AUDIO tre parti
VOCE DI MIKAELA SEFERI
di Tiziano De Col
PRIMA PARTE
La Germania Nazista approntò in questo territorio nel periodo tra l’inverno del 1944 e la primavera del 1945 dei grandi lavori per la costruzione di bunker e gallerie. Questi lavori, condotti dall’ organizzazione TODT portarono alla costruzione, sul solo massiccio del Monte Celo, nella zona tra Noach e Roit, di 25 bunker finora censiti. Agli operai locali che lavoravano per la TODT, i tedeschi raccontavano che tutti questi lavori venivano realizzati per il solo scopo di tenere sotto controllo gli uomini in modo che non si aggregassero alle formazioni partigiane. Questo era vero solo in minima parte, come effetto riflesso, visto che tutti questi lavori rientravano nel progetto di Hitler di realizzare, nel territorio compreso tra il sud della Baviera, il Tirolo, il Salisburghese, il sud- Tirolo (Alto Adige) e le Dolomiti , un “ ridotto alpino”, ossia una concentrazione di fortificazioni atte ad autodifendersi come un unico sistema fortificato. Questo progetto, la cui localizzazione era tenuta segreta, veniva però utilizzato dalla propaganda nazista come sprono all’opinione pubblica tedesca per continuare a credere in una continuazione del Terzo Reich in un territorio iperprotetto, dal quale poi il nazismo avrebbe potuto gestire la sua riorganizzazione per riconquistare la potenza che stava perdendo. In questo territorio, Hitler contava di poter portare a termine la realizzazione della sua “arma segreta”, probabilmente la bomba atomica nazista, con la quale capovolgere le sorti di una guerra che vedeva ormai come persa. Per fare questo serviva però più tempo di quanto la guerra sembrava concedergli ed allora prese così corpo, su suggerimento di Hofer, governatore nazista del Sod-Tirolo, il progetto del “ ridotto alpino” o “fortezza alpina”, denominato dai tedeschi “Alpenfestung” e dagli Alleati “National Redoubt” o anche “ Nazi’s last-stand” ossia “ultimo luogo del Nazismo”. L’idea di una “fortezza alpina” nella quale far convergere le truppe tedesce in una eventuale ritirata da sud e da nord, venne ad Hofer presubibilmente durante una visita alle fortificazioni della “ Linea Littorio” , strutture difensive anti asburgiche della Grande Guerra che erano state adattate da Mussolini nel dubbio di qualche “scherzo” tedesco. Hofer capì che con poche innovazioni, la “Linea Littorio” e la “Linea Gialla”, linee italiane risalenti alla Grande Guerra, potevano essere utilizzate per la realizzazione di una cintuta difensiva intorno al “cuore” dell’Alpenfestung. Le strutture del Monte Celo e della stretta dei Castei rientravano nella “Linea Gialla” della Grande Guerra e quindi anche qui si concentrò l’attività della TODT per riutilizzarle in senso inverso. Ritardare quindi l’avanzata alleata di qualche mese e permettere così di protrarre la guerra fino all’ottobre del 1945, mese in cui Hitler pensava fosse pronta la bomba atomica tedesca. A questo punto una domanda: considerato l’uso alleato dell’atomica sul Giappone dopo la caduta di Hitler, avrebbero potuto gli alleati utilizzare l’atomica anche sul “Nazi’s last-stand” nel caso i nazisti fossero riusciti ad asserragliarvisi e per evitare che in qualsiasi modo la Germania nazista potesse avere il tempo di realizzare la “sua” atomica? Certamente questa non era una felice prospettiva per le nostre vallate, considerato che i Nazisti avevano scelto nelle nostre zone, proprio le strette gole d’imbocco della Valle del Mis, del Cordevole, del Maè, del Piave per sbarrare il passo nei fondovalle agli Alleati ed erigere così la prima linea fortificata dell’ Alpenfestung. In Agordino, nella gola dei Castei ed alle pendici del Monte Celo, per continuare fino a Forcella Moschesin ed in Val di Zoldo, trovarono posto, ricalcando le fortificazioni della Grande Guerra, bunker e gallerie per ospitare truppe, munizioni e viveri. Il sistema prevedeva la realizzazione di sistemi fortificati di fondovalle per impedire l’accesso alle vallate, tali sistemi dovevano essere a prova di attacco aereo e quindi realizzati in caverna. Essi dovevano essere completamente autosufficenti e quindi predisposti per l’alloggiamento degli uomini e lo stoccaggio dei viveri. Il progetto prevedeva il trasferimento nell’ Alpenfestung di tutto lo stato maggiore nazista, Hitler, Goering, Goebbels e Bormann ovviamente compresi ed al loro seguito era previsto il trasferimento di circa 250.000 S.S. da utilizzare come milizia interna alla “ Fortezza Alpina”. Nei prossimi numeri del nostro giornale analizzeremo le modalità con cui questo doveva avvenire e perchè non avvenne. Considereremo inoltre le fonti di informazione ed i dubbi degli Alleati sull’ Alpenfestung, divisi sul dubbio che la fortezza alpina fosse realtà o semplice frutto della propaganda nazista.
