DI RENATO BONA
Proprio il giorno del novantacinquesimo compleanno, il 19 ottobre del 2016, era mancata nella sua abitazione di Belluno-Piazza Santo Stefano, Ester Riposi, nota fra l’altro come la “Partigiana Irina” o “La ragazza in bicicletta”. Vogliamo ricordarla perché, oltre ad essere stati amici (ospiti della sua abitazione di Roma; un lungo viaggio a Strasburgo per un impegno come esponenti entrambi dell’Associazione emigranti bellunesi; la bella festa a Castion per le onorificenze che erano state conferite a noi due e al comune amico Bepi Zanfron, il noto ed apprezzato fotoreporter del Vajont) eravamo e siamo, sinceramente ammirati per la storia di questa dinamica bellunese che, la maggiore di tre fratelli, era nativa di Villa di Villa (nel comune che allora era Mel ed ora Borgo Valbelluna) ma presto trasferitasi con la famiglia a Trichiana, paese della madre. Premesso che la notizia della sua scomparsa aveva suscitato profondo cordoglio, in particolare nel mondo dell’emigrazione per il quale molto si era spesa, vediamo di illustrarne la figura attingendo in particolare dall’ottimo libro “Piccole grandi storie di emigranti” che Ivano Pocchiesa Cno (purtroppo scomparso), Mario Fornaro ed Aduo Vio (quest’ultimo, emigrante in Germania, ha voluto dedicarlo a ricordo del padre Gino 1907-1979, che fu anch’egli emigrante – ndr.), hanno realizzato con Media diffusion editrice e l’agenzia Polaris nel dicembre del 1991(foto di Bepi Zanfron, Dario Fontanive, Renato Idi, Aldo Pellencin e degli autori). Il capitolo che le è dedicato si apre così: “Quante sono le storie degli emigranti inserite nella terribile vicenda della seconda guerra mondiale, dal 1940 al 1945? Ne prendiamo ad esempio una, emblematica, vissuta da una donna dal nome dolce, un nome che arriva dalla Russia, che richiama alla mente epopee di Alpini, campi di girasole nutriti di sangue italiano, infinite sofferenze dei nostri soldati sul Don, simboli come Nikolajewska, neve e tormente, morti e dispersi”. Quindi, il profilo di Ester che emigra per lavoro, come bambinaia, nel 1937, all’età di 16 anni, e resta nella Capitale per sei anni, fino al 19 luglio del 1943 quando la “Città santa” viene bombardata. Torna a casa e trova un altro lavoro nella zona di Vittorio Veneto, nella taverna gestita da una cugina della madre, il cui marito, è il socialista e antifascista Ferruccio Faggin (sarà vice sindaco di Vittorio Veneto dopo il 25 aprile della Liberazione) col quale collabora per aiutare gli sbandati ed i rifugiati, portando loro in Cansiglio “sigarette e cioccolato barattando con i tedeschi carne, fagioli e patate”. Diventa una staffetta partigiana che “si avventura sulle montagne con carichi di pane e armi, ed è stata comandante della sezione collegamenti con 33 staffette da smistare per i comandi della Brigata Nannetti e Garibaldi, VII Alpini, Comando di zona, missione Tillman. Partecipa anche ad un combattimento a Refòs di Limana e porta in salvo su un carro, nel cuor della notte, un compagno gravemente ferito, il padre di Oscar De Bona (già presidente della Provincia di Belluno ed oggi dell’associazione Bellunesi nel mondo, il quale firmava il saluto che apriva il volume, nella sua veste di presidente della Consulta veneta per l’emigrazione e, appunto, della Provincia). “Irina” partecipa alla liberazione di Belluno con “Rudy” (Decimo Granzotto, il primo sindaco di Belluno dopo la Liberazione) e fa da battistrada alla “Missione Tilman”. Finita nel 1945 la seconda guerra mondiale, la nostra ridiventa Ester e sogna di fare la maestra elementare, lavorando di giorno e studiando la notte, ma… a 25 anni è di nuovo alla ricerca di un’occupazione e guarda con interesse alla Svizzera come del resto moltissimi altri bellunesi. Rimase quasi due anni in un negozio di abbigliamento maschile a Lucerna quindi torna a Trichiana e grazie all’incontro con il senatore Attilio Tissi fu assunta dalla direzione del partito socialdemocratico e successivamente approda alla Camera come “giornaliera”, pagata cioè a giornata. Faticosamente salì o gradini del sociale diventando “contrattista” con incarichi al Parlamento europeo di Lussemburgo e, dopo, di Strasburgo. “In questa posizione andava un po’ meglio…”. E’ del 1967 la svolta: partecipa al concorso per tre posti di aiuto bibliotecario dove risulta prima degli interni: la mia vita – come ebbe modo di dire –si è capovolta, avevo per me, per mia sorella (sempre ammalata e che viveva con me a Roma) una certezza che fino ad allora non avevamo mai avuto”. Numerosi gli incarichi ricoperti in quel periodo: segretaria della sezione Anpi, dei Combattenti e reduci, presidente onorario del nucleo nazionale socialdemocratico di Montecitorio e dei sindacati di categoria. Nel giugno del 1977 il definitivo ritorno a casa con la quiescenza, impegnandosi tuttavia nel direttivo dell’Associazione emigranti bellunesi. Tra i ricordi che citava sovente, “il rapporto di stima e di amicizia con Pertini: “da presidente della Camera, frequentava la mia casa nel centro storico di Roma con la consorte Carla e con altri amici. Veniva per mangiare la polenta di cui era ghiottissimo… Il 6 ottobre 1978, già presidente della Repubblica, mi inviò un telegramma per annunciarmi: “Sono fiero di comunicarti che in data odierna ti ho conferito l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana”. E’ un telegramma che Ester-Irina conservava come una reliquia!
NELLE FOTO (riproduzioni da “Piccole grandi storie di emigranti”); la copertina del volume; Ester Riposi; gli autori del libro: Ivano Pocchiesa Cno, Mario Fornaro, Aduo Vio; ancora la partigiana “Irina” il giorno del settantesimo compleanno e a pronunciare il discorso per il 25 aprile al monumento alla Resistenza di Augusto Murer nella Piazza dei Martiri di Belluno; la Riposi con Giuseppe “Bepi” Zanfron e Renato Bona in festa per l’onorificenza ottenuta dai tre al merito della Repubblica italiana; gruppo di partigiane e partigiani durante una marcia di trasferimento in montagna; pubblicazione dedicata alle staffette-donne della Resistenza bellunese.