Ci ha molto incuriosito, navigando in Internet, il casuale incontro con il sito “grappa-com” dove abbiamo potuto leggere una sintetica storia che di seguito proponiamo, a proposito del fiore di Assenzio bianco o Achillea Clavennae che risulta avere proprietà digestive, astringenti, vulnerarie ed aromatiche. Ricordiamo da subito che per il personaggio di cui ci occupiamo, Nicolò Chiavenna, ricorreva ieri, 10 novembre, il quattrocentotreesimo anniversario della morte. “Nel 1609 Nicolò Chiavenna, speziale in Belluno, pubblicava un’opera di botanica intitolata ì Historia Absinthium Umbelliferi’ dove sosteneva di aver scoperto, sulle pendici del Monte Serva, un’erba aromatica di interessanti proprietà medicamentose che somigliava al comune assenzio. Egli infatti la chiamò Assenzio del monte Serva e la raccomandò quale efficace rimedio contro i dolori dello stomaco e i disturbi della digestione. Non fu infatti tradito dal suo intuito di speziale in quanto molti esperimenti effettuati con svariate preparazioni della sua erba (marmellate, infusioni, polverine e tisane) gli dettero ragione; tant’è che persino l’allora vescovo di Belluno, Aloisio Lollino, guarito da un lungo e noioso disturbo di stomaco con il rimedio del nostro speziale, gli manifestò pubblicamente la sua riconoscenza ‘Nos Aloysius Lomnus Belluni Episcopus . .. cognoverimus usum Absintij umbelljferi … ad frigidam stomachi intemperaturam plurimum conferre …’. Questi meriti unitamente al valore delle ricerche di Nicolò lo resero cosi celebre che lo stesso Linneo, più di un secolo dopo, lo immortalò dedicandogli il nome della pianta stessa. Stiamo infatti parlando della specie Achillea Clavennae, una delle tante Achillee (cosi chiamate perché dedicate ad Achille per le loro mitiche proprietà) che popolano le zone alpine. Raccogliendo la pianta si avverte subito un profumo che ricorda quello dell’assenzio e questo senza dubbio indusse il nostro autore a definirla con tale nome”. Per saperne di più sulla figura di questo personaggio bellunese abbiamo fatto ricorso a “90 profili di personaggi poco noti di una provincia da scoprire” di Paolo Conte e Marco Perale (edito nel 1999 da L’Amico del Popolo) ed abbiamo fatto un’altra piacevole scoperta: “La storia della farmacia si intreccia spesso a Belluno con la storia cittadina. Dai fasti trecenteschi della famiglia Spiciaroni, ammessa nel Consiglio dei Nobili, fino alle cospirazioni risorgimentali del farmacista Locatelli che arrivò a sostituire sulla sua bottega di Piazza Vittorio Emanuele l’antica insegna di San Giuseppe con il faccione di Garibaldi, passando per i rapporti economici ma anche burrascosamente maneschi intercorsi tra Andrea Brustolon e il suo vicino di bottega in via Mezzaterra, lo speziale Camillo Suelli”. E’ in questo contesto storico – si legge ancora – che nel XVI e XVII secolo si registra l’incontrastato predominio di una dinastia di farmacisti giunta sul finire del Quattrocento a Belluno dall’alta Lombardia: I Chiavenna “di cui l’esponente più noto fu Nicolò (1550-1617), ma anche il figlio Cristoforo non fu da meno”. Nel 1609 Nicolò stampò a Ceneda la “Historia absinthii umbelliferi” per raccontare la personale scoperta botanica di una nuova specie di assenzio trovata sulle pendici del Monte Serva e della quale propone un’applicazione farmaceutica, ottenendo dai competenti magistrati veneti “il privilegio decennale di produzione e commercializzazione”. E con questo la fama ma anche un’indesiderata sequela di polemiche scientifiche e di vere e proprie cause commerciali con i ben più potenti farmacisti veneziani”… Letto del fallito tentativo di bis con la “Scorzonera italica”, sia a Venezia che sul versante scientifico, si apprende che “La lezione fu preziosa, tanto che il figlio Cristoforo, nato nel 1594 e destinato a rilevare la farmacia paterna, venne avviato dopo gli studi ad un apprendistato veneziano, nella farmacia ‘all’insegna della Gatta’. Nicolò morì a Belluno il 10 novembre del 1617, e Cristoforo chiamò Nicolò, come il nonno, il figlio nato nel 1621 e destinato a diventare medico stipendiato