di Renato Bona
Una targhetta, la numero 20, apposta con benemerita iniziativa del Rotary club Belluno nel 2015 per concorrere a far conoscere sia pure sinteticamente, persone e-o cose di quella che nel tempo è divenuta “Belluno città splendente”, era ed è riservata a Palazzo Secco, con questa illustrazione dell’edificio: “Edificio di impianto quattrocentesco, che si rifà ai modelli nobiliari maggiori, ancora caratterizzato da ampi frammenti dell’originaria decorazione a fresco della facciata, del primo ‘500. Preziosa testimonianza del ruolo sociale ed economico della comunità di Borgo Piave, dove aveva sede il porto fluviale cittadino”. Più diffusamente è scritto in “Belluno storia architettura arte” libro edito – nel giugno del 1984 per i tipi della bellunese Tipografia Piave – dall’Istituto bellunese di ricerche sociali e culturali presieduto dal prof. don Sergio Sacco, ed opera di don Gigetto De Bortoli (licenziato in storis ecclesiastica nel 1970 all’Università Gregoriana di Roma), Andrea Moro (architetto dal 1975 con studio a Belluno) e Flavio Vizzutti (laurea in storia dell’arte medioevale a Padova nel 1978 con successivo diploma di perfezionamento, insegnante e storico): “La costruzione dai lineamenti quattrocenteschi, si palesa dal punto di vista architettonico come una copia mediata da più insigni modelli ai quali si atteggia con una certa pretenziosità. E proprio da prototipi più illustri sono presi alcuni accenti stilistici che innegabilmente appaiono adoperati con armonia: le monofore con arco a tutto sesto, l’elegante terrazzo al piano nobile, i vani sotto-tetto che si ritrovano così ampi solo nelle dimore notabili dell’epoca”. Ma – viene sottolineato – l’accordo più melodioso si riscontra nel parametro policromo che decora la facciata” anche se “Purtroppo, il continuo dilavo delle acque, unitamente all’inevitabile usura del tempo, ha talmente consunto il manto pittorico tanto che ora si discernono con chiarezza soltanto alcuni brani, Le raffigurazioni sono disposte su tre registri divisi da una fascia con elementi decorativi simili a grottesche”. Ricordato che, stando alla leggenda, in questa abitazione sostava il podestà quando giungeva a Belluno per prendere possesso dell’alto incarico (Fontana-Vizzutti), il libro-guida di De Bortoli-Moro-Vizzutti propone una dettagliata descrizione delle opere pittoriche che erano inquadrate in una sorta di cornici specificando che “Allo stato attuale sono comprensibili solo la figura di donna vestita con un lungo abito di vago color rosso vinato, mentre suona la mandola, e una virile, sempre con medesimo strumento. La coppia è paludata con gli abiti in dotazione presso il ceto abbiente della società quattrocentesca; peraltro questo esempio è da reputarsi come una nota di non poco valore per lo studio dell’antico costume bellunese”. Ancora: “E’ integra, quindi di attendibile lettura, anche una figurina, sempre in affresco, raffigurante la Vergine assisa in trono con il Bimbo (stilisticamente non scevra di alcuni ricordi di matrice vivarinesca) abbastanza ben conservata perché dipinta sopra l’architrave dell’entrata centrale e protetta dal ripiano del terrazzino. Il piccolo brano è probabile opera – come peraltro tutta la decorazione – di un solo pittore con educazione artigianale, come si nota appunto nella figurina della Vergine”. Viene poi spiegato che le immagini “costruite con decisa forza volumetrica, tinteggiate con colori vivi, fanno presupporre una collocazione cronologica dell’affresco attorno ai primi decenni del ‘400. E’ l’opera di un aedo paesano che pensiamo – vista la totale mancanza della documentazione – si possa ben qualificare con il provvisorio appellativo di ‘Maestro della mandola’, nell’attesa di qualche più approfondito ragguaglio”. Infine: “Lo stato attuale della costruzione invoca un oculato restauro atto a rafforzare le strutture e ripristinare la primitiva – rustica – bellezza di almeno alcuni degli affreschi, proponendone anche qualche misura protettiva”. Concludiamo questa “rivisitazione” di Casa Secco di Borgo Piave con una notizia riportata da Vizzuti nel libro prodotto con Antonio “Toni” Fontana nel settembre 1980, sempre con la “Piave” (dove Fontana, un caro amico, lavorava – ndr.): “Attualmente il palazzo è proprietà del cav. Secco, discendente da una operosa famiglia di abili battirame, già provenienti da Sacile (Secco Gio. Batta fu Antonio nacque infatti a Sacile l’8 aprile 1779, si trasferì in Belluno in data da precisare ove sposò Somali Anna fu Felice; ebbero due figli: Pietro, 9 ottobre 1905, e Antonio, 26 febbraio 1811; Pietro continuò l’esercizio della professione paterna. Registro Parrocchiale, Cattedrale di Belluno”.
NELLE FOTO (Renato Bona e riproduzioni dal libro “1. Borgo Piave”. dello scomparso Antonio Fontana e di Flavio Vizzutti): vedute attuali della facciata di Casa Secco di Borgo Piave; la targhetta del Rotary club bellunese che sinteticamente illustra l’edificio; la foto di copertina: Girolamo Moech: “Veduta di Borgo Piave”, olio su tela 90×66; “Madonna e Bimbo in trono” affresco del secolo XV posto sotto il poggiolo; comignoli; facciata e particolari in bianconero; suonatrice e suonatore di “mandola”.