VENEZIA Il secondo trimestre del 2020 evidenzia gli effetti negativi della pandemia da Covid-19 sul mercato del lavoro veneto: per la prima volta il secondo trimestre dell’anno si chiude con un saldo negativo, pari a -6.700 posizioni di lavoro dipendente tra aprile e giugno. A misurare il crollo delle assunzioni stagionali e un rallentamento complessivo dell’occupazione è la Bussola dell’Osservatorio di Veneto Lavoro. Il risultato negativo è dovuto principalmente ai provvedimenti di lockdown imposti per limitare la diffusione del contagio, che hanno comportato, da un lato, il mancato avvio delle attività stagionali legate alla Pasqua, e dall’altro il ridotto e ritardato avvio di quelle estive; ma dimostra anche la brusca accelerazione di una tendenza al rallentamento dell’occupazione in atto da tempo. Su base annua – calcola Veneto Lavoro – il calo è stato di oltre 40.700 posizioni lavorative. A livello territoriale, saldi trimestrali negativi si registrano a Padova (-5.600 posti di lavoro dipendente), Treviso (-5.300) e Vicenza (-4.700). Segno più a Venezia (+6.700) e Verona (+1.400), le due province che nell’intero periodo di crisi sanitaria e occupazionale hanno pagato il prezzo più alto e che, nonostante il lieve recupero mostrato con l’avvio della stagione estiva, sono lontane dal ripianare le perdite subite durante il lockdown soprattutto in termini di mancate assunzioni. In terreno leggermente positivo anche Belluno (+500) e Rovigo (+300). Il saldo su base annua è negativo in tutte le province: ai vertici della classifica dei saldi negativi risultano Venezia e Verona, dove negli ultimi dodici mesi sono andati persi rispettivamente circa 24.000 e 10.300 posizioni di lavoro dipendente. Turismo e commercio sono i settori più colpiti: il saldo nel secondo trimestre è di appena 12.000 posti di lavoro, ben 22.000 in meno rispetto al corrispondente trimestre del 2019. L’industria nel suo complesso risulta appena positiva con +800 posti di lavoro contro +4.200 dell’anno precedente. Le 1.300 posizioni in più registrate in agricoltura non rappresentano neppure la metà di quanto registrato un anno prima. A maggio e giugno si sono però registrati anche i primi segnali di ripresa, con l’arresto della caduta occupazionale e il parziale recupero delle assunzioni. Le previsioni attuali restano comunque fortemente negative: l’Istat stima per il secondo trimestre dell’anno una caduta di entità eccezionale per il Pil nazionale (-12,4%), che segue il già ampio calo del primo trimestre (-5,4%). Per il Veneto le stime per il 2020 parlano di un calo del 10,6% del Pil regionale, in virtù del peso del settore turistico sull’economia regionale e di una maggiore apertura internazionale del manifatturiero veneto. In calo i disoccupati: tra aprile e giugno 2020 gli ingressi in disoccupazione sono stati 22.300, pari a meno 18% rispetto allo stesso periodo del 2009, ma ciò non rappresenta di per sé un segnale positivo. A diminuire infatti sono soprattutto gli inoccupati (-65%), ovvero persone alla ricerca del primo impiego: un fenomeno che rende evidente lo stato di scoraggiamento dei giovani nell’affacciarsi al mondo del lavoro. La diminuzione dei disoccupati veri e propri (-10%) è invece in parte dovuta al blocco dei licenziamenti e all’estensione su larga scala della cassa integrazione, che hanno di fatto limitato l’ingresso in disoccupazione prevalentemente a chi aveva concluso nel periodo un contratto a tempo determinato. I dati nazionali mostrano tuttavia una leggera inversione di tendenza a partire da giugno, con un nuovo aumento dei disoccupati a fronte della diminuzione di inattivi, segnale di un rinnovato interesse nella ricerca di lavoro. L’Osservatorio di Veneto Lavoro, nei suoi approfondimenti statistici sull’impatto del Covid-19 sul mercato del lavoro regionale, conferma nel mese di luglio i segnali di recupero rilevati a maggio e giugno, con un saldo mensile di +12.000 posizioni di lavoro, valore superiore a quello registrato nel 2019. Ma avverte anche che i danni occupazionali subiti dall’inizio della crisi a febbraio, quantificabili in circa 53 mila posti di lavoro dipendente persi tra mancate assunzioni e rapporti di lavoro conclusi, non saranno recuperabili in tempi brevi.