di RENATO BONA
Come abbiamo già avuto modo di riferire, lo storico prof. Flavio Vizzutti ha dato alle stampe (tipografia Piave di Belluno, settembre 1999) ad iniziativa delle Parrocchie di Cadola, Polpet-Ponte nelle Alpi, Col di Cugnan e Quantin, oltre che della Diocesi di Belluno-Feltre, il volume (quasi 300 pagine con immagini di Giancarlo De Santi o d’archivio) “Le Chiese dell’antica Pieve di Cadola. Documenti di storia e d’arte”. Concludiamo oggi la sintetica presentazione delle opere d’arte dell’antica Pieve e in altra occasione ci soffermeremo su quelle delle chiese che ne facevano parte. Sulla parete di destra dell’aula vi è il dipinto, olio su tela 195×1120 “Madonna dei Battuti”, di Francesco Frigimelica “il Vecchio”; quasi certamente uno stendardo riadattato a pala, commissionato dall’antica e prestigiosa Confraternita dei Battuti. Dello stesso autore è la “Beata Vergine del Rosario tra i santi Domenico di Guzman, Caterina da Siena e le Anime purganti”, olio su tela, 195×110, sulla parete di destra. Vizzutti in proposito specifica: “E’ questa la pala dell’altare elevato dalla Confraternita del Rosario il 31 maggio 1640, dettagliatamente illustrata nel protocollo della visita condotta dal vescovo Giovanni Tommaso Malloni il 4 agosto 1641… La parte inferiore della tela è completamente occupata dalla partecipata visione di uno squarcio del purgatorio, ove le anime, in mezzo alle lingue di fuoco, invocano a gran voce i lenitivi suffragi dei viventi destinati ad accorciare lo spazio che le separa dalla totale purificazione e dalla gloria eterna…”. E’ invece di anonimo del XVII secolo “Circoncisione”, olio su tela 130×200, parete di destra, dipinto che “è figurativamente costruito per mezzo di una serie di citazioni, più o meno evidenti, desunte dal repertorio di Agostino Ridolfi (Belluno 1646-17278) del quale l’anonimo autore fu forse alunno”. Pure di anonimo e stesso periodo, l’ olio su tela 130×200, “Gesù tra i dottori”, sulla parete sinistra. Ancora di anonimo l’“Immacolata tra i Santi Michela Arcangelo e Rocco”, olio su tela 140×120, sopra la porta minore di sinistra. Secondo Mauro Lucco la tela sarebbe di Antonio Gabrieli (Belluno 1694-1789) ma per Vizzutti “il disegno è talmente deprimente dal punto di vista qualitativo, come del resto l’uso della gamma cromatica, da far sembrare davvero difficile l’ipotesi”. Procedendo, tocca a “Ultima Cena”, 200×365, estremità del transetto di sinistra, e “Battesimo di Gesù”, stesse dimensioni, transetto di destra: entrambi gli olii su tela, raffiguranti con fine didattico momenti estremamente significativi della vita di Cristo, si debbono a Luigi Vardanega (Possagno 1909-Belluno 1988), scultore e pittore autodidatta apprezzato “per la grande nitidezza di visualizzazione, per l’immediatezza comunicativa delle sue immagini, per la tavolozza varia e delicata giocata su studiate modulazioni e indovinati contrasti”. Di Guido Cadorin (per 35 anni titolare della cattedra di decorazione all’Accademia di Belle arti di Venezia) gli affreschi del presbiterio: “Annunciazione” (abside), “Natività” (a sinistra del coro), “Crocifissione” (a destra), “Immacolata tra i pontefici Pio IX e Pio XII” (catino absidale), “Assunta in gloria” (cupola), “Profeti dell’Antico testamento” (pennacchi). A seguire, le foto propongono: “Oreficeria Bertelli (inizio secolo XX) il “Reliquiario della Santa Croce”, altezza 14 centimetri, base di 17, dell’Arcipretale ma cautelativamente custodito in altra sede, come, del secolo XVIII di Argentiere veneziano e Oreficeria Bertelli, il Reliquiario del “Velo della Beata Vergine”, altezza 35 centimetri, base 15,9. Di Argentiere veneto di inoltrato secolo XVIII: “Pace”, sacra immagine che veniva proposta al bacio dei fedeli. Forse di Argentiere bellunese del XIX secolo altra “Pace” custodita in altra sede). Tocca quindi ad Argentiere veneziano (tra il 1818 ed il 1828) del quale si mostra l’immagine di un “Ostensorio”, altezza 49 base 19 (in altra sede) e di Argentiere veneto del XIX secolo a proporre “Pace”, 17 x 12 (in altra sede); di nuovo Argentiere veneziano (secolo XVII) con “Calice”, 20 per 10 (in altra sede) e ad Argentiere romano (1843) pure con “Calice”, 28,5 base 134, coppa 90 (in altra sede). Del bellunese Antonio Gabrieli “Estasi di San Filippo Neri”, olio su tela 180×130 (in sagrestia). Per Flavio Vizzutti il dipinto “rappresenta uno tra i momenti maggiormente significativi, iconograficamente più iterati e conosciuti della vita del celebre santo (Firenze 1515-Roma 1595)”. Anonimo invece l’autore dello “Stendardo della Confraternita dei Battuti e del Santissimo Sacramento”, olio su tela 148×93 (in sagrestia, restaurato nel 1998 da Saviano Bellé) di notevole l’importanza storica e “simbolo di un gruppo sociale che orgogliosamente viveva la propria dimensione religiosa attraverso la preghiera e la piena disponibilità a multiformi attività caritative”. Nelle due facce: la Vergine incoronata che apre il suo mantello in atteggiamento patronale sui confratelli. E un angelo custode che sovrasta allusivamente il centro abitato di Cadola dove si riconoscono il Monte Serva, il “Col de Canevoi” con la torre di guardia, la strada di Alemagna, qualche casa, la mole dell’antica chiesa ed il campanile edificato su progetto di Alessandro Giobbe nel 1852. Di nuovo Gabrieli, in chiusura, con “San Vincenzo Ferrer”, olio su tela 120×95, sulla parete destra della cappella feriale, in condizione non ottimale mentre sono di anonimo del secolo XVIII “San Girolamo”, olio su tela 85×70 sulla parete di fondo della cappella feriale, come “Sant’Antonio da Padova, stesse dimensioni e stessa collocazione.