di RENATO BONA
“L’itinerario attraversa alcuni punti significativi dei comuni limitrofi di Cesiomaggiore e di Feltre. Il confronto tra questi due territori è interessante per capire come le realtà locali, seppur soggette alle medesime vicende storiche, siano state fortemente condizionate dalle caratteristiche del territorio, quali le comunicazioni viarie, i valichi tra le montagne, le possibilità di attraversamento dei corsi d’acqua”. Quanto precede si legge in apertura della descrizione del secondo itinerario proposto dal libro – voluto dall’Amministrazione provinciale bellunese, edito da Charta di Milano nel 1997, e curato dallo storico Paolo Conte con testi di Simonetta Chiovaro, foto del bellunese Mauro De Santi – “Le ville nel paesaggio prealpino della Provincia di Belluno”. Percorso che muove da Centenère, con Villa Tauro e prosegue con Menìn e Villa Cumano, Soranzen con Villa Martini e Villa Facino-Pàsole, Umin-Le Case con Villa Bellati, Pren con Villa Valdùga e si conclude a Riva di Lamèn con Villa Salce. Un tracciato che in gran parte si snoda lungo la provinciale pedemontana che lambisce il Parco nazionale Dolomiti Bellunesi, partendo da Cesiomaggiore per attraversare il ponte sul Caorame a Salgàrda ed addentrarsi nel territorio feltrino che comprende ben 22 frazioni. All’occhio del visitatore si offrono sullo sfondo delle montagne le ville segnalate, del Seicento e del Settecento, sia piccole che monumentali che sono localizzate nei centri più elevati e quindi suggestivamente inserite nel paesaggio prealpino. VILLA TAURO a Centenère, settecentesca, di forme proporzionate ed elementi architettonici che la caratterizzano: perfettamente inserita nel contesto naturale, risulta composta da tutti gli elementi tipici: corpo padronale, ala rustica, giardino, cappella privata; conosciuta anche col nome di Villa delle Centenère, dal nome della località di probabile origine romana. Sulla facciata principale rivolta a sud, equilibrata la composizione del motivo centrale, esempio per moltissime altre costruzioni della zona: portone d’ingresso a bugne di pietra, poggiolo della trifora del piano nobile, una seconda trifora che caratterizza il timpano. Opera importantissima, andata perduta per un incendio nel 1918 era la copertura della grande sala al piano superiore, detta “delle Sirenidi”. Nella seconda metà del Settecento il conte Tauro raccolse nella villa opere d’arte e d’antiquariato e sotto il portico sono ancor oggi esposti molti pezzi archeologici di valore, compresa una colonna, o cippo miliare, della via romana Claudia Augusta, trovata a Cesiomaggiore alla fine del Settecento. Siamo quindi a VILLA CUMANO, a Menin, XVI, XVIII, XIX secolo: piccolo edificio in zona soleggiata ai piedi di una collinetta. Notizie precise si hanno a partire dal 1700 quando apparteneva alla nobile famiglia dei Cumano. Al di sotto dell’affresco ottocentesco esterno sono comparse tracce di una notevole decorazione di tipo architettonico che doveva interessare tutta la fronte dell’edificio, che nel XIX secolo passa alla famiglia De Mezzan e viene notevolmente trasformato, soprattutto negli esterni, con una decorazione neogotica. Marco Moro esegui una bella riproduzione litografica da cui si evince l’originale sistemazione esterna. Il giardino era vasto e assai curato; anteriormente consisteva in un’ampia esedra ad aiuole mentre posteriormente si sviluppava con profondità sfruttando il declivio naturale della collina, con una serie di sistemazioni artificiali, in mezzo a filari di alberi da frutto e di essenze varie. Eccoci a Soranzen: VILLA MARTINI, XVIII secolo: gode di una superba vista sulla vallata verso sud mentre sul retro si apre la profonda incisione del torrente Caorame: il corpo principale di dimensioni e proporzioni classiche è affiancato verso ovest da una serie di basse case rurali che in parte erano forse legate alla dimora padronale; verso est, si addossa una seconda ala piuttosto imponente, lievemente arretrata e più bassa. Probabilmente ospitava le serre nel piano terra ed una grande sala il quello superiore. La loggia laterale, aggiunta