Per noi, abitanti in questi luoghi, sicuramente una certezza c’è, ed è quella dei bunker presenti a pochi passi dalle case di La Valle ed anche una sensazione s’impadronisce di noi pian piano che iniziamo a comprendere queste cose: la sensazione d’averla scampata per poco.
SECONDA PARTE
Nei primi giorni di maggio del 1945, i soldati della settima armata Americana, spingevano i Nazisti verso Innsbruck, mentre la terza armata Americana conduceva verso Linz. Gli Alleati erano conviti di dirigersi verso un complesso sistema fortificato, difficilissimo da espugnare, da loro chiamato “National Redoubt” e dai Nazisti era chiamato “Alpenfestung”. I rapporti dell’ intelligence alleata davano per certa l’esistenza di questa “fortezza alpina”, composta da bunker e fabbriche sotterranee, nella quale i Nazisti speravano di asserragliarsi per guadagnare qualche mese di tempo per la costruzione di armi segrete con le quali poi ripartire dalle Alpi alla riconquista dell’Europa. Le notizie in possesso dei servizi segreti Americani davano per certa l’esistenza di questa struttura che doveva avere una larghezza longitudinale di 300 Km circa e una profondità latitudinale di 100 Km circa e come già detto in precedenza essa aveva come baricentro la zona di Salisburgo, in questa zona, gli Alleati si attendevano una resistenza fanatica da parte dei Tedeschi, attuata con vaste azioni di guerriglia che dovevano partire dai bunker nascosti sui monti per colpire l’esercito Alleato. A questo scopo, le notizie in possesso dei comandi Americani davano per certo l’avvenuto trasferimento nell’ Alpenfestung, dei reparti più fidati ed addestrati delle SS (Schutzstaffel), in tutto circa 250.000 uomini. In effetti l’esercito alleato non trovò la resistenza prevista e quindi si pensò e si continua a pensare che l’Alpenfestung sia stato solo frutto della propaganda Nazista. Noi sappiamo che così non fu, considerando la grande mole di bunker presenti sul monte Celo e sulla stretta dei Castei, così come in Valle del Mis, a Malga Foca (in Comune di La Valle Agordina) ed a Forcella Moschesin, sul confine tra Agordino e Val di Zoldo. 23 bunker finora censiti nella zona di Noach-Roit ; 3 a Malga Foca; 7 a forcella di Forca sui Colli di Fades; 1 a Forcella Moschesin; 7 in prossimità del Sasso di San Martin in Comune di Rivamonte Agordino; 3 in prossimità di Agre in Comune di Sedico, per un totale provvisorio di 44 bunker in prossimità del massiccio del Monte Celo. Difficile pensare che siano puro frutto della propaganda Nazista. Gli Alleati avevano attivato un progetto di spionaggio chiamato ULTRA, con il quale intercettavano e decifravano le comunicazioni radio degli alti comandi Nazisti. Alcuni storici sono a tutt’oggi convinti che Eisehower sia rimasto vittima dei propri preconcetti credendo nell’esistenza dell’ Alpenfestung. Il fatto di non aver trovato la resistenza attesa portò gli Alleati a pensare che non esistesse niente, invece le strutture esistevano, ma erano in via di completamento e probabilmente il solo ritardo di un mese avrebbe permesso a Hitler di installare le sue truppe nel territorio della “fortezza alpina”. Infatti, alcuni dei bunker sul monte Celo, erano stati anche centinati con centine in legno e foderati con faesite e carta catramata, mentre i pavimenti erano in cemento con le canalette per drenare le infiltrazioni d’acqua. Essi sono prevalentemente scavati nella dolomia principale, molto compatta ed hanno grosse coperture rocciose tali da renderli praticamente invulnerabili ai bombardamenti. Il materiale di scavo veniva disperso sul territorio esterno in modo da evitare le