di Gianni Santomaso
AGORDO «Come egli abbia potuto, all’inizio del suo brevissimo pontificato, con l’immaginabile gravoso impegno e le preoccupazioni proprie di un Papa, ricordarsi della chiesa di Agordo e mandare una così cospicua somma per le sue necessità, resta per me, ma credo non solo per me, una sorta di “mistero” che ancor oggi mi appare non facilmente spiegabile». Nel vasto florilegio di eventi e di emozionanti ricordi che stanno accompagnando i fedeli a Roma e a Canale per la beatificazione, da parte di papa Francesco, di Giovanni Paolo I, Albino Luciani, il papa agordino, che avverrà domani, Loris Santomaso, cultore della storia agordina, aggiungere un significativo momento rimasto impresso nella sua memoria. «Il 7 settembre, dodici giorni dopo la sua elezione a Sommo Pontefice – ricorda Santomaso – dalla segreteria di Stato vaticana giungeva al vescovo di Belluno la seguente lettera, a firma del sostituto monsignor Caprio: “Sono lieto di significare all’Eccellenza vostra che il Santo Padre ha destinato a Mons. Lino Mottes, arcidiacono di Agordo, per la ricostruzione della Chiesa Parrocchiale, la somma di dieci milioni di lire. Quest’atto di paterna liberalità è una eloquente testimonianza dell’affetto che il Papa nutre per la Sua terra cui va oggi più intenso il pensiero”. Seguiva la “particolare Benedizione Apostolica impartita di cuore a lui e ai fedeli di Agordo”. Si seppe poi che erano i proventi della prima edizione inglese del suo libro “Illustrissimi”». Un fatto eccezionale che per Santomaso si può spiegare con l’amore che Luciani provava per la chiesa, quella di Agordo, a cui aveva offerto le sue primizie pastorali, come cappellano, negli anni 1935-37. Un fatto che aveva avuto un’anticipazione il 29 giugno 1978 quando, da patriarca di Venezia, il futuro Giovanni Paolo I venne ad Agordo per la celebrazione dei santi Pietro e Paolo, patroni di Agordo e dell’Agordino. Fu la sua ultima visita alla terra natale. «Accogliendo l’invito dell’allora arcidiacono monsignor Lino Mottes e dell’avvocato Nello Ronchi, presidente del Comitato appena costituito per il grande restauro della chiesa – rammenta Santomaso – era venuto proprio nella festa patronale dei Santi Pietro e Paolo, per benedire e inaugurare l’inizio dell’imponente opera durata dieci anni. Ricordo ancora la memorabile omelia pronunciata nell’arcidiaconale gremita di fedeli durante il solenne Pontificale, concelebrato assieme all’allora vescovo Ducoli, a monsignor Mottes e al clero agordino, esordendo con questa espressione: «Entro con commozione in questa chiesa che ho tanto amato… allora non c’era l’organista e l’arcidiacono Cappello mi obbligò a suonare l’organo. Vedendo oggi la suora all’armonium, comprendo che l’organo è guasto e mi viene il rimorso di essere stato io la colpa, perciò io debbo fare un’offerta per primo per riparare i danni e sentirmi la coscienza a posto». Per “riparare ai danni fatti all’organo quando era cappellano di Agordo”, Luciani fece subito un’offerta di un milione di lire. «Fu una prima sorprendente concreta conferma del suo profondo amore e della sua grande generosità verso la propria terra – conclude Santomaso – a cui poco più di due mesi dopo se ne sarebbe aggiunta un’altra».
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