di RENATO BONA
Don Floriano Pellegrini, zoldano, ricercatore e storico, talvolta al centro di polemiche per certe prese di posizione controtendenza, “anima” del sito telematico “baliatodaicoi.altervista. org” ha proposto da tempo al grande pubblico un servizio su “Chiese cadorine 1846-1896” con cenno storico sulle chiese del Cadore sotto la Diocesi di Belluno, nel blog istituzionale del Baliato dai Coi (comunità morale tra i villaggi di Coi e Col, nella Val di Zoldo, storicamente sul confine tra il municipio romano di Zuglio Carnico nell’attuale Friuli e quello di Belluno nell’attuale Veneto) che “si propone di offrire documenti e immagini del suo Archivio storico di grande interesse, le sue pubblicazioni e alcune valutazioni sui principali fatti e movimenti di pensiero e d’azione contemporanei. Con quella che definisce “attenzione particolare alle Comunità storiche, ai Comuni, ai Domini collettivi, alla Patria Serenissima, secondo lo spirito dell’Ordine dei Templari, dei Baili del Vescovo-Conte di Belluno e della Chiesa madre di Aquileja”. In apertura dell’interessante servizio don Pellegrini richiama il fatto che “La domenica 4 gennaio 1847 si lesse in tutte le chiese cadorine l’annuncio che le medesime erano smembrate dalla Diocesi di Udine e aggregate a quella di Belluno”. Il provvedimento – si può leggere – era opportuno e tale fu riconosciuto dal governo d’allora, interprete, per quanto pare, del desiderio manifestato da autorità comunali ed ecclesiastiche; ma non sarebbe nel vero chi affermasse che il popolo cadorino abbia accolto con gioia simile notizia”. Il sacerdote zoldano ricorda quindi che “Il Cadore era stato ecclesiasticamente soggetto da secoli alla Chiesa Aquilejese, dalla quale avrà probabilmente avuto i suoi primi evangelizzatori; da quasi un secolo dipendeva dalla Chiesa udinese; il Cadore aveva avuto per molto tempo a Signori non solo spirituali, ma anche temporali, i Patriarchi d’Aquileja, e tra questi esso aveva accolto nel 1347, come un salvatore mandato da Dio, in suo Signore temporale e spirituale ad un tempo: il Beato Bertrando; e dal Mauria aveva veduti discendere in visita pastorale col corteo ed il decoro, da tanta dignità richiesto, per citarne alcuni, il Patriarca Francesco Barbaro nel 1592, Ermolao Barbaro nel 1604, Marco Gradenigo nel 1637, Dionisio Dolfin nel 1701, Daniele Dolfin nel 1736 e nel 1745; e dopo i Patriarchi gli Arcivescovi e i Vescovi di Udine: Bartolomeo Gradenigo nel 1763, Gian Girolamo Gradenigo nel 1772, Nicolò Sagredo nel 1790, e tre volte, cioè, nel 1820, 1827 e 1837 Emmanuele Lodi, che ebbe a suo Vicario generale un cadorino, Mariano Da Rù, il quale alla morte del Lodi stesso fu Vicario capitolare: due nomi, di cui dura ancora cara e venerata presso i cadorini la memoria”. Spiega poi che “Nel 1751 fu soppresso il Patriarcato d’Aquileja e diviso nei due Arcivescovati di Udine e di Gorizia”. E conclude: “Dunque naturalissimo, e non fa meraviglia, se il Cadore ha provato dispiacere nel distacco da una diocesi amata, a cui si sente legato da un vincolo d’affetto anche oggi dopo che mezzo secolo e tante cose vi passarono sopra”. Propone di seguito la parte essenziale della Bolla di smembramento emanata da Gregorio XVI in primo pontefice bellunese della storia: “… L’Imperatore d’Austria e re del Lombardo-Veneto, Ferdinando I, col mezzo del conte di Lutztow, messo straordinario presso questa Apostolica Sede, ci prega vivissimamente, a nome pure degli abitanti, di smembrare dalla Diocesi di Udine, e incorporare in quella di Belluno, tutte le parrocchie contenute entro quella regione, che un dì portava il nome complessivo di Distretto di Cadore, ed oggi Distretto di Pieve e di Auronzo. L’utilità, anzi la necessità, di tale provvedimento, è chiaramente dimostrata dalla distanza del Cadore dalla Sede Vescovile di Udine e dalla vicinanza alla Sede Vescovile di Belluno. Per codesto smembramento, a quanto