VOLTAGO La chiesa parrocchiale di Frassenè Agordino era gremita, più di 300 persone presenti, per dare l’ultimo saluto a Kevin Fontanive, il 26enne del paese morto improvvisamente domenica. Al rito, celebrato dal parroco don Fabiano Del Favero, hanno partecipato anche tanti giovani del posto, gli amici e i coscritti di Kevin che hanno deposto sulla bara il cappello della coscrizione. Gli stessi coscritti che ieri hanno lanciato la sottoscrizione per il progetto Alice onlus teso a raccogliere fondi in favore dell’associazione che si batte contro la sindrome emolitico uremica dalla quale era affetto Kevin. E fra i banchi della chiesa di Frassenè, attorno ai genitori, c’erano pure alcuni medici e infermieri che avevano seguito il giovane nel suo percorso di cure. I funerali sono stati aperti dalle parole di don Fabiano Del Favero. “Questo – ha detto il parroco – è il momento in cui non si hanno parole, ma anche quello in cui a volte ci si scalda il cuore a vicenda con parole buone che nascondono parole meno opportune”.
Il riferimento è ai tanti commenti inopportuni e per nulla rispettosi della morte e del dolore dellle persone che sono apparsi in questi giorni sui social. “I genitori – ha detto don Fabiano dopo la messa – sono molto grati per l’affetto e la vicinanza che hanno sentito da parte di tante persone, ma anche molto infastiditi per le inopportune parole che sono state pubblicate in rete”. Il rito funebre è stato accompagnato dai canti del coro parrocchiale di Frassenè a cui si sono aggiunte le voci di alcuni membri dei cori dei paesi limitrofi (Gosaldo, Voltago, Rivamonte).
L’OMELIA DI DON FABIANO DEL FAVERO
Carissimo Kevin,
lo ricordi? Ne facevamo accenno, in quelle occasioni in cui ci trovavamo…tu sei stato uno dei primi a correre quando, a fine del 2008, avevo avviato il gruppo delle medie in canonica proprio qui, a Frassenè. Il tuo entusiasmo per questa proposta era sempre alle stelle, la tua presenza costante, ci siamo adattati la soffitta perché potessimo sentirci a nostro agio…tutto è ancora lì, come l’abbiamo lasciato…tu eri il motore di varie idee per poter stare semplicemente insieme. Tu che ti stavi aprendo alla vita, io che stavo muovendo i primi passi decisivi verso il mio essere prete. Ed oggi sono ancora qui, Kevin. Proprio io…inaspettatamente io. Insieme a questa nostra comunità, raccogliamo il dolore di mamma Carla, papà Checco, di tua sorella Gloria insieme alla sua famiglia…dei tuoi cari…dei tuoi tanti amici e colleghi. Siamo qui, spiazzati. Siamo qui, ammutoliti. Siamo qui, anche un po’ arrabbiati, non ce lo nascondiamo. Non con te, ci mancherebbe…ma con Dio. Perché certi vuoti proprio non li riusciamo a comprendere, certe dipartite pesano sul cuore e chiudono lo stomaco. Perché ci pare che già il tempo della prova fosse stato sufficiente per te. Dopo aver sostato presso di te, son tornato a casa. Non ti nascondo come una tristezza grande mi abbia avvolto. Ho chiesto a Dio ti farsi accanto ai tuoi. Perché questa…è grossa e pesante come croce da portare. Le parole che abbiamo appena ascoltato e che son risuonate nelle nostre chiese proprio domenica – quando hai chiuso gli occhi a questo mondo – mi hanno strattonato, smosso, rincuorato. Il Vangelo, in questo atto di fede così solenne da parte del Battista – che noi oltretutto qui invochiamo – mi ha scaldato il cuore. Egli dà testimonianza di ciò che ha visto, rassicura che non si è inventato nulla, si fida. Di un Dio i cui tratti non sono proprio così evidenti, di una missione ricevuta che umanamente ha un che di folle. Ma persevera, perché si riconosce coinvolto in un disegno più grande di lui e del suo finito orizzonte. Lo stesso accade per noi. Non vi è solo ciò che vediamo e tocchiamo con mano, vi è uno sguardo che si posa sul nostro vissuto e che può renderlo pieno, purchè noi siamo d’accordo. Me l’hai attestato tu stesso, quando ci siamo visti poco prima di Natale…mi hai raccontato di te, del lavoro, di come ti gestivi…eri contento della tua vita. Una vita vissuta ed intessuta di relazioni. Kevin, io proprio non lo so perché il tuo pellegrinaggio terreno si sia interrotto così presto. Ma so che in quella stanza poverina assai, su in soffitta di canonica, tu eri il nostro deejay, tu sceglievi la musica per il nostro stare insieme. L’incontro con il Risorto, nella Gerusalemme del Cielo, spero proprio ti abbia dato l’opportunità di arrivare e dire: adesso un po’ di musica la scelgo io, per dare sapore al nostro stare insieme. Ti faccio una raccomandazione, però: cerca di fare in modo che anche i tuoi cari la possano sentire, ogni tanto. Io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio: a te, san Giovanni, chiediamo una cosa soltanto. Nutri un poco la nostra fede, perché lì dove lo sguardo umano pare faticare, possiamo sentire sempre e continuamente risuonare in noi e nella nostra comunità quella promessa di eternità che non conosce né tempo, né spazio…ma un volto soltanto. Quello del Cristo Risorto e vivente
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