ricognizioni aeree. I ragazzi più giovani al lavoro con la Todt, venivano occupati nel disperdere i materiale di scavo sulle scarpate e non rendere così identificabile dagli aerei la localizzazione dei bunker. Tant’è che anche al giorno d’oggi, per alcuni bunker, si arriva davanti all’ingresso o all’uscita senza riscontrare tracce di sentieri d’accesso o di discariche di materiale di risulta, come invece si riscontra per le postazioni in caverna della precedente Grande Guerra. In un resoconto Alleato si legge che: a partire dal maggio 1945, l’Alpenfestung cessò di essere un mistero e diventò leggenda. Una leggenda che in parte è disponibile ai nostri occhi, quindi una ben strana leggenda ! Alla fine della guerra, il generale Eisehower ebbe a dire che: “…per molte settimane noi abbiamo ricevuto rapporti sulle intenzioni Naziste, che erano, alla fine, di trasportare la crema delle SS, Gestapo, ed altre organizzazioni fanaticamente devote ad Hitler, nelle montagne comprese tra il sud della Baviera, ovest Austria e nord Italia. Essi pensavano di bloccare i tortuosi passi montani e tenere così indefinitivamente contro gli Alleati…… L’evidenza era chiara, che i Nazisti intendevano attuare questo ed io decisi di non dare loro l’opportunità di attuarlo.”
Sul come gli Alleati agirono per impedire il trasferimento dei Nazisti nell’Alpenfestung lo tratteremo nella prossima parte.
Approfondimento: L’Organizzazione Todt (chiamata comunemente TOT) Quando parliamo della Todt (comunemente chiamata Tot dai valligiani), forse non sappiamo effettivamente di che tipo di organizzazione si trattava. Queste poche righe possono aiutare a capire il funzionamento della struttura. L’Organizzazione Todt prese il nome dal suo fondatore, l’ingegnere Fritz Todt. Essa venne costituita nei primi anni ’30, ma in quel periodo non divenne mai un’appendice del partito Nazista, mantenendo una sua peculiarità ed indipendenza operativa. Era vista però dagli Alleati come il “braccio ingegneristico” del regime Nazista, tant’è che era effettivamente era un’organizzazione militare configurata come un’agenzia governativa. Le due “menti” dell’organizzazione furono lo stesso Todt e l’architetto Albert Speer che già lavorava a stretto contatto con Hitler e Goering per allestire le mega-scenografie dei raduni e comizi Nazisti. Ufficialmente la Todt fu costituita il 28 giugno 1933 con la definizione di “Reichsautobahnen”, ed al suo comando fu messo ovviamente l’ing. Todt con la qualifica di Ispettore Generale. L’Organizzazione costruiva acquedotti, ponti, strade, linee difensive e bunker all’interno del territorio germanico. Durante la costruzione della “Linea Sigfrido”, nel 1938, Todt sperimentò una fattiva collaborazione tra il governo tedesco e le imprese locali, in questa collaborazione il governo forniva i materiali e la manodopera, mentre le imprese locali fornivano le basi tecniche. L’ing. Todt morì, in un dubbio incidente aereo l’ 8 febbraio del 1942 e le redini dell’intera organizzazione furono prese in mano da Albert Speer che convertì la Todt intera alla costruzione di manufatti bellici ed introdusse dei contratti fissi tra organizzazione ed imprese per la gestione dei lavori. Così, tra il 1942 ed il 1943 la Todt costruì il Vallo Atlantico e le fortificazioni in Norvegia, continuando anche la costruzione di bunker nel sottosuolo tedesco. Durante gli ultimi mesi del 1944, la Todt iniziò a lavorare anche in Agordino, nella fattispecie sulla stretta dei Castei e Monte Celo, ma anche in Valle del Mis, per la costruzione della “cintura esterna”, fatta di trincee e bunker a protezione dell’ Alpenfestung.
