di RENATO BONA
Fino a domenica 12 resta aperta tutti i giorni dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19: da lunedì 23 e fino al 31 ottobre solo il venerdì, sabato e domenica dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18. Ci riferiamo alla mostra “P. Domenico De Rocco (1889-1958) e la Cina: le avventure di un missionario perseguitato nel Sol Levante” che è stata allestita nella sala “Lina Zandò” del Musal nel paese natale, Canale d’Agordo, dal e nel Museo Papa Luciani con il Comune e la Parrocchia di San Giovanni Battista. De Rocco – lo ricordano le note biografiche stese e postate in Internet sul sito fronte dolomitico.it da Franco Licini – vi era nato il 31 gennaio 1889 da Giovan Battista ed Angela Deola (la coppia aveva generato anche Saba, classe 1910, anch’egli sacerdote dei padri Somaschi, educatore e maestro dei Novizi, che assurgerà al ruolo di Generale dell’Ordine tra il 1954 e il 1963 e quindi padre conciliare al Concilio ecumenico Vaticano II, quindi vice-provinciale del Centro America e Messico tra il ’63 e il ’66 per fare quindi ritorno in Italia come parroco fino al 1974 della Madonna Grande di Treviso dove cesserà di vivere nel 1984). Entrato nel seminario di Feltre vi rimase fino alla seconda liceale e proseguì gli studi nel seminario santi apostoli Pietro e Paolo di Roma dove conseguì la laurea in teologia. Nel 1909 entra a far parte del Pime, il Pontificio istituto delle missioni estere: il 25 luglio 1914 è ordinato sacerdote. Prima però, l’8 aprile 1909 è iscritto nelle liste di leva del Distretto di Belluno ed il 6 agosto dell’anno successivo è chiamato alle armi nel 25. Reggimento di fanteria a Piacenza ma viene subito ammesso al ritardo della “naja” per motivi di studio. Il 1. Giugno 1915 per mobilitazione è richiamato alle armi alla 9. compagnia di Sanità. Il 14 ottobre passa quindi alla 20ª sezione della 10ª compagnia di Sanità mobilitata in territorio dichiarato in stato di guerra, a San Pietro d’Isonzo. Col grado di tenente, il 5 febbraio 1916 viene trasferito al 7° Alpini come cappellano militare del neo costituito battaglione “Monte Antelao”. Al comando di Belluno gli vengono fra l’altro consegnati due giri di cordone grigio verde e il fregio degli alpini per guarnire il suo cappello pastorale. Prosegue per Mel dov’è acquartierato il battaglione per l’addestramento delle reclute. Il 12 aprile parte alla volta del fronte dolomitico a Campo di Sotto, vicino a Cortina da dove dopo un breve periodo di istruzione, entrato a far parte del V Gruppo Alpini raggiunge la Val Costeana. Al canalone Falzarego gli alpini costruiscono una chiesetta in legno dove padre De Rocco può celebrare la messa. Oltre all’assistenza delle anime, don Domenico si dedica al sostegno e alla cura dei feriti e, troppo spesso, a dare l’estremo saluto ai morti in battaglia. Accompagna fino in prima linea i suoi alpini in combattimento e così – sempre dalle note di Licini – “fa anche nella notte dell’8 luglio mentre, fra le guglie delle Tofane, echeggia la musica della fanfara della 96ª compagnia magistralmente diretta da Bepi Sacchet, l’alpino di Castellavazzo che, con il suo estro, sa farsi apprezzare perfino dagli austriaci”. Il 21 giugno 1917 il battaglione lascia Val Costeana destinato al fronte dell’Isonzo. A piedi, per San Vito, Venas e Perarolo, in tre giorni l’“Antelao” arriva a Longarone da dove, in treno, l’8 luglio raggiunge Nimis dove gli alpini si preparano alla conquista dell’altipiano della Bainsizza… Don Domenico si ammala e viene ricoverato ad Avio e quindi a Verona infine trasferito a Como al “Valduce”, una casa di cura religiosa retta dalla Congregazione delle Suore Infermiere dell’Addolorata. A guerra finita gli è conferita la dichiarazione di “aver tenuto buona condotta e di aver servito la Patria con fedeltà ed onore”. Dopo la “parentesi bellica” altre vicende altamente drammatiche: il nostro parte per la Cina il 15 novembre del 1919: