No all’incremento dell’Iva, anche se in forma selettiva, in cambio di meno Irpef. A dirlo è la CGIA di Mestre che esprime la sua netta contrarietà a questa ipotesi che pare stia prendendo forma tra i tecnici del ministero dell’Economia.
Gli artigiani mestrini ricordano che, nell’ipotesi peggiore, se non verranno recuperati entro la fine di quest’anno 12,4 miliardi di euro, l’aliquota ordinaria passerà dal 22 al 24,2 per cento, mentre quella ridotta dal 10 salirà all’11,5 per cento.
Afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo:
“Bisogna assolutamente evitare l’aumento dell’Iva, anche in forma selettiva. E non è nemmeno accettabile il baratto meno Iva più Irpef. Ricordo che da un eventuale scambio di questo genere, i 10 milioni di contribuenti Irpef che rientrano nella no tax area, che sono costituiti in particolar modo da pensionati al minimo, non avrebbero alcun vantaggio. Così come i disoccupati e le persone in gravi difficoltà economiche. Non pagando l’Irpef non beneficerebbero di alcuna riduzione di imposta, per contro, invece, si ritroverebbero pagare più Iva”.
Non solo. Se non verrà disinnescato l’aumento, dal 2019 l’Italia sarà il Paese con l’aliquota Iva ordinaria più elevata dell’area dell’Euro. Dall’attuale 22 per cento, infatti, si passerà al 24,2 per cento. Questo balzo ci consentirebbe di scavalcare tutti e di posizionarci in testa alla classifica dei più tartassati dalle imposte indirette (vedi Tab. 1).
“Se è vero che in questi 45 anni – dichiara il Segretario della CGIA Renato Mason – abbiamo subito l’incremento d’aliquota più significativo, è altresì vero che nel 1973 quella applicata in Italia era, ad esclusione della Germania, la più contenuta. Tuttavia, se l’aumento previsto non sarà evitato, dal 2019 i consumatori italiani saranno sottoposti all’aliquota Iva ordinaria più elevata tra tutti i Paesi dell’area dell’euro, con un serio rischio che l’economia sommersa assuma dimensioni ancor più preoccupanti”.
Dalla sua apparizione ad oggi, infatti, sono trascorsi 45 anni. L’aliquota ordinaria dell’Iva è stata introdotta per la prima volta nel 1973 e fino a quest’anno è aumentata 9 volte (vedi Tab. 2). Tra i principali Paesi della zona euro siamo quello in cui è cresciuta di più: ben 10 punti, un record, ovviamente, che nessuno ci invidia.
Se nel 1973 l’aliquota era al 12 per cento, ora si attesta al 22 per cento, con un aumento, come dicevamo più sopra, di ben 10 punti. Seguono la Germania, con una variazione di +8 punti (era all’11 adesso si attesta al 19 per cento), l’Olanda, con un aumento di 5 punti (era al 16 oggi è al 21 per cento), l’Austria e il Belgio, con degli aumenti registrati nel periodo preso in esame rispettivamente del +4% e del +3%. La Francia è l’unico Paese presente in questa comparazione che non ha registrato alcun incremento (vedi Tab. 3).
La CGIA, infine, ha elencato i principali beni e servizi che potrebbero essere interessati dall’eventuale aumento dell’aliquota IVA dal 10 al 11,5 per cento.
Essi sono:
carni, pesce, spezie, cacao, prodotti della pasticceria e biscotteria, cioccolato, salse, condimenti composti, preparati per zuppe e minestroni, acqua minerale, aceto;
legna da ardere in tondelli, ceppi, etc.;
energia elettrica per uso domestico;
gas metano uso domestico (limitatamente al consumo dei primi 480 metri cubi annui);
prestazioni alberghiere;
ristrutturazioni edilizie;
acquisto o costruzione abitazione non di lusso (che non sia utilizzata come prima casa);
spettacoli teatrali, attività circensi;
somministrazione alimenti e bevande;
piante e fiori.
E quelli che, eventualmente, potrebbero salire dal 22 al 24,2 per cento:
vino;
abbigliamento;
calzature;
riparazione di abbigliamento e calzature;
elettrodomestici;
mobili;
articoli di arredamento;
biancheria per la casa;
servizi domestici;
riparazione di mobili, elettrodomestici e biancheria;
detersivi;
pentole, posate e stoviglie;
tovaglioli e piatti di carte e contenitori di alluminio;
lavanderia e tintoria;
auto e mezzi di trasporto;
pezzi di ricambio, olio e lubrificanti;
manutenzioni e riparazioni;
giochi e giocattoli;
radio, televisori, hi-fi, video-registratori, etc.;
computer, macchine da scrivere e calcolatrici;
cancelleria;
prodotti per cura personale;
barbiere, parrucchiere, istituti di bellezza;
argenteria, gioielleria, bigiotteria e orologi;
borse, valige ed altri effetti personali;
onorari liberi professionisti.