Fonti: Combat Studies Institute – Kansas; L’organizzazione Todt – Alessandra Belleli; Eisenhower, Berlin, and the National Redoubt – Jeff Korte; Departement of History – Universtity of Saskatchewan; Altausse – Oscar den Uijl; Il Ridotto Valtellinese – Guerracivile.it; The Alpenfestung – Jeroen Eeckelaers (Belgium); La strage dell’aprile del 1945 e la resa del 75° Corpo d’armata – Ezio Manfredi (“l’impegno” 3 dicembre 2001 – Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli); History MMAS Example – Combat Studies Institute – Kansas; O Reduto Alpino – Rui Martin; American Intelligence Efforts Regarding Nazi and Early Postwar Austria – Professor Sigfried Beer (Karl Franzes Universitat – Graz – Austria); Central Europe – The U.S. Army Campaigns of World War II – General Gordon O.Sullivan – United States Army.
TERZA PARTE
Il mancato trasferimento dei Nazisti nell’Alpenfestung
Durante l’ultimo mese di guerra, nella primavera del 1945, inspiegabilmente, gli Alleati lasciarono campo libero all’Armata Rossa nel prendere Berlino. Come mai questa decisione, di lasciare ai Russi la capitale della Germania ? I comandi Alleati erano convinti che ormai fosse in atto il trasferimento dei gerarchi Nazisti verso il sud della Germania, nella zona Alpina e precisamente nell’Alpenfestung, chiamato dagli Alleati anche German National Redoubt. Questa convinzione era così forte che si pensava che Hitler con i suoi fedelissimi fosse già sulle Alpi, tanto da tralasciare Berlino per concentrarsi sul sud della Germania ? Sembrerebbe di sì !
Gli Alleati dovevano quindi concentrarsi su un target: il centro della Germania ed il Nord, Berlino compresa, oppure il centro con il sud, ossia l’Alpenfestung o ridotto Alpino.
La SHAEF (Supreme Headquarters, Allied Expeditionary Force), decise quindi di concentrarsi sul sud della Germania per eliminare ogni possibilità di concentrazione di Nazisti sulle Alpi da dove poi sarebbe stato molto difficile snidarli e lasciare quindi la conquista di Berlino ai Russi con le conseguenze di divisione della Germania poi accadute.
Il cuore dell’Alpenfestung era Berchtesgaden, il “nido d’aquila” di Hitler, lì lui voleva asserragliarsi, dopo aver abbandonato Berlino, insieme ai suoi fedelissimi e da lì organizzare la resistenza Nazista. Il 22 Aprile del 1945, Hitler prese la decisione di rimanere a Berlino e non traferirsi più a Berchtesgaden, il 30 Aprile si suiciderà nel bunker di Berlino con l’Armata Rossa distante poche centinaia di metri. L’Alpenfestung era visto dagli Alleati come probabile base del gruppo di fanatici guerriglieri chiamato WerWolf e sicuramente l’area, montuosa ed impervia, era già di per sè una buona difesa per cui si fosse ritirato in quelle valli. Gli alleati trovarono opere di difesa già realizzate a nord ed a sud (quindi nelle nostre zone) rispetto all’Alpenfestung. Nelle zone a sud erano state utilizzate anche parte delle fortificazioni italiane della Grande Guerra, la cosiddetta Linea Gialla, che passa proprio sul Monte Celo. Già dal 1943 la Wehrmacht aveva iniziato a sorvegliare e monitorare l’area alpina in questione. Dopo l’ 8 settembre del 1943, la Wehrmacht, a seguito dello sbarco di ingenti forze alleate in Italia, diede l’ordine di fortificare le Alpi meridionali, la lenta risalita degli Alleati lungo la penisola italiana diede tempo ai Nazisti di concepire qualcosa di più che una semplice linea difensiva, infatti nel 1945, la ricognizione aerea da parte del SHAEF evidenziava più di 20 zone nelle quali si stavano costruendo fortificazioni sotterranee, caverne artificiali nelle quali doveva venir stoccato, stando