Molto opportunamente il sito telematico della Diocesi di Belluno-Feltre, nella ricorrenza della scomparsa, sedici anni fa, del vescovo monsignor Vincenzo Savio, ne ha brevemente ricordato l’esemplare figura cosi: “Nella prima mattinata di mercoledì 31 marzo 2004 si spegne mons. Vincenzo Savio, vescovo della nostra diocesi dal 18 febbraio 2001 fino alla sua morte. Furono soltanto tre anni di episcopato, che restano indimenticabili. Durante la malattia, di giorno in giorno, il suo capezzale divenne una cattedra, su cui ci diede una testimonianza di speranza e di fiducia in Dio, che tanto più è utile ricordare in queste settimane dell’epidemia”. Il sito ospita quindi un passo della sua ultima lettera pastorale che volentieri, in questo venerdì santo di seguito proponiamo: “Discernere secondo la volontà del signore” del 2003 “laddove dice una parola che pare valida anche per i nostri giorni: non ci rassegniamo al buio di questi tempi”. Ecco il testo: “Donna, perché piangi?. Per due volte Maria si sente rivolgere questa domanda: prima dagli angeli, poi dal misterioso ‘giardiniere’. E tu, Chiesa di Belluno-Feltre, perché piangi?… abbiamo teso l’orecchio per cogliere anche le domande che si levano da tante case della nostra diocesi. Abbiamo avvertito soprattutto gemiti di dolore: tante sofferenze fisiche, vissute con fatica o con eroismo, ma soprattutto moltissime sofferenze morali, sussurrate o gridate agli orecchi della nostra Chiesa. Abbiamo ascoltato la delusione di chi si è visto fallire la vita tra le mani, di chi è stato abbandonato dal coniuge o traditi dagli amici, di chi ha subito umiliazioni sul lavoro o in avventure economiche, di chi è stato insultato o calunniato nel cicaleccio dei nostri paesi. Oppure la delusione di tanti genitori di fronte alle scelte di figli che avevano allevato con ogni sforzo. E ancora il rancore di chi, a causa delle vicende della vita, non riesce qa vedere in Dio il volto del Padre. Oppure la voce di tanti animi straziati da odi e rancori, vecchi e recenti, che covano tra le nostre famiglie, per un pugno di terra, per quattro soldi, per questioni ereditarie, per incomprensioni. Di fronte a queste grida la nostra Chiesa vorrebbe innanzi tutto farti ‘sim-patica’, capace cioè di patire insieme, di stare dentro a queste sofferente, talvolta in un silenzio che non è tanto imbarazzato, quanto rispettoso. Eppure anche questa ‘sim-patia’’ non mi basta… non mi basta perché la Chiesa non può non notare che il vero male è ‘che hanno portato via il mio Signore’. Quel sepolcro inopinatamente vuoto è l’icona più suggestiva della nostra situazione attuale: ci manca qualcosa, ci manca Qualcuno. Se colta in tutta la sua serietà, questa suggestione è come un raggio di sole che rompe il buio al mattino. E questo è il compito della nostra Chiesa… dopo aver ascoltato la voce degli uomini e delle donne della nostra terra, dovremo cercare il Maestro. Proprio come Maria Maddalena. Di fronte al sepolcro nuovo e vuoto se ne stette attonita,con le guance rigate dalle lacrime; quella nuova tristezza si aggiungeva al lutto di due giorni prima, tanto da on avvertire la presenza dei due angeli e del Maestro stesso, scambiato per un giardiniere: ‘Se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo…’. Quanto è ingenua questa presunzione di poter afferrare il Signore e custodirlo nel sepolcro!Ma quanto è sincero il suo desiderio di trovarlo! Come Maria, anche noi dovremo voltarci e cercare ancora, aspettandoci qualche sorpresa da quel Cristo ancora presente nella storia, se pur talvolta, in forme che non riconosciamo facilmente, con indicazioni che non sempre sono immediate. Proprio come quel mattino, quando si lasciò scambiare per un giardiniere. ‘Dic nobis, Maria, quid vidisti in via?’ Raccontaci Maria che cosa hai visto sulla via?”. E’ l’antica domanda che la sequenza di Pasqua rivolge alla Maddalena. La sua risposta sembra quasi contraddittoria: ‘sepulcrum Christi viventis…’ ho visto il sepolcro dio uno che è vivo. E allora noi non ci rassegniamo al buio di questi tempi, perché c’è ancora e sempre una speranza da raccontare alla nostra terra, c’è ancora una speranza da comunicare ai nostri fratelli e alle nostre sorelle. L’importante è voltarsi e cercare il Maestro… Per sentirsi chiamare per nome e riconoscerlo vivo nella nostra storia. ‘Maria!’”. In chiusura ci piace riportare quanto ebbe a dichiarare ad Osio di Sotto monsignor Enrico dal Covolo (salesiano come Savio, rettore della Pontificia università lateranense e già postulatore della causa di beatificazione di Albino Luciani, il ‘Papa bellunese del sorriso’) in occasione della solenne celebrazione che ha presieduto a dieci anni dalla scomparsa di monsignor Savio: “Vincenzo è già santo nel nostro cuore, nel cuore dei bellunesi che lo hanno conosciuto ed amato; ed è pregato come un santo”. Vincenzo Savio era nato ad Osio Sotto, in provincia di Bergamo, il 6 aprile 1944; ordinato diacono il 28 novembre 1971; ordinato presbitero il 25 marzo 1972; nominato vescovo il 14 aprile 1993 da Papa Giovanni Paolo II; consacrato il 30 maggio 1993 dal vescovo Alberto Ablondi; deceduto all’età di 59 anni il 31 marzo 2004 a Belluno. NELLE FOTO (sito chiesabellunofeltre e Wikimedia): lo scomparso vescovo di Belluno-Feltre Vincenzo Savio; il 23 novembre 2003 quando nella cattedrale di Belluno venne aperto il processo di beatificazione di Giovanni Paolo I, il vescovo Savio ed il cardinale Josè Saraiva Martins salutano Berto Luciani, fratello di Albino, secondo pontefice della storia bellunese dopo Gregorio XVI; la tomba di Vincenzo Savio al paese natale, nel bergamasco.