di RENATO BONA
“Malgari e pascoli. L’Alpeggio nella provincia di Belluno” è il titolo del “Quaderno” numero 10 edito nel 1991 dalla Libreria Pilotto editrice di Feltre con il contributo della Regione Veneto, per la Comunità montana feltrina ed il Centro per la documentazione della cultura popolare. Curatrice di quello che in realtà è un ponderoso e prezioso volume di poco meno di 250 pagine è quell’autentico personaggio della cultura che è Daniela Perco la quale ha scelto per la copertina la foto scattata da Antonio Bassani (professore di disegno tecnico e fotografo durante la guerra di Libia) della Malga Bocchette di Cima, 1928, che fa parte della raccolta della Biblioteca comunale di Seren del Grappa e dell’archivio del Centro per la documentazione della cultura popolare. In premessa Perco spiega perché il “Quaderni” è stato dedicato a Giovanni Angelini “un uomio che con grande sensibilità e amore si è accostato alla montagna e alle sue genti riuscendo a cogliere nei suoi studi l’intima essenza delle cose. Di ogni pietra, di ogni sentiero, di ogni ‘casèra’, specie delle sue montagne zoldane Giovanni Angelini sapeva. Quel sapere profondo che attingeva da una frequentazione assidua dei libri e degli archivi, ma soprattutto dalle persone più semplici: i pastori, i carbonari, i boscaioli, i contadini che per anni aveva assistito come medico”. Nel libro vengono presentati “i risultati di una ricerca promossa dal nostro ‘Centro’. sullo sfruttamento dei pascoli alpini e prealpini della provincia di Belluno” e specificando che: “Sono stati privilegiati gli aspetti storico, etnografico e linguistico, mentre non sono stati affrontati lo studio delle tipologie e della distribuzione degli edifici adibiti all’alpeggio. Come pure l’analisi degli effetti del pascolamento sull’ambiente motano”. Era toccato ad un personaggio del calibro del Paul Guichonnet, professore onorario de l’Université de Genève e membro de l’Institut de France, firmare la presentazione del lavoro cui hanno validamente contribuito in varie forme: Ester Cason Angelini,Ugo Pistoia, Carlo Zoldan, Corrado Da Roit, Luciana Palla, Giuseppina Menegus, Giampiero Nicoletti, Bianca Simonato Zasio, Danilo Gasparini, Sisto Belli e, ancora: Vito Pallabazzer, Anita De Marco, Marco Rech e Giovanni Tomasi. E proprio Ester Cason Angelini è autrice del primo capitolo con note sull’alpeggio nel Bellunese e nella Val di Zoldo, dove ricorda che “le montagne interessavano in passato ai loro abitanti, fossero bellunesi, cadorini, friulani o trentini, solo per quel tanto di pascolo che potevano offrire” e definisce emblematica a tale proposito la carta da Forcella Duran al monte di Framont disegnata dal perito Gaspare Montan nel 1772 per un territorio di pascolo conteso tra la Regola di La Valle Agordina e la Regola di Agordo: “in essa le rocce oggi tanto ricercate per ragioni alpinistiche, vengono accomunate nella dicitura generica di ‘Cime de Monti disastrose e inutili’, il che significa che erano da temere e da evitare, non interessavano, mentre abbondano le definizioni particolareggiate su ‘le montagne de Goima’ (nel senso di pascoli) il ‘Monte de Framont’, con le relative ‘casère’ per le ‘armete’ (armenti) e per le ‘peccore’, il ‘monte de Caleda’ con la sua ‘casèra’ e il ‘Col Menadàr’ (probbilmente per la ‘menada de le taie’ cioè la fluitazione dei tronchi). Evidenzia quindi il f atto che le ‘casère’ per l bestiame grosso e minuto e le ‘taie’ erano per i bellunesi il bene principale da preservare. Se, infatti, la nostra provincia, specie nella parte più elevata, ha sempre avuto un’agricoltura stentata, di sussistenza, legata a sistemi arcaici e comunque non remunerativi, con