di RENATO BONA
Qualche giorno fa il quotidiano bellunese Corriere delle Alpi ha pubblicato, a firma di Francesco Dal Mas, un servizio con l’annuncio che Regione Veneto e Provincia di Belluno hanno affidato a Rfi (Rete ferroviaria italiana) l’incarico per l’elaborazione del progetto per il “Treno delle Dolomiti”, di studiare un’ipotesi di collegamento tra Belluno e l’Agordino e di ipotizzare un braccio ferroviario tra Calalzo ed Auronzo, sempre con l’obiettivo di disincentivare il traffico su gomma verso le Dolomiti. In sintonia con quanto espresso nell’occasione dall’assessore veneto alle infrastrutture e trasporti, Elisa De Berti, il presidente dell’Amministrazione provinciale di Belluno, Roberto Padrin ha ribadito un concetto a lui caro: “La mobilità sostenibile è il nostro futuro. Avanti tutta, dunque, con l’infrastrutturazione ferroviaria del Bellunese, senza dimenticare il collegamento tra Feltre e Primolano”. Confidando sinceramente che l’importante notizia abbia seguiti concreti e, per quanto possibile, solleciti, torniamo sul libro “Belluno. La crisi dei vagoni” che Marcello Rosina ha scritto corredandolo di ottime immagini della collezione di Benito Pagnussat, edito nell’agosto 1998 dalla tipografia Tiziano di Pieve di Cadore. Lo facciamo perché nelle primissime righe della presentazione l’autore ricorda che “La storia delle tratte ferroviarie in provincia è sempre stata scritta con tanta speranza: non sempre si è potuto tramutarla in realtà. Una storia che parte dal lontano 1838 quando don Natale Talamini, spirito lungimirante, ipotizzava ed assecondava il progetto di una strada ferrata in terra bellunese…”. In un recente servizio ci siamo occupati dell’ipotizzata tratta Belluno-S. Ubaldo-Susegana, originata dal progetto di massima firmato dall’Unione esercenti, commercianti ed industriali di Belluno e datato 1914 “e rimasto inconsolabile nel cassetto di qualche scrivania”. Anche la linea che doveva portare da Feltre al Brenta – ricordava Rosina – ebbe una storia molto travagliata: si partì con un progetto nel 1896 e dopo vari tentativi (otto), questa percorrenza risulta essere ancora catalogata nella serie delle pie illusioni”. E aggiungeva: “Sembrava godere di più fortuna la linea Villa Santina-Cadore-Toblach, ma dal 1920, epoca in cui ci si mosse ed allertò, tutto il Comelico e la parte a nord di Calalzo sono costretti ad aspettare”. Concludeva questa mesta esposizione di opere mai decollate, scrivendo: “Si può parlare giustamente di crisi dei vagoni, crisi che rimane sempre viva, in provincia di Belluno… All’inizio del secolo tutta la provincia, condensata nei suoi agglomerati urbani offriva istantanee che ora fanno annebbiare il ricordo nella nostalgia”. E citava: “L’ultimo sussulto in materia ferroviaria” che “si ebbe nel 1952, quando si prospettò, viste le ormai vicine Olimpiadi invernali del 1956, la tratta Calalzo-Auronzo-Cortina-Val Marebbe. Di quest’ultima idea rimane solamente il piano sulla carta”. Ed ora, sia pure in sintesi, vediamoli questi progetti rimasti tali. Ferrovia da Feltre al Brenta: premesso che unire Venezia con la Valsugana con un tratto di ferrovia da Primolano a Feltre “risulta più spedito ed economico che non con la Primolano.-Bassano-Mestre”, giudizio espresso nel 1896, Marcello Rosina rammenta che la tratta, tanto sospirata e sofferta, il cui progetto ebbe varie tappe, ben otto: 1909, 1911, 1913, 1914, 1916, 1921, 1944 e 1946 “costituirebbe un nodo di particolare importanza poiché, oltre ad allacciare le due valli del Brenta e del Piave, ripristinerebbe le antiche vie del commercio tra il Bellunese ed il Trentino”. Poi, l’autore riporta un passo di quanto ebbe a scrivere don Bruno Bersaglio in “Il treno per le valli del Bellunese”, tipografia Piave di Belluno, 1975: “Oggi, dopo tanti anni di situazione immutata, anzi