di Renato Bona
Comunità montana Feltrina e Centro per la documentazione della cultura popolare hanno dato alle stampe nel 1991, con il contributo della Regione Veneto, il prezioso libro “Malgari e pascoli. L’alpeggio nella Provincia di Belluno”, curato da Daniela Perco che ha voluto dedicarlo a “Un uomo che con grande sensibilità e amore si è accostato alla montagna e alle sue genti, riuscendo a cogliere nei suoi studi l’intima essenza delle cose. Di ogni pietra, di ogni sentiero, di ogni ‘casèra’, specie delle sue montagne zoldane, Giovanni Angelini sapeva. Quel sapere profondo che attingeva da una frequentazioni assidua dei libri e degli archivi, ma soprattutto dalle persone più semplici: i pastori, i carbonari, i boscaioli, i contadini che per anni aveva assistito come medico… ”. Stampato dalla tipolitografia “Beato Bernardino” di Feltre e distribuito dalla Libreria Pilotto Editrice, il libro comprende il capitolo sul quale ci soffermiamo in questo servizio: “L’evoluzione delle razze bovine nella provincia di Belluno”, opera di Sisto Belli, che fu sindaco di Feltre negli anni ‘70 e fra l’altro, fondatore dell’Istituto agrario di Vellai (mancato il 23 gennaio 2020, all’età di 85 anni, vittima di un incidente stradale tra Piovena di Santa Giustina e Busche di Cesiomaggiore). L’autore esordiva specificando che “Si ha una razza nell’ambito della specie quando una popolazione presenta determinate caratteristiche uniformi e le stesse sono trasmissibili ereditariamente” per poi aggiungere che in provincia, fino alla fine dell’800, più che di razze si trattava di popolazioni bovine con talune impronte razziali. Sicché “solo negli allevamenti di una certa consistenza numerica, presso le aziende mezzadrili, poteva esserci del bestiame con caratteristiche uniformi riconducibili agli standard di una razza definita bellunese. La Bigia (o Grigia) alpina aveva la maggiore diffusione. Anche la Grigia di Val d’Adige, affine alla prima era presente nella parte bassa della provincia”. Nella montagna a prevalere erano invece popolazioni a mantello variabile, frutto di incroci casuali e di successivi meticciamenti. Quindi i soggetti a mantello nero, marrone e chiazzati rosso-bianco o rosso-nero non erano espressioni di razza bensì di individui. Nel Feltrino, in particolare, oltre alla Bigia c’erano le bianche e nere autoctone del Grappa meridionale (razza Burlina) da non confondere con la Frisona a mantello analogo. A questo punto Belli sosteneva che “parlare delle razze dalla fine Ottocento ad oggi equivale, dunque, parlare della storia della nostra popolazione, della politica zootecnica e di quella agricola in generale che governo centrale, deputazioni regionali e provinciali hanno deliberato e applicato”. Aggiungeremo che l’evoluzione delle razze il loro miglioramento, l’affermazione di indirizzi ufficiali in campo zootecnico si realizzano dunque con lo Stato unitario in progressione con lo sviluppo economico e sociale dell’Italia, con un processo assai lungo e lento. Illustrata l’evoluzione del settore, Sisto Belli concludeva sottolineando: “Appare evidente che anche la ‘razza’ bovina, strumento della zootecnia bellunese, ha scandito la vita delle nostre popolazioni nel corso dei secoli. Con una impennata nell’ultimo trentennio, parallela, quasi sincrona, con lo sviluppo economico e l’esplosione del benessere di cui hanno beneficiato, senza ombra di dubbio, anche gli allevatori sino al 1989. Da vacche piccole, brune, magre e poco produttive della fine Ottocento, quando la gente doveva accontentarsi di poco e insufficiente alimento, siamo passati alle eccedenze di latte prodotto da giunoniche vacche con superbo apparato mammario, simbolo trasparente del benessere stesso di cui, grazie a Dio, godono oggi indistintamente anche le popolazioni montane”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Malgari e Pascoli” di Daniela Perco): l’immagine di copertina: Malga Bocchette di Cima, 1928 (foto di Antonio Bassani fotografo durante la guerra di Libia, raccolta della Biblioteca comunale di Seren del Grappa); l’autore del capitolo “L’evoluzione delle razze bovine nella provincia di Belluno”, lo scomparso Sisto Belli; il medico Giovanni Angelini, cui la Perco ha dedicato il libro; stampa popolare del XIX secolo con San Bovo protettore dei bovini; vacca di razza Bigia, dintorni di Belluno anni ‘50; toro stessa razza, dintorni di Belluno anni ‘40; toro caponucleo di razza bruno-alpina importato nel 1941dalla Svizzera dall’azienda di Francesco Dossi di Puos d’Alpago; toro di razza bigia, Foro boario di Belluno anni 30-40; esemplari di razza bigia nei dintorni di Belluno, anni ‘50
*****