Dopo l’alluvione del 1966 , in corrispondenza delle ultime abitazioni di Cugnago salendo verso il passo Duràn, venne costruita una grossa briglia in cemento. Con le spalle molto lunghe che penetrano profondamente nelle sponde del Missiaga e con un salto di circa 3 metri. Questa briglia serviva e serve ancora per tenere, o riportare, il Missiaga in centro alveo e salvaguardare il centro abitato in destra orografica e soprattutto evitare che il torrente tracimi o eroda la più bassa sponda sinistra e si diriga, seguendo un vecchio alveo, dritto al centro del paese. La grande briglia, col suo notevole salto, serviva e serve anche a far perdere energia al torrente in piena e creare, a monte della briglia stessa ,un alveo a minore pendenza funzionale anch’esso a rallentare il deflusso del torrente in piena. Negli anni a cavallo del 2010, il Servizio Forestale Regionale realizzò una lunga arginatura a valle della citata briglia per proteggere l’abitato di Cugnago e realizzò una serie di soglie con rialzo a dente in sponda sinistra per evitare che il torrente erodesse la sponda (ancora prima di argini o scogliere), oppure sovra-alluvionasse ed esondasse sempre in sponda sinistra puntando il centro paese. Già durante l’alluvione del 1966, in quel tratto, i paesani avevano tagliato abeti nel vicino bosco e poi li avevano trascinati a mano fin in riva al torrente per limitare l’azione erosiva dell’acqua in quel pericoloso punto. In Protezione Civile, durante le attività di propedeutiche alla prevenzione, si ricorda molto spesso, negli eventi formativi, la regola dei 100 anni, ossia il tempo di tre generazioni circa, durante il quale la popolazione rimuove o tende a rimuovere gli accadimenti disastrosi o li relega a fandonie o “s’cione” paesane. Purtroppo , invece, è così: la prima generazione vive l’evento e lo racconta alla seconda che lo “raccoglie” abbastanza perché raccontato dalla viva voce di qualcuno che lo ha vissuto, ma già quando la seconda generazione lo racconta alla terza (semmai lo raccontasse), questo racconto inizia ad assumere già i contorni sfocati del “racconto” più che rappresentare una cronaca e quindi difficilmente la terza generazione lo recepisce e lo trasmette alla quarta e così si perde la memoria storica dei disastri, minori, ma anche dei grandi disastri e ci si illude, non avendo misura dell’accaduto, che l’evento non si ripeta, men che meno in forma maggiore, oppure ci si culla nel considerare le opere di mitigazione idraulica realizzate, come sufficienti ad affrontare qualsiasi evenienza. Come esempio della rimozione dalla memoria collettiva del ricordo di eventi disastrosi, possiamo citare la Boa del 1701 che provocò decine di vittime, distrusse la Chiesa del XII° Secolo e parte del paese compresi tutti gli opifici che erano in riva al Missiaga perché utilizzavano l’acqua come forza motrice. Come si desume dal Catasto Napoleonico (1811 circa) e da Quello Astru-Ungarico (1834 circa), l’area al centro paese distrutta dalla Boa rimase senza alcun insediamento umano per circa 100 anni, fino ai primi decenni del 1800 e poi iniziarono a re-insediarsi pian piano i primi opifici, ma senza abitazioni. Anche le grandi alluvioni della seconda metà del 1800 (la più grande nel 1882) e le frane nell’Alto Missiaga nel 1888, tennero lontane dall’acqua le abitazioni, Tutto cambiò a cavallo del 1910 circa, quando il Comune edificò il nuovo Municipio proprio in quell’area e questo liberò l’idea nella popolazione che tutta l’area di vecchia esondazione del Missiaga, fosse , di colpo diventata sicura, senza fosse stata realizzata alcuna arginatura o opera di mitigazione del rischio idrogeologico. Una parte di quest’area conserva ancora il toponimo locale Le Roe, che definisce un’area dove il torrente aveva libertà di scorrere in ampio alveo , spostandosi repentinamente da una parte o dall’altra in quanto non regimentato. Ma così sempre non è e ce lo dimostrò Vaia, dove la combinazione: “vento che sradica gli alberi e li mette di traverso nel torrente in piena”, ha provato duramente tutte le opere di difesa idraulica e idrogeologica, ovviamente d’erano presenti. La fortuna di tanti centri abitati , durante Vaia e durante la successiva “brentana” del dicembre 2020 , è stata che, durante gli anni post 1966, prima il corpo Forestale dello Stato e poi la Regione Veneto, hanno realizzato opere di difesa idrogeologica anche a seguito delle