ci fu riferito, si osserva che la Diocesi di Udine verrebbe a perdere soltanto 20 parrocchie, in cui vivono 32.930 abitanti, con 94 sacerdoti; e alla Diocesi di Udine, anche tolte le 20 parrocchie cadorine, rimarrebbero ancora 200, in cui si numerano 297.345 abitanti, fra cui circa 1100 sacerdoti. Al contrario la Diocesi Bellunese, considerata separatamente da quella di Feltre, colle 20 cadorine aggiunte, viene ad avere 63 parrocchie, 105 mila abitanti e circa 225 sacerdoti. Si osserva poi che da un lieve danno della Diocesi di Udine deriverebbero grandi vantaggi spirituali a quella di Belluno; e tra i primi quello che il Clero cadorino sarebbesi così potuto chiamare ad esercitare l’ufficio suo in tutta la Diocesi Bellunese; mentre nella presente condizione di cose, ciò non può agevolmente farsi nella Diocesi Udinese, a cagione del dialetto friulano prevalente in tutta la Diocesi di Udine, dialetto poco famigliare ai cadorini, quando per lo contrario il dialetto veneto, più o meno in uso in tutta la Diocesi Bellunese, è loro famigliarissimo. Per tutte queste ragioni, tutto ben ponderato, abbiamo stabilito di esaudire i desideri dell’Imperatore, assecondando in pari tempo, fin dove si può, quelli degli interessati. Perciò nella pienezza della Nostra Autorità stacchiamo dalla Diocesi di Udine, e uniamo a quella di Belluno tutte le parrocchie contenute entro i Distretti di Pieve di Cadore e di Auronzo insieme colle Chiese, Oratori, 3 Conventi, se per avventura ve ne fossero, Pii Istituti, Benefici regolari e secolari e finalmente Chierici, Sacerdoti e Religiosi con tutti gli onori, oneri, diritti e privilegi, e gli abitanti tutti di qualunque grado, ordine e condizione. .. Vogliamo che tutti i documenti, le fondazioni e le scritture che si riferiscono a’ luoghi e persone del Cadore sieno tolti dalla Cancelleria Vescovile di Udine e consegnati a quella di Belluno. All’uopo deleghiamo il Cardinale Jacopo Monico, Patriarca di Venezia, esecutore de’ Nostri Decreti e definitore assoluto, inappellabile di ogni questione che fosse per sorgere”. Questa Bolla è uno degli ultimi atti di Gregorio XVI, perché fu data da Roma il 30 aprile 1846, vale a dire, poco più che un mese prima della sua morte. L’atto di esecuzione fu steso a Venezia il 29, e pubblicato il 31 di quell’anno dall’esecutore designato dal Pontefice il Patriarca Jacopo Monico. Era allora Arcivescovo di Udine Zaccaria Bricito e Vescovo di Belluno Antonio Gava, il nome dei quali è ancora in benedizione presso i più vecchi Cadorini”. E quali erano le venti parrocchie accennate nella Bolla comprese nei Distretti di Pieve e di Auronzo, ovvero nell’Arcidiaconato del Cadore al tempo dello smembramento? Otto Pievi, due Parrocchie e dieci Curazie; accanto di ciascuna il nome del Pievano, del Parroco e del Curato corrispondente. Ecco il dettaglio: Pieve di Cadore, Pievano Anastasio Doriguzzi Arcidiacono del Cadore; Valle, Valentino Da Rù; San Vito, Francesco Da Rin; Domegge, Giandomenico Toffoli; Vigo, Dionisio Da Rù; Auronzo, Giuseppe Genova; Santo Stefano, Giambattista Zannantoni; Candide, Gio. Antonio Zardus. Le Parrocchie e i Parroci: Selva, Parroco Giambattista Tremonti; Pescul, Giovanni De Lorenzo. Curazie e Curati: Ospitale, Curato Giambattista Da Rin: Perarolo, Giacomo Talamini; Cibiana, Bartolomeo Belfì; Venas, Giambattista Zambelli; Vodo, Angelo Celotta; Vinigo, Angelo Marinello; Borca, Matteo Pampanini; Lozzo, Matteo Martini; Lorenzago, Olinto Da Val; San Nicolò, Valentino Martini. Ultima annotazione: gli abitanti erano 32 mila 930 e i sacerdoti 94.
NELLE FOTO (siti ilfriuliveneziagiulia.it, wikipedia, facebook, google): il sacerdote zoldano di Coi, don Floriano Pellegrini; il sito baliatodaicoi.altervista. org che riporta il servizio “Chiese cadorine 1846-1896”; le pievanali passate alla diocesi di Belluno: Pieve di Cadore; Valle; San Vito; Domegge; Vigo; Auronzo; Santo Stefano; Candide.