di RENATO BONA
Emigravano d’inverno (camminavano per una settimana) perché d’estate lavoravano la terra a casa propria Fra le “Piccole grandi storie di emigranti” – titolo dell’interessante libro che gli amici Ivano Pocchiesa, Mario Fornaro ed Aduo Vio hanno realizzato nel dicembre 1991 con Media Diffusion – vi è anche quella intitolata “I Scòti 1848)” . Che narra di “zoldani che partivano: gli Arnoldo di Fornesighe, detti anche Bez o Busa, e qualcun altro di cui si è persa la testimonianza” e che “Nella Milano dei “meneghini” che combattevano le “Cinque giornate” contro i “baffi di sego”, cioè le soldatedesche austriache”; era il 1848, coi moti rivoluzionari che preparavano l’unità d’Italia del 1861 – non andavano ad arruolarsi tra i milanesi contro gli austriaci”. Ma calavano nel grande città per… vendere castagne e pere cotte! Lo facevano d’inverno visto che d’estate lavoravano la terra a casa loro. Probabilmente camminavano per una settimana per giungere a destinazione e cercare un panettiere disposto ad affittare loro il forno durante il giorno, quando non serviva per il pane: abbrustolite le castagne, le vendevano in strada, davanti alle botteghe artigiane e comunque in posti dove ci fosse presenza di persone. Subito i milanesi li “battezzarono” come “Scòti-peri-còti” e “Scòti” rimasero per la storia. Si stima che a fine Ottocento primi Novecento fossero diverse centinaia gli zoldani calati a Milano: solo da Fornesighe se ne contavano oltre cento. Era dunque necessario darsi un’organizzazione e vennero inventate, non si sa bene da chi, le “Compagnie” che assegnavano a ciascuno un ruolo: chi acquistava la merce, chi la legna per arrostire le castagne, chi teneva i conti, chi la cassa comune, chi cucinava il pranzo. Secondo quanto ricordava Federico De Pellegrin, 90 anni all’epoca in cui fu edito il libro, a Milano negli anni 30 esistevano 14 Compagnie i cui membri impararono a commerciare direttamente coi contadini-fornitori di Verona, Cuneo e altre zone; nei momenti d’oro, ciascuna Compagnia giunse ad acquistare anche tre vagoni ferroviari di castagne ogni volta e alcune acquistarono anche il forno mentre altre lo affittavano. Ai nuovi arrivati “si assicurava un letto, vale a dire un pagliericcio con dentro foglie di granoturco, secondo la moda del tempo”. Ogni Scòto partiva per la sua destinazione portandosi addosso fino a 5 “quarté” (5 litri) di castagne arroste. Gli affari migliori erano quelli del mattino verso le 10,30-11 davanti alle fabbriche. Ogni giorno un forno garantiva 3-4 “buttate” di circa un quintale e mezzo ciascuna di castagne. A fine stagione, verso Natale o poco oltre, si facevano i conti: ogni Scòto tornava a casa con circa duemila lire nette, “pari pressappoco al costo di due mucche all’inizio del secolo. Le spese consistevano nel vitto, nell’affitto del forno, nell’acquisto della merce, nell’onorario dei contabili e dei cassieri delle Compagnie”. Oggi – è la conclusione di Pocchiesa-Fornaro-Vio – gli “Scòti” sono vivi ancora nei ricordi di chi li conobbe, o fece egli stesso l’ambulante o ne sentì parlare… Federico De Pellegrin è uno di questi ‘cantori’ di un’epoca che fu, e che i giovani ascoltano col sorriso a fior di labbra, come se qualcuno raccontasse loro delle fiabe”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di Pocchiesa-Fornaro-Vio e sito www.milanofree.it, giornale online di Milano): 1930: erano almeno 14 le diverse Compagnie zoldane di Scòti a Milano; le due parti dell’immagine conservata da Iginio De Pellegrin di una grossa Compagnia zoldana in cui sono stati riconosciuti: Paolo Talamini Poi, Angelo Lazzaris Anzòl di Pascai, Giacomo Arnoldo al Longo di Bèz, Luigi De Pellegrin Caponi, Antonio Toldo Tone Pét, Pietro Mosena Zavari, Arcangelo Costantin Tagno di Paula, Pietro Ernesti, Nane Toldo Rosa, forse Giuseppe De Pellegrin Gòos, Costantino Costantin Nin, Giovanni De Pellegrin Mato, Vito (?) Costantin, Pietro Antonio De Pellegrin Nonon, Gianni Mosena, due bambini probabilmente della famiglia Badìn, Bortolo Pezzuol, suo padre Angelo (Anzol Polonata), un altro ragazzino: Pellegrino De Pellegrin Gucia, Salvatore De Pellegrin Door di Gucia, Giovanni De Pellegrin Gucia, Cachi, Angelo De Pellegrin Nonìno; la licenza di ambulante rilasciata a Michele de Pellegrin “Neta” nel 1930 dal comune di Milano; venditore di castagne a Milano nel 1935; anno 1890: la bancarella milanese di uno degli Scòti: venditori di pere cotte.