del Comune per lunghi anni”. Con molti altri (in testa il farmacista bellunese Ernesto Riva, sul quale avremo occasione di scrivere – ndr.) si è occupato di Nicolò Chiavenna anche il sito spazioinwind.libero.it/specolino/end, proponendo testo e fotografie della Clavenae Diapositivae con adattamento e trasposizione in ipertesto di Specolino. Scrive infatti, fra l’altro: “Quasi quattro secoli fa’ il Chiavenna operava nella Bottega dei Rimedi Semplici all’insegna dell’Angelo, accanto alla chiesa di Santo Stefano a Belluno… Tutti i rimedi vegetali erano preparati con cura dal nostro speziale, che si occupava egli stesso della raccolta delle piante di origine. Sì perché ancor prima che erborista, Niccolò Chiavenna era un illustre botanico, profondo conoscitore della Val Belluna e di tutti i suoi biotopi. La meta preferita per le sue raccolte botaniche era il Monte Serva, una grande montagna sopra il Col di Roanza a Nord di Belluno. Proprio lì, sui prati alti del monte, durante una delle sue innumerevoli escursioni erboristiche, trovò una pianta della famiglia Compositae, genere Absintium, che nei testi botanici dell’epoca non era ancora descritta. Nel 1609 diede alle stampe un intero volume “Historia Absintii Umbelliferi” per assicurarsi la paternità della fortunata scoperta… Chiavenna enumerò e spiegò le mirabolanti virtù terapeutiche colagoghe, stomatiche ed antielmintiche della nuova specie. Persino l’allora vescovo della città, Aloisio Lollino, inviò pubblici ringraziamenti al Chiavenna per essere guarito da dolorose coliche gastriche in virtù della somministrazione di pozioni a base di Absintium. Il successo del medicamento fu grande, e proprio per questo, in breve, giunse a colpire la suscettibilità dei saccenti ed imparruccati colleghi della Serenissima Dominante, i quali pretendevano l’esclusiva anche di mercato sui Rimedi Semplici, come allora venivano chiamate le cure di erboristeria. Ed apparivano anzi più preoccupati per le pratiche conseguenze che non per la scoperta scientifica del bellunese, tanto importante, infatti, da innescare anche pericolose invidie del mondo botanico europeo. Alla fine, però, il Chiavenna la spuntò ed uscì vincitore dall’accesissima disputa. Cent’anni dopo Linneo stesso gli riconobbe prioritaria la scoperta e, pur togliendo la pianta dal genere Absintium, la classificò nei secoli al nome di Achillea Clavenae L., in ricordo del botanico bellunese”. Illustrata l’Achillea clavenae: “è una pianta che si presenta dimessa, alta com’è non più di 10 cm, con infiorescenze dai capolini bianco avorio e tipiche foglie pluripartite verdi sericee. Oggi ha una diffusione non molto comune sulle Dolomiti Orientali; cresce su rupi calcaree, pascoli sassosi, ghiaioni, dai 1500 ai 2500 m di altitudine. Ancor oggi il Monte Serva è un “teatro” privilegiato per osservare questa specie” il sito conclude con un interrogativo: “Cos’è che ha fatto del Monte Serva l’oggetto preferito di specifici studi accademici ed impareggiabile palestra anche per la semplice curiosità dei botanici dilettanti?”. La risposta: “Si è propensi a credere che almeno le zone di vetta del Serva, erbose pur alla loro ragguardevole altezza, siano rimaste indenni dalla morsa delle ultime glaciazioni del Quaternario. Qui, dunque, come in un’isola sicura, si sarebbero rifugiate nella solenne tranquillità del monte numerose specie botaniche scomparse nelle valli: i cosiddetti endemismi pre-glaciali”.
NELLE FOTO (riproduzione dai libri “90 profili” di Conte-Perale e “Breve storia della farmacia bellunese” di Ernesto Riva, sito spazioinwind.libero.it/specolino/end): nella sala consiliare del Municipio di Belluno è visibile il “Ritratto di fantasia” di Nicolò Chiavenna; frontespizio della sua opera; il disegno fatto da Chiavenna dell’Assenzio del Monte Serva; l’attestato ufficiale di riconoscenza del rimedio a base di assenzio creato dal farmacista bellunese; testimonianza del vescovo di Belluno Aloisio Lollino; frontespizio del libro sulla Scorzonera italica; dedica a Jacopo Barocio; panoramica col Serva; un particolare del monte a nord di Belluno.