Nel maggio-novembre del 1994 fu allestita a Villa Contarini di Piazzola sul Brenta una esposizione sul tema: “Lungo il Piave. Civiltà di un fiume” che ebbe tra i protagonisti la bellunese “Fameja dei zatèr e menadàs del Piave” che offrì preziosa collaborazione all’iniziativa dell’associazione culturale Lombardo-Veneto, alla fondazione G.E. Ghirardi, al Centro internazionale di studi sulle zattere e al Circolo nautico Generali al quale si deve la stampa, nella veneziana “La Tipografica srl”, del prezioso catalogo (in copertina: veduta del vecchio ponte sul Piave a Belluno, olio su tela, 1840, di Girolamo Moech; in primo piano: Una zattera all’ormeggio con mole di varie dimensioni in sovraccarico, provenienti dalle cave locali e destinate al mercato della pianura). Il presidente dell’associazione Lombardo-Veneto, Nino Agostinetti in presentazione aveva sottolineato il fatto che “Assurto al rango di ‘fiume sacro alla Patria’ quando le sue acque impetuose, non ancora deviate con sbarramenti e condotte a fini irrigui ed idroelettrici, furono insormontabile ostacolo all’avanzata delle armate austro-tedesche, il Piave è ormai irriconoscibile, sovente privo anche di quel ‘minimo deflusso vitale garantito’ che giuridicamente ne definisce lo status di ‘fiume’, soltanto in occasione di eccezionali piene autunnali o primaverili si riappropria dell’antico attributo di ‘fiume rapacissimo’, oggetto di un plurisecolare inesausto intervento dell’uomo teso a regolarne l’alveo e rinforzarne le sponde per proteggere le fertili e popolose campagne del trevigiano”. Ed aveva ricordato che “Nell’estate del 1992, in occasione del 500. anniversario dello Statuto degli Zattieri del Piave, la ‘Fameja dei zatèr e menadàs’ di Codissago, frazione di Castellavazzo ancor oggi in gran parte composta da figli e nipoti degli antichi navigatori fluviali, riuscirono a ripercorrere l’intero tracciato del fiume su tre grandi zattere, costruite con le tecniche tradizionali apprese dai loro avi, giungendo a Venezia dopo oltre 200 chilometri di navigazione” e giustamente rilevava che “la rievocazione storica che ebbe vasta eco non solo in ambito locale, si qualificò altresì per una fitta serie di iniziative culturali ed espositive organizzate nei principali centri Cimadolmo, Jesolo, Cavallino, Burano e Murano. Grazie alla fattiva un’ottica unitaria nella suggestiva cornice della maestosa Villa Contarini, con l’intento di illustrare, nei suoi molteplici aspetti, la ‘civiltà di un fiume’ cui tanto dovette la civiltà veneziana di cui tutti siamo figli”. Il capitolo che ha suggerito il titolo del catalogo, richiama una realtà: con l’Adige e la Brenta il Piave fu da sempre l’asse privilegiato di collegamento che, dalla Preistoria e fino a pochi decenni or sono ha avuto una ruolo fondamentale nell’unire il mondo della montagna con quello del mare, sia come via di comunicazione diretta con la navigazione, sia indiretta grazie alle piste sviluppate lungo le sue rive, sfruttare dai primi cacciatori e poi dai pastori, che seguivano le migrazioni delle mandrie. Scomparso il cacciatore, questi viene sostituito dall’agricoltore-pastore-artigiano, figura che “qualifica la popolazione dell’età del bronzo e della prima età del ferro. Lungo la valle del Piave intesa come via commerciale legata soprattutto allo sfruttamento delle ricche miniere agordine e cadorine, unico vettore di trasporto funzionale era… la zattera! Che era conosciuta – citiamo sempre dal catalogo – almeno dall’epoca del bronzo (XII secolo avanti Cristo) ed ininterrottamente presente senza significative soluzioni di continuità, fino agli anni Venti del nostro secolo, allorché il progressivo sviluppo di un’adeguata rete di trasporti su rotaia e più avanti su gomma, ne provocò la rapida scomparsa. Opportunamente, dopo aver evidenziato che la maggior parte dei costruttori-conduttori di zattere dell’alta valle del Piave proveniva da Codissago, si sottolinea che “figli e nipoti degli antichi navigatori fluviali, riuniti nella ricostituita ‘Fameja dei zatèr e menadàs del Piave’ hanno gelosamente conservato tecniche e consuetudini legate alla millenaria arte della fluitazione, raccogliendole nel locale Museo etnografico e riproponendole ogni anno lungo i maggiori fiumi d’Europa”. In chiusura del capitolo si richiama l’anno 1992 per rammentare che “In occasione del 500. anniversario dello statuto della corporazione degli zattieri bellunesi – ratificato dal doge Agostino Barbarigo il 3 agosto 1492, giorno della partenza da Palos delle caravelle di Cristoforo Colombo – tre zattere costruite con i metodi tradizionali hanno nuovamente percorso il Piave, partendo dal porto fluviale di Perarolo di Cadore e dopo oltre 200 chilometri di navigazione, raggiungendo Venezia; nel Palazzo dogale dell’antica Dominante, alla presenza delle delegazioni provenienti da tutta Europa, è stato solennemente ratificato il nuovo statuto internazionale dei naviganti fluviali”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal catalogo “Lungo il Piave. Civiltà di un fiume”): la copertina della pubblicazione del 1994; rara immagine della Sacca della Misericordia di Venezia; proemio dello Statuto degli Zattieri del Piave redatto nella chiesa di San Nicolò di Borgo Piave di Belluno domenica 3 giugno 1492; zattere in navigazione nell’alto Trevigiano in un affresco di Paolo Veronese; incisione stampata a Venezia nel 1777 col vasto bacino idrografico dell’alto Piave; zattere in corso di smantellamento a Venezia; il Proclama a stampa del veneto Magistrato alle acque che ricorda la concessione ai cadorini di uno spiazzo a Venezia nei pressi della chiesa di San Francesco della Vigna, per conservare i propri legnami; la “Rossa Zatèra” dell’antica dinastia di zattieri bellunesi: i Sommavilla di Borgo Piave; incisione a stampa del XVIII secolo raffigurante la città di Belluno; in basso a sinistra due zattere in navigazione cariche di mercanzie.