continue sollecitazioni e segnalazioni di Sindaci avveduti e profondi conoscitori del territorio , che avevano vissuto l’alluvione del 1966 o che, allora bambini, avevano chiaro il ricordo e la paura che l’evento aveva creato. Così fu anche per le arginature del Missiaga che partono da inizio paese, salendo da Agordo e si sviluppano fino alle ultime case sulla strada del Passo Duràn. Durante Vaia, la parte dell’arginatura a valle della grossa briglia descritta all’inizio, si comportarono egregiamente, resterebbero da sistemare alcuni massi di scogliera in un breve tratto di raccordo tra una soglia e la spalla di una passerella costruita dal SFR all’interno dell’opera di arginatura e che permette il collegamento tra le due sponde del Missiaga. A mio avviso, sarebbe opportuno considerare anche la realizzazione di una scogliera o di un argine , in sponda sinistra del Missiaga, che colleghi i denti delle soglie. Immediatamente a valle di questo tratto, l’alveo cambia repentinamente (anche se leggermente) pendenza a causa di un restringimento che, facendo un effetto briglia, rallenta il torrente a monte, nell’area regimata, tendendo ad innalzare l’alveo. A monte della grande briglia inizialmente descritta, il torrente, rallentato, tendeva a depositare materiale ed alzarsi, spostandosi da una sponda all’altra all’interno dell’alveo e attaccando le sponde in terra. Lì era prevista la continuazione verso monte dell’arginatura eseguita qualche anno prima a valle della briglia e sopra descritta, ma non era stato ancora possibile realizzarla. Di questo innalzamento del torrente dato dal materiale ivi depositato dallo stesso, ebbero cognizione alcuni abitanti delle case in prossimità durante la giornata di martedì 29 ottobre, il giorno dopo del disastro di vento ed acqua (la mia stazione meteo a Ponte Cugnago, che resistì al vento, misurò 495 mm di pioggia da domenica 28 a martedì 30, dei quali 263 mm in poche ore del lunedì 29 ottobre e ulteriori 48 mm giovedì 1 novembre, con un totale di 544 mm per l’intero evento). Intervennero prontamente i Vigili del Fuoco con un potete scavatore e lavorarono tutta la notte tra il martedì 29 e il mercoledì 30 ottobre per continuare a smuovere, stando sulla sponda destra, il materiale che man mano l’acqua depositava e che aveva già portato il torrente ad esondare circa 200 metri a monte della briglia, riuscendo in questo modo a trattenere il flusso della corrente a centro alveo. Un grande lavoro degli operatori dei Vigili del Fuoco che sarebbero poi stati occupati giorni e giorni nel medio ed alto agordino. La fortuna di Cugnago (e la sfortuna dei paesi del medio ed alto Cordevole) fu che il grosso scavatore era riuscito ad arrivare fino ad Agordo, ma nella giornata di martedì non era riuscito ad operare a monte di Agordo per le innumerevoli interruzioni stradali e così, essendo in zona , riuscì ad operare a Cugnago, in condizioni di notevole difficoltà, con il torrente in piena e durante l’intera notte. Un vivissimo ringraziamento va ai generosi operatori che si prodigarono in quella nottata a Cugnago. Così come va un vivissimo ringraziamento alla Regione Veneto, alle persone dell’ Assessore Bottacin, Presidente Zaia e tutto il loro staff che operò nell’emergenza e nel post emergenza e continuano tutt’ora a tenere sotto osservazione il territorio ed a recepire le segnalazioni che arrivano da esso. La Regione realizzò poi le arginature, con scogliere, nel tratto che tanto pensiero aveva dato in quella notte. A corredo di quest’articolo segue una galleria fotografica e dei filmati. Le fotografie sono di Tiziano De Col e i filmati di quel martedì 29 ottobre 2018 sono di Pramaor Denis a cui va il nostro ringraziamento per averceli forniti. Confidiamo sempre nell’attenzione della Struttura Regionale di Protezione Civile per il completamento delle opere di mitigazione sopra descritte e per una presa in considerazione delle criticità presenti anche sul torrente Bordina e dei suoi affluenti dalle valli laterali (torrente Ru, Valle di Buscaresem, Valle di Laderon, Val de Forn, Torrente Cassolana). Di queste criticità, che abbiamo in parte già scritto in precedenti articoli, scriveremo prossimamente.
IL VIDEO DEL 29 OTTOBRE 2018 DI DENIS PRAMAOR
Arginatura e ponte pedonale realizzati dal servizio Forestale Regionale a cavallo del 2010.
Arginatura eseguita dalla Regione Veneto post Vaia a monte della grossa briglia
*******