di Renato Bona
I cimbri, ma chi erano costoro? Secondo la libera enciclopedia Wikipedia “costituiscono la minoranza etnica e linguistica attualmente stanziata in pochi centri sparsi nell’area montuosa compresa tra le province di Trento (Luserna), Vicenza (altopiano dei Sette Comuni, in particolare Roana) e Verona (Tredici Comuni, in particolare Giazza). Una minuscola isola cimbra, di origine più recente, si trova inoltre sull’ altopiano del Cansiglio nelle province di Belluno e Treviso). Benché il loro idioma distintivo, la lingua cimbra, sia ormai in forte regressione e parlato solo da una sparuta minoranza, i cimbri possono comunque essere considerati un gruppo etnico a sé stante con usanze e tradizioni derivate dalla loro ascendenza germanica. La maggioranza della comunità scientifica vede negli attuali cimbri una diretta discendenza da popolazioni di origine bavarese meridionale che nel medioevo migrarono dalla zona dell’Ammersee e del lago di Starnberg nel Veneto nord-occidentale e nel Trentino meridionale. Questi cimbri si diffusero inizialmente sull’Altopiano dei Sette Comuni e da qui anche in Lessinia, nella zona orientale del gruppo del Monte Baldo e sui vicini Altopiani di Folgaria, Lavarone e Luserna. Lo scomparso maestro Mario De Nale col Centro sociale di educazione permanente di Tambre in coedizione con Pool Industriale Chinol, aveva dato alle stampe (settembre 1984, tipografia Piave di Belluno) le oltre 250 pagine del libro “Cansiglio ‘Terra Cimbria’” con presentazione di Angelo Foletto, presidente dell’Azienda regionale delle foreste del Veneto. Una pubblicazione di grande interesse, dove c’è davvero di tutto: da posizione e clima alla geologia, geografia e geomorfologia, dalle prime civiltà ai terremoti, dalla flora e fauna a: segherie, caselli, vivai; propone quindi una “cavalcata su cime incantevoli” suggerendo itinerari ed escursioni da Piancavallo, per soffermarsi poi su: viabilità, dominazioni e dipendenze, affittanze, la girandola degli usurpi, l’affrancazione dei diritti d’uso, le riserve naturali e i musei, turismo, agricoltura, il Giardino alpino; senza trascurare il periodo florido della Serenissima, il corpo dei “Remeri e degli Alberi”, la zattera e le condotte del legname, le date significative, la casa “haus” cimbra del Cansiglio, la”Huta” (capanna laboratorio), il “Pojat” (una sorta di montagnola creata con scarti della lavorazione del legno, per produrre carbone); ancora: gastronomia, storia e peripezie dei cimbri del Cansiglio, cultura e casati, stemmi e suggelli, discendenze, la messa in cimbro e – argomento del quale ci occupiamo in questa occasione – la nascita di nuovi villaggi. Nella seconda edizione del volume De Nale ha riservato un ponderoso capitolo a “I cimbri del Cansiglio e i loro insediamenti” ricordando che “La fantasia di molti vorrebbe far risalire il primo insediamento cimbro nella foresta ai primi anni del 1700 (Il Trame aveva indicato la data dell’anno 1707)… c’è qualche vecchio che vorrebbe far risalire l’origine dei residenti cimbri a tre fratelli Azzalini dei quali uno, detto ‘Ferro’, sarebbe stato prete; qualcuno afferma che i primi arrivati fossero quattro fratelli Azzalini. Sono tutte favole; v’è tuttavia un elemento importantissimo nel quale sono tutti concordi, la provenienza: i cimbri del Cansiglio provengono tutti da Roana, uno dei sette comuni cimbri dell’altipiano vicentino. Ed eccoci ai nuovi insediamenti, propiziati da varie ragioni, in primo luogo il miglioramento della condizione sociale. Ancora De Nale: “Il 1887 è l’anno dell’esodo da vecchi villaggi per volgere ad altri migliori lidi vicini alle strade o più ricchi di forniture di faggi, dove costruire la nuova dimora. Così sorgono i nuovi villaggi”. Vediamoli: quello di CAMPON ad opera, nel 1869, di Clemente Azzalini, classe 1840, morto proprio a Campon nel 1915, che costruì