di RENATO BONA
Dopo la presentazione di Franca Bimbi docente di sociologia della famiglia all’Università di Padova e presidente della Commissione regionale per la realizzazione delle pari opportunità tra la donna e l’uomo, sulla quale ci siamo soffermati nel precedente servizio, torniamo sul libro “di donna in donna il quotidiano femminile nel Cadore di ieri” realizzato nel luglio 1993 dall’Azienda di promozione turistica Valboite-Cadore (fotocomposizione Aquarello, stampa tipografia Tiziano di Pieve di Cadore). E, grazie ad un pregevolissimo brano tratto da “La guerra in Valle del Boite”, autore Mario Ferruccio Belli, tipografia Tiziano 1991, cerchiamo di capire come era la situazione del mondo femminile che, fin dall’inizio del contributo di Belli, appare spesso drammatica : “Nascere donne in Cadore era una grande jattura… al momento della nascita di una femminuccia, il padre nascondeva difficilmente la sua amarezza… se non moriva presto, la piccola trascorreva la sua infanzia come un animaletto domestico…”. Belli scrive: “Quando cominciava ad essere signorina, età a cui giungeva senza nessun trattamento di favore per il suo sesso debole, si ritrovava davanti a una massa, sempre crescente, di incombenze: badare ai fratelli più piccoli, cucinare, lavare, filare, tessere, rammendare”. E nella campagna “doveva lavorare come i maschi: falciare, portare fieno, raccogliere le patate, mietere, guidare le vacche all’aratro” e spesso le donne dovevano anche reggere l’aratro, tagliare i tronchi, portarli con la pesante slitta alla segheria perché i fratelli o i mariti erano emigrati. Lo scrittore ricorda quindi che a molte vecchiette orfane “toccava affrontare lavori veramente pesantissimi. Ma anche quando gli uomini erano in casa la giornata non presentava pause”. Vediamo perché: “Al mattino la donna si alzava prima dell’uomo. Levatasi, faceva una sommaria toeletta con l’acqua fredda di un catino o del secchio appeso all’armadio, giacché nessuna casa aveva l’acqua corrente. Se la sera si era scordata di attingere alla fonte o al pozzo, doveva farlo al mattino, anche d’inverno, anche con la temperatura sotto zero. Subito dopo c’era il fuoco da ravvivare, operazione laboriosa, fatta di pazienza e forti polmoni… Appena il fuoco scoppiettava la donna non poteva arrestarsi perché incombeva la colazione per gli uomini: sfarinati, minestre, polente e patate, tutti cibi che richiedono tempo. E mentre gli uomini facevano colazione, lei doveva correre dai bambini, lavarli vestirli, imboccarli; nel frattempo si presentava anche ‘la parona de ciasa’, la sposa vedova più anziana, la sola ad avere le chiavi della dispensa; dove tutto era gelosamente custodito sotto chiave, in particolare lo zucchero, il formaggio, il pane e i condimenti. Ancora Mario Ferruccio Belli: “La ‘parona’ tratte di sotto le grandi gonne di mezzalana le chiavi dell’armadio, divideva un pane in parti uguali per gli uomini mentre le porzioni delle donne erano più piccole. Quella razione doveva servire per tutta la giornata”. Quindi, consumata la colazione, cominciavano i lavori nella stalla: pulire le lettiere, foraggiare le bestie spesso assai numerose, abbeverarle portando loro l’acqua nei secchi di legno pesantissimi… quindi veniva la mungitura e, dopo, la distribuzione dell’ultima bracciata di foraggio preparato fin dalla sera precedente, tornava a casa. E quando funzionava la latteria occorreva portare il latte per la lavorazione: lunghe camminate con i secchi appesi al giogo, per strade sconnesse, spesso innevate, quasi sempre al buio. E quando la latteria era chiusa occorreva lavorare il latte in casa, sbattendolo a lungo nella zangola di legno per cavarne un po’ di burro e il latticello con cui cuocere la ricotta. D’estate, quando le bestie erano all’alpeggio fervevano i lavori della campagna, il più noioso dei quali era l’allestimento del foraggio: falciare, sparpagliare, rigirare, seccare, rastrellare, raccogliere, portare a casa nei lenzuoli di tela o sui caratteristici carri legati con le funi… Sul mezzodì si doveva allestire la tavola per il cibo, di norma polenta… Gli uomini, tornati a casa, forse accudivano alla stalla, ma spesso si riposavano in quieti conversari seduti sulla panca davanti alla loro casa. “Intanto le donne si indaffaravano per la cena: nuovamente attingere l’acqua, accendere il fuoco, dar da mangiare ai ragazzi, poi agli uomini, quindi buttar già un boccone. Subito dopo era necessario mettere a letto i bambini, sparecchiare, fare il secchiaio: l’operazione, senza l’ausilio di alcun detersivo, era assai improba; gli ingredienti? Un pugno di sabbia, qualche scaglia di sapone e molto ‘olio di gomito’. Gli uomini si ritiravano nella ‘stua’. Terminate le faccende in cucina, raccolto il fuoco nel focolare e coperto di cenere, ci andava pure la donna. Se era giovane e da marito l’attendeva spesso un pretendente. Ma non poteva dedicargli troppa attenzione, perché quasi sempre la ‘parona’ aveva pronto per lei qualche altro lavoretto: mucchi di stoppa da filare, lana da scardassare, tele da tessere, piccoli ricami, eccetera. Fino a che, con gli occhi rossi per la stanchezza e per la fioca luce del lune a olio di canapa, la sua resistenza fisica si piegava. Allora, chiesto il permesso alla ‘parona’, poteva andare a letto, senza aver omesso le rituali orazioni”. In conclusione Belli si chiede se quelle donne di allora – cui restavano la Chiesa, la religione, le pratiche devote, le processioni, i rosari, la dottrina, i vesperi… , con le cadorine che trovavano nella fede, e soltanto in quella, il compenso per i sacrifici e le privazioni di cui era intrisa la loro giornata quotidiana, e dai sacerdoti ricevevano consigli di moderazione, parole di conforto e di pazienza, e solo così si può spiegare la loro meravigliosa e serena sottomissione – fossero felici e risponde: “Probabilmente sì, anzitutto per il fatto di essere sopravvissute.. Infatti molte morivano, magari giovani, di parto, di stenti, di privazioni; altre ringraziavano la Provvidenza di aver lasciato loro il marito accanto, fino alla tarda età” dato che “la vedovanza era la disgrazia maggiore”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “di donna in donna” dell’Apt Valboite Cadore): cucire, controllare il bimbo, nutrire le galline…; al pascolo col bestiame; il foraggio è raccolto!; diretti alla stalla; la sartoria? Non se ne parla…; passeggiata in centro; un bel gruppo di famiglia; fumare? Perché no…; lavori domestici e attenzione ai bimbi; pausa per scambiare due parole; momento di relax; il bimbo si rinfresca e beve; gerle piene di foraggio; eppur si zappa…; tempo per due chiacchiere; gruppo al femminile!