di Claudio Pra
Questo mio pensiero non intende essere contro il turismo, mi rendo conto che è un settore di primaria importanza per l’economia della nostra provincia. Inoltre ho molti amici tra gli ospiti che frequentano le Dolomiti Agordine e riconosco che molti di loro amano e rispettano la montagna magari più di qualche locale. Però sempre più spesso “assalto alla montagna” ritengo siano la parole corrette da usare in certi periodi dell’anno che si estendono sempre di più. Per qualcuno è un fatto positivo, per me no di certo, perché gli assalti portano inevitabili danni. Ma più che dell’assalto, quest’anno amplificato dall’emergenza pandemia, sono preoccupato da un certo tipo di idea di sfruttamento della montagna che si sta facendo largo. Soprattutto sono preoccupato dell’estensione ad un certo tipo di turismo, della montagna più selvaggia, più vera, più incontaminata, spesso grazie anche al proliferare di gruppi nati recentemente su FB, non sempre gestiti da locali, che svela angoli di Dolomiti finora rimasti integri per la scarsa frequentazione. Io stesso per un periodo ho creduto nella condivisione, ricredendomi però amaramente ed ora evitando di postare su gruppi pubblici riferimenti e foto di posti o percorsi solitari e particolari. Sembrerebbe egoismo ma non lo è, direi piuttosto che si tratta di legittima difesa. I luoghi di cui parlo, che per fortuna spesso si proteggono da soli grazie alla loro natura selvaggia e brutale, sono stati svelati da veri amanti delle montagne e tenuti gelosamente segreti ai più, tramandati solo ad altri appassionati fidati e rispettosi, quasi fosse un eredità preziosa. Molti di quei posti li ho conosciuti e frequentati proprio in questo modo, oppure affidandomi alla ricerca di poche informazioni, all’ intuito, alla voglia, alla determinazione. Quei luoghi, a mio parere, vanno “conquistati” da chi è realmente interessato e motivato a farlo, da coloro che da anni dimostrano di meritarli frequentando la montagna con amore, rispetto e sacrificio, acquisendo man mano esperienza e capacità, doti queste ultime spesso fondamentali per frequentarli in sicurezza. Quei luoghi non vanno svenduti, men che meno ai fighetti esibizionisti di turno in cerca di performance e di selfie o peggio ad incapaci che non capiscono nemmeno cosa vanno ad affrontare, lamentandosi del sentiero scomodo, dei tratti troppo esposti e non attrezzati, della mancanza di segnavia. Questa e altra gente, come quella dei fazzoletti e delle carte di barrette energetiche gettate a terra, quelli che in montagna ci vanno perché va di moda, quelli che non hanno mai letto un libro che ne parla ma la conoscono solo grazie ai social e alla foto d’effetto. Tutti pseudo-alpinisti che non meritano quei paradisi, non hanno capito nulla e non vanno aiutati. La “montagna per tutti” , pur con le sue deformazioni, è giusto che esista ma è un’altra montagna. Preserviamo quella per “pochi”, che però è democraticamente aperta a tutti quelli che vogliono fare quel passo in più. Proteggiamola prima che si trasformi in un parco avventura, in qualcosa che non ha niente a che fare con la tradizione e il passato, che sono a mio avviso anche il futuro.