Tiensinraggiunge Xing’an e successivamente Han-Chung nella regione dello Shaanxi. Nel 1931 è a Chenggu dove ha modo di scrivere: “La carestia, che da due anni fa strage nel Henan, nel Gansu e nella parte settentrionale dello Shaanxi, in forma più benigna ha colpito anche l’area meridionale (Han-Chung). Donne vendute e bambini gettati non si contano. Allo scorso agosto i bambini raccolti durante l’anno raggiungono i 1.539. Nel periodo più acuto i raccolti alla porta della Missione raggiungevano una ventina al giorno …”. Nel febbraio del 1934 la terza assemblea generale del Pime, ad Hong Kong, elegge monsignor Balconi superiore generale ed il 14 maggio padre De Rocco è chiamato a sostituirlo in veste di pro-vicario apostolico di Han-Chung. Nella regione i disordini e le tragedie continuano e padre Domenico, il 17 febbraio 1935, riferisce al suo superiore: “Le avevo scritto come a Guluba cominciarono i torbidi. Pochi giorni fa i briganti svaligiarono il mercato di Tianmingsi e col bottino si ritirarono nelle loro tane. Il Seminario fu sciolto lo stesso giorno e rimandati tutti gli alunni. Credemmo da principio che non si trattasse che di una piccola banda isolata, non era invece che uno dei primi effetti dell’invasione comunista….”. Nonostante tutte le difficoltà, nel 1939, il personale della Missione conta 19 padri e 2 fratelli italiani, 8 preti cinesi, 19 suore Canossiane e 27 Suore-maestre locali con 51 aspiranti e 50 seminaristi. In città si contano 18.167 fedeli con 964 catecumeni. I luoghi di culto sono costituiti da 36 chiese, 59 cappelle e 36 centri di preghiera. Nel settore educativo, operano 32 scuole elementari con 880 ragazzi e 716 ragazze, 4 case per l’infanzia con 860 bambini; 5 dispensari, 4 orfanotrofi, 2 ricoveri per vecchi e un piccolo lebbrosario. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale i missionari italiani sono sottoposti a maltrattamenti, soprattutto dopo il riconoscimento da parte dell’Italia del governo pro-giapponese di Nanchino (5 luglio 1941). Nel frattempo i giapponesi prendono il controllo della regione e la vita della Missione può continuare ma nell’autunno del 1943, dopo la firma dell’armistizio da parte dell’Italia, i giapponesi concentrano tutto il personale italiano a Lueyang e a Zhuangyuan. Venti Padri e dieci Suore vengono ammassati in una pagoda abbandonata: “… considerati come spie, eravamo agli arresti con proibizione assoluta di lasciare la pagoda. Avremmo dovuto morire di fame su quei monti isolati, ma il Mandarino, che aveva ricevuto l’ordine di sorvegliare ‘le trenta spie’, ben presto si convinse che non di ‘spie’ si trattava ma di buona gente…”. Nel giugno del 1944 monsignor Civelli e padre De Rocco vengono liberati e possono tornare ad Han-Chung; gli altri li raggiungeranno nel febbraio del 1945 all’arrivo delle truppe americane nella regione dello Shaanxi. Nel 1947 De Rocco torna in Italia quale delegato all’assemblea generale dell’Istituto. Eletto rappresentante presso il Consiglio generale, non farà più ritorno alla sua missione in Cina. Assume l’incarico di rettore del noviziato Pime al Sant’Ilario di Genova e nel 1950 del Liceo della casa di Monza, carica che mantiene fino al 1957 quando, aumentando i suoi acciacchi, è costretto a ritirarsi a riposo al Rosetum di Besozzo e poi a Rancio di Lecco dove il sabato Santo 5 aprile del 1958, “sorella morte” lo accoglie tra le sue braccia. Ai funerali, officiati da monsignor Maggi sono presenti il superiore generale dei Somaschi e suo fratello, padre Saba De Rocco. Quattro alpini trasportano la bara alla Grugana di Calco dove Domenico tutt’ora riposa “… figlio delle Dolomiti accoppiò nell’animo le virtù della sua terra: gentilezza e delicatezza d’animo, prudenza congiunta a cavalleresco ardimento; il tutto nobilitato dalla grazia …”.
NELLE FOTO (sito”fronte dolomitico.it”, e Musal di Canale d’Agordo): padre Domenico De Rocco: il Museo Papa Luciani accanto alla parrocchiale.