conseguente fenomeno di emigrazione temporanea, l’allevamento ha di norma rappresentato una compensazione per il montanaro. Considerato che i pascoli migliori sono situati proprio nelle zone più alte, quelle che per l’agricoltura sono più ostiche, climaticamente privilegiate grazie all’intenso irraggiamenti solare: ciò influisce sulla produzione, dato che lì’erba è migliore qualitativamente, anche se minore in quantità. E che i pascoli d’alta quota interessassero fin dal tempo più lontano(si parla di pascoli costituiti dagli altipiani e dalle conche di Pioda, Fernazza – i Viai -, Mondeval, Giau, adagiati a nord-ovest del Pelmo e Darè Dóf, Serla. Ciandolada situati a sud-est del Pelmo) è dimostrato per la Cason Angelini dalle tre iscrizioni confinarie incise su roccia del Monte Civetta che delimitano probabilmente le zone di pascolo dei bellunesi rispetto a quelle dei cadorini, ad un’altitudine media di pascolo dai 1759 ai 1875 metri. Iscrizioni decisamente importanti del primo secolo dopo Cristo “che determinerebbero i confini pascolivi tra la comunità dei bellunesi (vi appartenevano anche Agordino e Val di Zoldo) e quella degli ‘iuliensi’, comprendente anche il territorio del Cadore che era stato ‘colonizzato’ dai carnici tramite il passo della Mauria. Prima di soffermarsi sull’Organizzazione del territorio, Le lotte per i pascoli, L’alpeggio ed il pascolo montano, La casèra, Le maiolère, Le malghe, La situazione attuale, L’alpeggio in Val di Zoldo, La vita di un pastore zoldano, Zoldo Alto-I colonnelli, L’alpeggio nel Longaronese, L’alpeggio nell’Agordino, Ester Cason Angelini si spende per evidenziare come “Il pascolo e l’allevamento sono stati nei tempi andati la fonte principale di vita e bisogna riuscire ad entrare nel mondo montagna per sentire d’inverno la vita che si restringe e si riduce a poche stanze, una stalla buia, sepolta dalla neve, per poi uscire in primavera fuori, in alta montagna solo a maggio, a pulire i prati vicini, poi con gli animali a brucare le prime erbe, e quindi più distante a falciare; e poi su per la montagna in luglio, agosto, con le vacche, con le capre e soprattutto quando tutto il paese assieme si ritrova sparso per la costa della montagna a far fieno per l’inverno” e conclude: “La montagna alternativamente si espande e si rinchiude come un polmone che respira, seguendo con le bestie la vita delle stagioni. L’alpeggio è così’ un momento di queste fasi alterne, forse il più bello ed il più sgargiante”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Malgari e pascoli. L’alpeggio nella provincia di Belluno”): la copertina del prezioso volume; la sua curatrice, Daniela Perco; il prof. Giovanni Angelini alla baita a L’àiva; carta “da Forcella Duran al Monte di Framont, disegnata da Gasparo Montan nek 1u772 oper una zonba di pascolo contestata tra le Regole di La Valle Agordina e di Agordo (Asv Provveditori sopra i beni comunali); la vecchia casèra del Pian in Zoldo; Casèl del lat separato dalla casèra di Pian Grande, Gruppo del Bosconero (foto Giovanni Angelini); le mandre della casèra di Colcervèr; la mandra per giovenche di Daré Dóf;’al casòt del pastre sul sentiero che da Forcella de la Grava porta al Crép a quota 1800; maiolèra con tetto in paglia sul monte Faverghera nelle Prealpi bellunesi (foto Elio Migliorini); casera delle Prealpi bellunesi (foto archivio Irab); casèra delle Boccole ora ristorante “L’Insonnia”, il pastre è Rodolfo Badin “Doldo” (foto Giovanni Angelini 1940 circa);la casèra di Campestrìn, ora bivacco in cima alla Val Bona; esempio di pascolo di alta quota nella Val del Caoram vicino alla casèra di Cornigia nel Longaronese (foto Piero Sommavilla).