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di Tiziano De Col
Le prime notizie che abbiamo sul Monte di Calleda e di Duràn le troviamo riportate in una pergamena conservata nell’ Archivio Storico del Comune di La Valle e proveniente dall’ Archivio Storico della Honorata Regola della Valle ( o Regulam Vallis) risalente al 10 agosto 1354 ( tra pochi giorni ricorrerà il 670° anniversario di questo importante documento). Questa pergamena è anche riportata, trascritta, nella preziosa opera di Don Ferdinando Tamis “ Storia dell’Agordino” – Belluno – Nuovi Sentieri Editore – 1978 (Volume I° pagine 269-270). La pergamena, scritta dal Notaio bellunese Nicolò nel Monastero di Campodantino (Candaten, sulla attuale SR 203 Agordina tra Agordo e Sedico) tratta di una “Permuta di un prato sul Monte Duràn e l’acquisto di due case a Gosaldo” e vengono riportati la descrizione ed i confini del prato oggetto di permuta. Il prato si trovava sul Monte Durano nel luogo chiamato En Cancel e si dichiarava il prato produttivo di 24 carri di fieno (il carro di fieno era la misura usata per stimare la produttività dei prati) , esso confinava a mattina (est) con i prati di caleda, verso mezzogiorno (sud) confinava con un bosco, verso sera (ovest) confinava con un prato che tale Andrea da Conagla (Conaggia) aveva lasciato alla Regola della Val e a null’ora (nord) confinava con terreni privati di Marco Lungo di Fades e ser Vivenzio di La Valle. Questa pergamena, oltre che essere il primo documento nel quale si cita Calleda è anche il primo documento nel quale si trova nominata la Regola della Val, alla quale viene attribuita appunto una proprietà lasciata alla Regola da tale Andrea da Conagla. Se nel 1354 un prato sul Monte di Duràn era oggetto di permuta significa che la permanenza umana era già da lungo tempo presente in quel luogo, quantomeno il tempo di liberarlo dal bosco, spietrarlo e metterlo a cultura come produzione di foraggio o come pascolo e poter già aver ragione della sua produzione foraggera, quindi quantomeno una o due generazioni e quindi uno o due lustri. Potremmo quindi ricondurre la presenza umana in quei luoghi considerata come presenza stanziale agricola quantomeno alla fine del 1200 (secolo XIII°). Se consideriamo tale periodo e lo rapportiamo agli studi climatici, risulta ricadere in quello che è definito “ Periodo caldo Medioevale o Optimun climatico medioevale” che viene indicativamente compreso tra il IX° ed il IV° secolo, ossia tra l’800 e il 1300 dopo Cristo), in questo periodo le attività culturali ed il pascolo si erano spinti più in alto data la mitezza del clima e l’allungamento della stagionalità vegetazionale. Oggi noi pensiamo che dove esistono i pascoli ed i prati siano sempre esistiti, ma invece i prati e prati-pascoli di bassa e media quota sono il frutto di secoli di messa a cultura prodotta dall’attività antropica che ha sottratto ampie superfici di terreno al bosco creando vaste superfici foraggere di prati, prati-pascoli e pascoli che hanno prodotto una elevata biodiversità, la quale però, ormai da più di 50 anni, si va via via riducendo con l’avanzare del bosco, il quale, riprendendosi i terreni a lui sottratti da decine di secoli orsono, tende ad uniformare il territorio appunto su una biodiversità “appiattita” sul “modello bosco” esautorando specie vegetali (e anche di riflesso animali) che vi si erano introdotte grazie all’attività antropica. E’ il caso per esempio delle scomparsa quasi totale dell’ Arnica e della Negritella sulle aree che erano i prati sfalciati del Duràn (parti segative di Val) o su quelli che erano i pascoli del Duràn, ora quali completamente a bosco per il costante calo dei capi monticati in quell’area, oppure la scomparsa dei mirtilli su quelli che erano i pascoli di Ballanzola e Salèr di pertinenza della ex Malga Foca non più monticata dal 1975 e da allora “preda” del bosco. Questo calo di biodiversità vegetale ha indotto anche al drastico calo dei Tetraonidi un tempo molto diffusi in quelle aree. Quindi, attualizzando la problematica, dobbiamo considerare l’attività antropica di mantenimento dei prati, prati-pascoli e pascoli, quale avanguardia per il mantenimento della biodiversità che sta pian piano appiattendosi appunto sul “ sistema bosco” il quale annulla tutto il resto. In molti luoghi, se vediamo ancora dei fiori di montagna, dobbiamo ringraziare Veneto Strade che sfalcia le scarpate stradali. Sembra assurdo ma è così. Nella foto area allegata, riportiamo gli antichi insediamenti dei fabbricati di Malga Calleda e Malga Duràn a noi noti e li descriveremo in prossimi articoli, essi sono, partendo dall’ attuale situazione, per Malga Calleda: Casera di Calleda “Nuova” (attuale) esistente dal 1927 circa, Casera di Calleda “Vecchia” esistente dal 1891 al 1927 circa, Casera di Calleda “Antica” esistente ad immemore e distrutta dalla Brentana Terribile del 1890 e Casera di Calleda già chiamata Casera Vècia ai tempi della Casera “Antica” ossia precedente o contestuale a quest’ultima. Per Malga Duràn, sita sulla strada che porta al Rifugio Carestiato, , partendo dall’ attuale situazione, Casère Nuove del Duràn costruite nel 1956-1958 e Casère Vecchie del Duràn costruite nel 1938.
LA PERGAMENA
PERGAMENA_N_124
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