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“REQUIEM”
Anima, perduta anima, cara,
io non so come chiederti perdono,
perché la mente è muta e tanto chiara
e vede tanto chiaro cosa sono,
che non sa più parole, anima cara,
la mente che non merita perdono,
e sto muta sull’orlo della vita
per darla a te, per mantenerti in vita.
Oh padre padre, patria del mio cuore,
che per tanto tempo solo col tuo male,
per giorni e giorni e notti di terrore,
come una in una sequenza cerebrale
ti vedo, solo, solo, e senza amore,
annegare tacendo nel tuo male
tra chi non sa capire, e non sa amare
Che ore nere devi aver passato,
ore per dire anni, dire vita,
fino a questo novembre disperato
di vento freddo, di fronte ingiallita,
padre ingiallito come fronda al fiato
di tutto il vento freddo della vita,
dell’amore frainteso e dissipato,
dell’amore che non ti è stato dato.
Oh padre padre che conosco ora,
soltanto ora dopo tanta vita,
ti prego parlami, parlami ancora:
io fallita come figlia, fuggita
lontano un giorno, e lontana da allora,
non so niente di te, della tua vita,
niente delle tue gioie e degli affanni,
e ho quarant’anni, padre, ho quarant’anni!