ai rapporti di spionaggio della SHAEF, materiale bellico e viveri per 200.000 persone per 18 mesi. L’assenza dal fronte di alcune divisioni di SS, dopo la battaglia delle Ardenne, cominciò a preoccupare gli Alleati, i quali pensarono ad un inizio della concentrazione di truppe nell’Alpenfestung. La grande preoccupazione degli Alleati era che restasse, sulle Alpi, una grande concentrazione di fanatici Nazisti dediti ad azioni di guerriglia e pronti ad azioni suicide, in quella che doveva essere la zona di influenza Americana nel dopoguerra. La prova provata dell’esistenza dell’Alpenfestung era che Hitler aveva deciso di trasferirvici , ma non solo questo, si aggiunse anche che un rapporto spionistico del 10 Aprile 1945, dava per certo un numero di veicoli pari a circa 2000, in trasferimento verso Berchtesgaden, centro dell’Alpenfestung. Un altro rapporto dell’intelligence Alleata, dava come presenti nel sud della Germania, i due terzi di tutte le forze Naziste che potenzialmente potevano asserragliarsi nella zona Alpina, sempre rapporti segreti davano per certo l’impiego di 20.000 o 30.000 operai per realizzare le opere di difesa nella zona alpina (gli operai che lavoravano per la Todt). Il perimetro della “fortezza alpina” percorreva, nel territorio italiano, per sommi capi, quel che era il confine di Stato prima della Grande Guerra, in questo modo i Nazisti potevano pienamente utilizzare, in senso inverso, le difese italiane del ’15-’18. Mussolini volle imitare i Nazisti e pensò di realizzare “in proprio” un’altra “fortezza alpina” in Valtellina, con gli stessi presupposti di difendibilità che aveva l’Alpenfestung, per questo fece concentrare molti uomini delle Brigate Nere proprio in quella zona, in primavera del 1945. Il piano fallì per il grande ritardo con il quale iniziarono i lavori, comunque sembra che i Nazisti fossero anche disposti ad accogliere Mussolini e quel che restava della Repubblica Sociale Italiana nell’Alpenfestung. A metà aprile del 1945, il maresciallo Kesserlin aveva dato ordine di attrezzare la difesa dell’Alpenfestung, ma fu scioccato quando, recatosi a verificare di persona i lavori, vide il grande ritardo che questi avevano accumulato, la sua preoccupazione fu grande, perchè grande era l’importanza che lui dava alla “fortezza alpina”. Quando, verso la fine di Aprile, anche il generale Von Hangle, controllò i lavori dell’Alpenfestung, rimase attonito per il grande ritardo accumulato dai lavori e per il completo scoordinamento di truppe e mezzi all’interno dell’area. Il generale von Hangle, al suo arrivo, era convinto di trovare 250.000 uomini nella “fortezza alpina”, ma trovò solo non combattenti e funzionari, nessuna divisione operativa era installata nell’area. Quando, il 4 maggio del 1945, penetrando da nord, gli Alleati entrarono nell’Alpenfestung, si trovarono di fronte circa 60.000 uomini, non sufficentemente armati e disorganizzati. La sorpresa fu però grande, quando, calcolate tutte le truppe tedesche che si erano arrese nell’area dell’Alpenfestung, nei dintorni di Salisburgo e Innsbruck, si arrivò al numero di 250.000-300.000. La non funzionalità della difesa dell’area fu dovuta al ritardo con cui Hitler ordinò la sua attivazione, il 24 Aprile 1945 e del ritardo con il quale indicò le modalità di attivazione, emanate il 29 Aprile. Non vi fu dunque il tempo, per i Nazisti, di organizzarsi sulle Alpi in una estrema difesa e l’avanzata degli Alleati verso il centro-sud della Germania, spaccò la stessa in due impedendo ad Hitler di muoversi da Berlino e bloccando tutti i trasferimenti verso il sud, verso le Alpi.
*****