BELLUNO “Oreficeria sacra nell’antica forania di Agordo (sec-XV-XX)” è il titolo di un libro-catalogo di Tito De Nardin e Giovanni Tomasi, stampato per la Biblioteca-Archivio storico arcidiaconale come primo numero della serie “Arte e cultura” dalla Arti Grafiche di Conegliano nell’ottobre del 1987, con fotografie di Dario Fontanive di Canale d’Agordo e disegni del trevigiano, di Revine, Giuseppe Grava. L’allora arcidiacono di Agordo, monsignor Lino Mottes, nella premessa scriveva: “La conoscenza di opere artistiche, entra nel concetto di giustizia, di rispetto delle tradizioni, di amore della propria terra e tutto questo sta alla base di una vera e autentica cultura locale e universale. Il Basso Agordino ‘così bello allo sguardo, così duro alla vita’ ha dato nei momenti più salienti della sua storia, esempi incomparabili di fede, di tenace solidarietà, di buon gusto artistico. E così questa terra che era stata scelta come ‘luogo ideale di preghiera’ dall’Apostolo delle Dolomiti, san Lucano, si distinse lungo i secoli, per la costruzione di chiese artistiche come s. Lucano, s. Cipriano e le nostre parrocchiali in genere”. Ad un certo punto – ricordava – ci fu come una nobile gara tra i fedeli per onorare la memoria dei defunti e per rendere propizi i santi nei momenti particolarmente difficili della vita dei paesi e delle famiglie. Le nostre chiese si arricchirono di pale d’altare, di calici, reliquari, argenteria, cartegloria che venivano commissionate agli artisti, agli orafi, agli artigiani migliori. E così mentre le case rimanevano dignitose, ma povere, le chiese divennero belle e ricche di opere stupende”. Ma… insisteva Mottes: “Il dissesto politico del periodo napoleonico, le vicende religiose e anche le recenti contestazioni hanno portato, talvolta, a deprezzare il lavoro compiuto con tanta fede e passione. Molte cose sono state asportate o vendute a commercianti da strapazzo (come aveva ragione il vecchio vescovo Muccin di scrivere ai suoi sacerdoti ‘cavete antiquarios!’ – state attenti agli antiquari – ndr.). Inoltre, purtroppo, le nostre chiese, grandi e piccole, sono state visitate da ladri criminali che hanno devastato, impoverito, dissacrato e rovinato molte cose”. Da qui – precisava – “l’opera intelligente, tenace, faticosa di preziosi collaboratori che ha dato corpo ad un lavoro di catalogazione prezioso e meritorio” aggiungendo che “si è voluto allargare l’opera alle parrocchie della Forania del Basso Agordino e inserire pure quella di Cencenighe che era legata alla matrice di Agordo di diritto e di fatto”, e concludeva: “Per tutti l’espressione della mia ammirazione e gratitudine. Mi sento orgoglioso alla constatazione che sia nata nella nostra Comunità un’opera che farà onore non solo all’Agordino e alla provincia di Belluno, ma altresì alla regione veneta. Inoltre essa dimostra ancora una volta quanto grande sia il patrimonio di fede, di arte e di cultura della nostra terra”. Va detto che il catalogo (stampa Arti Grafiche di Conegliano nell’ottobre 1987) – alla cui realizzazione hanno validamente collaborato i parroci ed il pubblicista Loris Santomaso – primo risultato di un censimento globale delle realtà artistiche registrabili nell’Agordino meridionale, ha preso il via nell’inverno 1985-86 ed ha interessato le nove parrocchie (in sette comuni) che formavano l’antica forania di Agordo (Cencenighe se ne distaccò il 30 novembre 1858 con decreto vescovile numero 1094). Tito De Nardin e Giovanni Tomasi nella loro attività di rilevazione coadiuvati da G. Bernardi e saltuariamente accompagnati dal dott. M. Doriguzzi hanno potuto visitare questi edifici sacri: Parrocchia di Santa Maria di Agordo: s. Agostino di Toccol, s. Vincenzo Ferreri di Prompicai, cappella privata De Manzoni); s. Antonio di Cencenighe, s. Nicolò di Frassenè. Santi Giacomo ed Andrea di Gosaldo (qui è confluita anche la dotazione artistica della scomparsa chiesa di s. Andrea), s. Michele arcangelo di La Valle (s. Martino della Muda), santi Floriano ed Antonio di Rivamonte (B.V. della Salute di Zenich), santi Cornelio e Cipriano di Taibon (B.V. di Caravaggio di Forno Val, ss. Redentore di Listolade), s. Bartolomeo di Tiser, santi Vittore e Corona di Voltago (B.V. di Lourdes di Digoman). Un’operazione di rilevamento nelle 17 chiese – scrivono i due autori del catalogo – “piuttosto lunga, data la notevole dispersione su un vasto territorio e spesso anche per la diversa localizzazione degli oggetti (chiese, canoniche, sacrestie, soffitte)” e specificano che “Dopo questa necessaria fase è seguita la rilevazione fotografica di tutto il materiale censito, ad opera del noto fotografo Dario Fontanive: nel frattempo procedeva, sempre ad opera degli scriventi e saltuariamente del sig. Bernardi la prospezione archivistica, necessaria per una migliore puntualizzazione delle opere, effettuata in loco e presso la Biblioteca comunale di Belluno; per finire si è provveduto alla schedatura dei pezzi: 144 oltre a 10 patene, tutti quelli databili fra la fine del secolo XV ed il 1940 circa mentre per il periodo più antico sono stati presi in considerazione anche oggetti non in argento, bensì anche in ottone, bronzo o rame, pregevoli per la vetustà ed indicativi del gusto dei tempi, utili quindi per la storia dell’arte sacra”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libri di De Nardin-Tomasi; Corriere delle Alpi; Wikipedia; Google): Tito De Nardin; Giovanni Tomasi; la copertina di “Oreficeria sacra nell’antica forania di Agordo); monsignor Lino Mottes; il fotoreporter e scrittore Dario Fontanive; ostensorio di Rivamonte; ostensorio di Gosaldo; ostensorio di Frassenè; cartegloria di Agordo; croce astile di Gosaldo e, chiara, di Agordo; croce astile di Cencenighe; croce capitolare da altare di Agordo; messale di Agordo; altro messale di Agordo; piatto di Voltago.