TAIBON Di solito il giornalista scrive il coccodrillo*** di un personaggio noto quando non c’è più, quindi l’interessato non è detto che riesca a leggerlo. Oggi, invece, ho deciso di scrivere un ricordo di Maurizio che è ancora in vita a al quale auguro lunga vita.
A MAURIZIO… trent’anni dopo
Maurizio Bortoluzzi lo ricorda bene chi come me andava con una certa costanza in redazione al Gazzettino, nella storica sede di Porta Dante accanto agli uffici dell’Ascom di allora, in mancanza di collegamenti internet o semplicemente di un “fax” (ancora da inventare) l’unico modo per far arrivare la foto o l’articolo al giornale era scendere da Taibon a Belluno. In quegli anni (Ottanta e Novanta) era un piacere entrare al Gazzettino tra giornalisti del territorio, un direttore del territorio, degli amici del territorio non semplici colleghi, di passaggio. Maurizio Bortoluzzi non era un giornalista, era l’uomo chiave del giornale, non c’erano i computer con i file ben ordinati e i motori di ricerca. C’era l’archivio cartaceo e se volevi una foto o un articolo d’archivio c’era sempre e solo lui, Maurizio. Per questo uomo “chiave”, ma soprattutto Maurizio ti metteva di buon umore perché ti salutava con buon umore, non eri una presenza indesiderata, non stavi disturbando. Certo se Maurizio era indaffarato sapeva anche come farti capire di riprendere la porta da dove eri entrato per tornartene a casa tua. C’era un problema con un collega? Problema risolto, c’era Maurizio. Perché in quei tempi tutti eravamo colleghi, tanto io che avevo 20 anni che il direttore Sergio Sommacal o il suo predecessore Renato Bona (noto volto del TG3 della Rai) che di anni ne avevano qualcuno in più. Mirko Mezzacasa orgogliosamente collega di Sostene Schena, Salvo Satta, Flavio Olivo uomini che firmavano pagine del giornale di allora ma che erano “purtroppo” per me ormai prossimi alla pensione. Maurizio Bortoluzzi se avevi un problema con un collega non si limitava ad ascoltare o a far spallucce, ci metteva del suo e sempre nei binari della correttezza e serenità d’animo. Io lo proporrei per una laurea honoris causa in psicologia giornalistica. Non esiste? La inventiamo. Non so se gli ho mai detto grazie, forse sì, forse no, da ragazzino probabilmente no. Da ragazzo cresciuto guardo indietro e mi ripeto, probabilmente se non fosse stato per gente come Maurizio, Sergio, Sostene, Salvo, Flavio…. Se non ci fossero stati loro con tanti consigli e insegnamenti probabilmente non avrei fatto questo lavoro, avrei continuato a fare il perito chimico…. o il Dj di allora o il venditore di giocattoli con il compianto e mai dimenticato Renato Bardin al paese dei Balocchi di Agordo. Invece è andata diversamente ed è stato splendido condividere quegli anni con amici come Fiorendo Dalla Cà, Emilio Cagnati, Dario Fontanive, Mario Fornaro, Roberto Bona le pregiate firme di allora.mirko.
*** Nel gergo giornalistico, il coccodrillo è un articolo commemorativo, già confezionato, sulla vita di un personaggio noto, al fine di pubblicarlo appena giunta la notizia della sua morte. I tempi dell’informazione sono infatti strettissimi ed incompatibili con la preparazione di articoli in tempo reale, che spesso richiedono ricerche di documenti d’archivio, ed il timore di “bucare” la notizia a favore della concorrenza ha da tempo immemorabile spinto le redazioni giornalistiche e radiotelevisive a creare archivi di necrologi, continuamente aggiornati, riguardanti tutti i personaggi famosi ed in quanto tali capaci di catalizzare, al momento della loro morte, l’attenzione e l’interesse dell’opinione pubblica.
le foto dall’archivio di Renato Bona, capo redazione nella sede di Porta Dante; raduno annuale con i corrispondenti e collaboratori Maurizio svetta in seconda fila
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