abbiamo detto all’inizio, ricordava anche “…quando, cappellano per pochi mesi della parrocchia, ebbi da mons. Bramezza, per mancanza di organisti, l’ordine di suonarlo io stesso, fui molto riluttante ad accettare; temevo di compiere una specie di profanazione. Vescovo al Concilio Vaticano II, proprio richiamandomi a queste impressioni d’infanzia, firmai a due mani le parole seguenti: ‘… si abbia in grande onore l’organo a canne… il cui suono è in grado di aggiungere mirabile splendore alle cerimonie della chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle realtà supreme’. Adesso le riscrivo queste parole: l’organo di Canale suoni e, suonando, elevi a Dio gli animi dei miei concittadini”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal volumetto “La voce…” e sito deamoneta.com): la copertina della pubblicazione; la chiesa della Pieve di Canale d’Agordo; Gaetano Callido in una medaglia coniata per il 250. anniversario della nascita;. facciata dell’organo Callido dalla navata centrale; ricevuta autografa di avvenuto pagamento a saldo del costo dell’organo; tastiera, pedaliera e tavola dei registri; particolare con canne del flauto; uno dei sonetti composti dal “poeta contadino” Valerio Da Pos per l’inaugurazione dell’organo.