DANNI ANCHE PER MOLTE AZIENDE AGRICOLE e PER L’ECONOMIA CIRCOLARE
VENEZIA Con l’introduzione, da parte della Regione Veneto, del IV Programma d’Azione Nitrati[1], dall’1 gennaio 2022 gli Ammendanti Compostati con Fanghi (ACF) e i fanghi derivanti da processi di depurazione delle acque reflue non potranno più essere utilizzati come fertilizzanti in agricoltura, di fatto interrompendo una parte di quel percorso di economia circolare in cui il Veneto è leader. Questo comporterà un grave danno economico sia per le aziende pubbliche che si occupano della depurazione delle acque (le società multiservizi) sia per quelle private che lavorano i fanghi, producendo ammendanti compostati che poi cedono agli agricoltori; ma anche per questi ultimi gli effetti economici rischiano di essere pesanti; dall’anno prossimo, infatti, vi sarà meno disponibilità di compost e di conseguenza un maggior ricorso ai fertilizzanti chimici e ciò provocherà un forte aumento dei costi aziendali. Insomma, in Veneto la filiera del compost è a rischio, con il pericolo di far saltare uno straordinario esempio di economia circolare e di valorizzazione e trasformazione dei rifiuti. Ci sono delle ragioni ecologico-ambientali che hanno spinto la Regione Veneto a prendere questa decisione? Sebbene vi sia un regolamento europeo in tema di fertilizzanti che entrerà in vigore a luglio 2022, la nostra Regione ha interpretato questo regolamento in maniera molto restrittiva. Decisione che è stata fortemente criticata anche dall’ARPAV che, prima dell’approvazione del programma d’azione, in fase di consultazione pubblica, nelle osservazioni aveva invitato il legislatore regionale a non escludere gli ammendanti compostati con fanghi (ACF) dall’utilizzo in agricoltura. In Veneto le aziende private che producono ammendanti compostati, generano un fatturato annuo di oltre 40 milioni di euro, effettuano investimenti tecnologici innovativi e danno lavoro complessivamente a 100 addetti; lavoratori, molti dei quali, dal prossimo 1° gennaio rischiano il posto di lavoro. L’impossibilità di utilizzare questi ammendanti compostati in agricoltura, comunque, potrebbe “spingere” questi produttori di compost a cederlo agli imprenditori agricoli di altre regioni. Un’ipotesi che economicamente appare però non praticabile, visto che l’Ufficio studi della CGIA ha stimato un aumento medio di extra costi di trasporto all’anno di 3,8 milioni di euro e un incremento delle emissioni di gas ad effetto serra (responsabili del cambiamento climatico) derivanti dalla movimentazione di almeno 5 mila camion aggiuntivi per un totale di 10 mila viaggi in più l’anno. Per queste ragioni alcune imprese produttrici di ammendanti compostati con fanghi (ACF) hanno fatto ricorso al TAR del Veneto contro questo provvedimento regionale, fiduciosi che le loro ragioni saranno riconosciute dalla magistratura amministrativa.
“La complessità tecnica e la novità della materia – puntualizza Marco Marcello di Biocalos Srl che insieme ad altri produttori di compost hanno presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto – è stata prontamente riconosciuta dai giudici amministrativi che hanno fissato per il 24 febbraio 2022 la trattazione di merito del ricorso, aprendo quindi di fatto ad un confronto tecnico che getta anche le basi per un dialogo costruttivo tra produttori e Regione del Veneto”.
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