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Ho trascorso più di 30 anni in “trincea” dietro a un microfono, con la penna tra le mani e il cuore a mille. Era un freddo 1983 quando ho iniziato a frequentare lo stadio, timidamente. Giusy Paolo De Biasio, Primo Fontanive, Renato De Toni, Adriano Tancon, Silvano da Pian, Constant Priondolo …mi mettevano in soggezione, balbettavo non solo perché lo Zunaia non aveva la copertura e non si chiamava nemmeno Alvise De Toni… non ancora, piuttosto avevo paura a chiedere qualsiasi cosa a quelli che erano i campioni della mia adolescenza della Sile Caldaie già Latte Giglio o Luxottica. Sono stati anni meravigliosi, quando seguivo partita dopo partita l’Alleghe, senza mai perderne una di partita, tra incontri casalinghi e trasferte faticose ma indimenticabili. “Toni, Te la ricordi l’attesa e le successiva battute mentre aspettavamo il passaggio della cometa di Halley?”, Antonio Polazzon oggi architetto riusciva sempre a non farmi addormentare. Toni, l’unico giocatore italiano presente alle Universiadi di Belluno_Nevegal dell’inverno 1985, l’anno del rilancio dell’hockey agordino.
Che trasferte nella nostra Alpen Liga che non è minimamente paragonabile a quella dei tempi moderni. Da Bled prima di una sconfitta penosa c’era chi pensava ad un Alleghe tritasassi che non poteva perdere contro il … Bled. “Dai metti 6-0 per l’Alleghe, fai l’articolo che tanto vinciamo. Metti un po’ di frasi e i nomi per i gol li mettiamo dopo. Fai un bell’articolo 6-0 è cappotto e sei gol li facciamo di sicuro, ad occhi chiusi”, erano le ultime parole famose di Michele De Toni, il giorno dopo il Gazzettino uscì con il risultato corretto (8-2 a favore del Bled)… il rischio di vedere tutt’altro il giorno dopo sul giornale fu concreto, articolo corretto all’ultimo minuto prima dell’entrata della carta nella rotativa.
Ho vissuto i tempi del ritorno da Jesenice passando per il night quello delle donne che ballano con il palo, ideale per festeggiare una vittoria nella stagione conclusasi a Villach con mezzo agordino e una balla (o cioka) intera. “Quella sera tornando da Jesenice- disse Pedy – eravamo carichi…e in tensione”, peccato che il buon Alfredo Soppera svelò quello che doveva rimanere segreto da spogliatoio davanti alla “morosa” e fu una primavera di lacrime e sangue.
Ho vissuto quella trasferta di ritorno da Feldkirch senza pause neanche per pisciare, vista la potente sconfitta rimediata lassù in terra austriaca, “Niente pause, niente musica e silenzio”: l’ordine perentorio di Paul Theriault niente pause neanche per pisciare. “Se ti scappa ti affitto la lattina vuota di birra, oppure me ne dai una piena fai tu”, così Giulio Soia ha iniziato a fare i soldi e io lo sponsor, perché dopo una cronaca in diretta, per tre tempi parlando di Alleghe hockey pisciare diventava sacrosanto, per scaricare la tensione e anche il resto perché per scaramanzia radiofonica “mai pisciare durante una partita”, nemmeno durante le interviste in spogliatoio.
L’Alleghe è da sempre un amore forte, quell’amante che ti fa fare sempre tardi, che ti fa rotolare nel letto la notte. “Te le ricordi Nilo le notti al rientro dalle sconfitte? Di sicuro le ricordi, come le ricorda Rosalina, quelle pedate di nervosismo, quella manate per i gol non realizzati non si dimenticano”. L’Alleghe è quell’amore che ti allontana dai pensieri, che ti leva le lacrime quando senti il bisogno di buttare fuori le botte che prendi e che non dai, le umiliazioni per le quali sei passato e che non dimentichi più. “Vincevamo dopo il gol di Priondolo, ci chiamavamo campioni d’Italia anche nella diretta Rai che allora era una cosa importante, la diretta di Ettore Frangipane parlava di Alleghe momentaneamente campione d’Italia e non era mai successo. Per pochi minuti, troppo pochi, poi in quel marciume del palazzo di via Roma il pareggio, il gol dello svantaggio…la serie di gol che ci hanno umiliato tra i neo campioni d’Italia del Bolzano in una finale che invece volevamo noi.
Quella finale doveva rilanciare l’Alleghe e lo rilanciò: 1985, l’anno delle Universiadi dell’Alleghe a Feltre, degli agordini vice campioni d’Italia.
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