il primo casone. Fu considerata una pazzia, la sua, per la mancanza di acqua in una zona battuta dalle bufere, ma poi molti cambiarono idea quando proprio davanti al casone passò la nuova strada, con i benefici che ne conseguirono… LE ROTTE: fu fondato da Pompeo Azzalini, nipote del capo tribù Girolamo. Il villaggio sorge all’imbocco del vallone di Vallorch, nel versante ombroso di Col Dar dove il bosco segna il confine col pascolo sottostante. PIAN DELL’OSTERIA: fondatori ne furono nel 1887 i fratelli Eugenio e Cristiano Azzalini detti Pertile, assieme al cugino Pompeo. Le prime case furono costruite utilizzando tavoloni ancora in buono stato, tratti dai vecchi casoni appositamente disfatti. VALLORCH: il maestro De Nale scriveva che: “E’ il villaggio più rappresentativo del tipo edilizio cimbro-allemannico; sorge in una radura del declivio nord del vallone di Vallorch e la scelta fu fatta da Vigilio Azzalini per la buona qualità e la quantità di faggi che c’erano nel luogo e nei dintorni. Fu fondato dai fratelli Azzalini: Vigilio (7.10.1819), Celeste (1813) e Antonio (1826) figli del capo tribù Pietro e di De Conti Anna Maria nata il 3.2.1831. Nel 1887 essi disfecero il vecchio casone di Val Bona e con i tavoloni utilizzabili ed altri fatti di proposito costruirono la nuova casa”. CANAIE: sorge sulla strada Vivaio-Campon, a circa 300 metri da Vivaio; fu fondato da Gandin Costantino Giovanni, figlio di Luigi e di Cristina Signori, sposato con Maria Luigia Gandin; a loro si unirono i figli Amadeo, Luigi e Emma (il primo costruì una propria casa tutta in legno sul posto dove ora c’è il villaggio, e una osteria sul ciglio della strada dove ora c’è la fontana; per Luigi costruì una casa tutto muro a circa 20 metri dall’osteria, e per Emma una tutto legno, allineata con le altre due lungo la strada. COL FORMIGA e AL SASS . Nel 1887 i fratelli Azzalini (Costanzo e Innocente Arcadio, lasciarono Pian dei Lovi per trasferirsi a Ca Formiga, sulla destra della strada in direzione di Pich dove aprirono anche un’osteria. Da Canaie si trasferì invece nella località Al Sass di Sant’Anna Timoteo, figlio di Nicolò Slaviero e nipote del capo tribù Giacomo. La serie dei trasferimenti si conclude con PICH dove due case, le prime, furono edificate nel 1820 dai fratelli Giovanni e Matteo Bonato. Quella del primo con tetto a scandole come tutte le altre del Cansiglio, quella di Matteo coperta invece a “stele”. Nel 1854 costruirono casa anche Celeste Bonato, marito di Teresa Zanette, e Luigi Bonato, sposato con Maria Padovan. Pich divenne villaggio di un certa consistenza sia per numero di case come per abitanti, nel periodo del grande esodo dai vecchi villaggi di Canaie, Val Bona e Pian dei Lovi, allorché vi giunsero Gandin Pergentino di Eugenio, marito di Slaviero Felinda;Azzalini Giuliano di Ludovico, marito di Ciprian Giacoma; Azzalini Battista Lodovico, marito di Gandin Amalia di Eugenio; Gandin Angelo di Eugenio, marito di Smaniotto Erminia, Azzalini Costanzo, Azzalini Innocente e i carbonai Brandalise Abramo e Tiepo Angelo.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di Mario De Nale: “Cansiglio. ‘Terra Cimbria’”): il villaggio di Campon nel primo, secondo ( con la “ferrettina” a rotaie per la condotta del legname da Pian Rosada a Palughetto) e terzo periodo; il villaggio Le Rotte nel primo e secondo periodo; il villaggio di Pian Osteria nel primo, secondo e terzo periodo; villaggio di Vallorch nel primo, quarto, quinto e settimo periodo (con casone di tipo edilizio “villereccio” allemannico); villaggio di Canaie nel primo (da sinistra l’Osteria di Costante Gandin, la casa del figlio Luigi e quella della figlia Emma alla finestra), secondo (ancora la casa di Gandin col quale convive il figlio Amedeo; l’osteria e quella di Luigi ed Emma) e terzo periodo; villaggio di Pich nel primo, secondo e terzo periodo.