aggravata, un senso di cupa tristezza ci coglie nell’animo quando scendendo da Rocca a Cismon, è dato vedere al di là della valle i restanti solchi e trafori di un percorso che mai venne e che corre rischio di non esserci mai”. Alla Belluno-S.Ubaldo-Susegana abbiamo già dedicato un servizio sul progetto del 1914 mai realizzato. Leggiamo quindi Rosina, e siamo al 1920, per sapere qualcosa della Villa Santina-Cadore-Toblach per la quale vi fu l’adesione della Camera di commercio di Udine, dei Comuni Cadorini di Auronzo, Lozzo, Domegge, Vigo e Lorenzago, oltre ad altri contermini della Carnia. La linea avrebbe interessato anche Sappada, San Pietro e Santo Stefano, San Nicolò, Danta e Comelico Superiore. In un ordine del giorno del 21 dicembre 1920 si sosteneva fra l’altro la necessità “Che la linea già costruita Calalzo-Belluno sia gradualmente riformata e migliorata nelle curve e nell’armamento in modo che si possa ben affermare che la direttissima avrà per obiettivo non solo Trieste, ma ben anche Venezia” e si auspicava che: “Data l’attuale disoccupazione e le persistenti difficoltà per l’emigrazione si dia mano senza indugio alla costruzione del primo tronco Villa Santina-Ampezzo, il cui progetto è quasi pronto anche nella parte esecutiva, e completo sul terreno fino a Vigo di Cadore, e si dia pure sollecita esecuzione al tronco Calalzo-Lozzo il cui progetto è già preparato”. Non è finita perché c’è anche la Calalzo-Cima Gogna per la quale l’autore del libro scrive: “Era impressionante, pericolosa e dannosa la soluzione di continuità esistente fra l’Alto Adige, Bellunese e Friuli: l’Alto Cadore, con la zona del bacino del Piave a monte di Calalzo, non percorso da alcuna ferrovia, poteva considerarsi come isolato dal resto d’Italia” e ricorda che la costruzione del tronco Calalzo-Lozzo fu decretata ancor prima della Grande Guerra ma i 12 chilometri previsti non toccarono mai Vallesella, Domegge, Lozzo, Pelos ed il caseggiato di Cima Gogna. Infine la ferrovia Calalzo-Auronzo-Cortina-Val Marebbe-Brunico, con la necessità della costruzione della nuova ferrovia a scartamento normale che “si ricollegava al fatto che esisteva una lacuna da colmare nelle comunicazioni ferroviarie delle Dolomiti”. Dell’attuazione del progetto si fece promotrice nel 1952 la Camera di commercio, industria ed agricoltura di Belluno che in un documento escludeva l’ipotesi di un tracciato tra Calalzo e Cortina attraverso la Valle del Boite “servita da tempo con carattere quasi tramviario dalla Ferrovia delle Dolomiti, che dovrebbe prossimamente essere migliorata: una nuova ferrovia normale o dovrebbe ignorare quasi tutti i numerosi paesi lungo il Boite, o costretti tra la ferrovia ridotta e la strada, assumerebbe un andamento non confacente ad una linea destinata al traffico internazionale”. Per motivi tecnici veniva escluso pure un allacciamento di Cortina con Dobbiaco attraverso Podestagno e Landro, “presso a poco un doppione con l’attuale ferrovia ridotta; né maggiore fortuna potrebbe avere un allacciamento diretto di Cortina con Villabassa attraverso la Valle di Braies che, tra l’altro, importerebbe la costruzione di una galleria di oltre 12 chilometri”. Che storia!…
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Belluno la crisi dei vagoni”): cartolina con scorci di Fonzaso e Feltre; panoramica di Mare e San Pietro di Cadore; quella di Santo Stefano; e quella di Costalta; non poteva mancare un panorama di Danta; dintorni di Candide di Comelico Superiore; Ponte Molinà e le Marmarole; panoramica di Domegge; contrada principale di Lozzo; nei pressi dello stabilimento climatico-balneare di Gogna; cartolina per un saluto da Gogna; ancora Gogna col Parc Hotel; panoramica di Auronzo; località l’Argentiera sempre ad Auronzo; Cortina; cartolina spedita da Cortina il 4 agosto 1902.