in un secondo momento, presenta ampie arcate simili a quelle del corpo centrale. VILLA FACÌNO-PÀSOLE, XVII secolo: sulla facciata il grande stemma della famiglia, di origine medievale, cui appartenne il castello feltrino di Arsòn. In questo edificio è chiaro l’uso decorativo degli elementi architettonici di facciata, con una trifora in parte murata, il poggiolo. La sala centrale si ripete dal piano terra a quello superiore, affiancata dalla scala che si svolge su di un lato lungo, in due rampe. Notevolissimo il camino della stanza a sinistra della sala centrale con due cariatidi; campeggia lo stemma dei Facìno con l’orso rampante che mangia l’uva. VILLA BELLATI, a Umìn-Le Case, inizio XVIII secolo: sorge sulla cima del colle sopra il piccolo borgo di Umin al quale, forse era un tempo strettamente collegata. Per la costruzione del grande edificio si è creato un ampio terrazzamento sistemando il parco-giardino. Sullo sfondo delle Alpi Feltrine, la villa è completamente avvolta dal verde. E’ di rilevante importanza per caratteri tipologici ed architettonici unici nella provincia alpina. Fu eretta da Giovanni Bellati nel 1700 sotto il patrocinio di San Giuseppe cui è stata dedicata la chiesa che fa parte del complesso dove, tra fine Seicento e inizi Settecento, il vescovo Valerio Bellati raccolse una ricca biblioteca. Il conte Gioacchino, in seguito, la scelse come luogo ideale per dedicarsi agli studi filosofici. A Pren si può ammirare VILLA VALDÙGA, inizio XVIII secolo: edificio di ridotte dimensioni ma con caratteri che lo identificano come villa di montagna. Un’ala rustica minore completa il corpo padronale addossandosi sul fianco sinistro della villa stessa e comunicando con essa. Altrettanto precisa la disposizione degli ambienti interni: sala centrale rettangolare e due ambienti, uno per lato, di diverse dimensioni messi in comunicazione dall’infilata settecentesca delle porte. A rendere l’edificio davvero particolare è comunque la sala del primo piano, un ambiente a doppia altezza disimpegnato a livello superiore da un poggiolo-ballatoio dall’elegante andamento curvilineo. L’antico parapetto era di tavole di legno sagomate mentre gli attuali elementi sono in ghisa fusa del XIX secolo. Le pareti della sala sono elegantemente decorate con stucchi a due colori, con riquadri dipinti a testine e paesaggi. I soffitti e le grandi scene agresti del piano terra sono opera del pittore Pietro Pajetta, del XIX secolo. Da ultimo, non certo per importanza, a Riva di Lamèn ecco VILLA SALCE di fine XVIII secolo: sorge sulla sommità di un promontorio collinare con bellissima vista sulla piana di Pedavena e Foen. Un lungo corpo di fabbrica formato da una parte mediana più antica, cui sono state aggiunte due ali; il giardino è a larghi terrazzamenti che seguono il ripido declivio del terreno. I vari livelli sono collegati da rampe di scale. Da segnalare, secondo l’autrice del testo, un elegantissimo cancelletto di ferro battuto a maglia con un profilo superiore sinuoso, che all’ingresso del giardino è in asse con quello di accesso alla scala. Molto particolari gli ambienti interni: una bella sala quadrata coperta con un originale motivo di otto grandi archi che si uniscono al centro, dove si apre una specie di anello incassato. Tra gli archi si alternano spicchi di soffitto a lunette e porzioni di soffitto piano, decorati a riquadri geometrici e ad eleganti stucchi lavorati ad intreccio che simulano motivi vegetali.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro”Le ville nel paesaggio prealpino della Provincia di Belluno” edito dall’Amministrazione Provinciale (all’epoca guidata da Oscar De Bona, assessora alla cultura la prof. Nicoletta Comar): facciata sud di Villa Tauro col viale dei carpini; scorcio del complesso; cappellina settecentesca; Villa Cumano: facciata sud; sempre facciata sud ma di Villa Martini; scorcio della facciata principale della Villa Facìno-Pàsole; particolare del corpo centrale di Villa Bellati; Villa Valduga: il complesso visto dalla piazza; un particolare del salone centrale; fronte nord di Villa Salce.