L’OPINIONE
di Claudio Pra conduttore “Montagna nel cuore, 360 gradi di passione ad alta quota”.
Rispetto e cultura per una montagna diversa
Con l’apertura ufficiale di tutti i rifugi parte per la grande maggioranza degli escursionisti la stagione estiva 2019 che sarà segnata dalle profonde ferite lasciate da Vaia. Ma per stavolta l’argomento non è il catastrofico evento e le sue conseguenze. In questa occasione parliamo di rispetto e cultura per una montagna diversa. Non sono nessuno per dettare delle regole, sia chiaro, ed infatti le mie sono riflessioni ispirate, almeno spero, dal buon senso e dalla mia etica dell’andare per monti, che penso sia quella di tanti altri appassionati. Quelle che dico potranno anche sembrare cose banali, superflue, già sentite, eppure chi frequenta l’ambiente montano sa che sono le problematiche reali con cui si fa i conti, che mi piacerebbe venissero periodicamente discusse per sensibilizzare quante più persone possibile. La montagna va (andrebbe) accostata con rispetto e almeno un minimo di cultura. Sulla mancanza di rispetto è molto più difficile agire, perché si entra maggiormente nel personale, mentre sulla cultura i margini sono più ampi. Le due cose vanno però a braccetto e latitano in molti, troppi casi. Lo si nota chiaramente su sentieri e luoghi battuti dalla massa, ma raramente coinvolge persino chi è ritenuto il “vero” appassionato, magari solo perché è un assiduo frequentatore. Ovviamente lo spirito con cui ci si immerge nella natura fa la differenza e questo fa parte del nostro essere. Difficilmente se ho rispetto e sensibilità getto a terra rifiuti, ed è una condotta che adotto in qualunque posto mi trovi, che sia in mezzo al bosco o in centro città. Ma non è solo una questione di rifiuti, è tutta una serie di comportamenti che lasciano allibiti e che fanno capire come la possibilità di vivere un’esperienza diversa e fantastica venga sprecata se accostata con la mentalità sbagliata. Parlavo qualche riga fa di rifiuti, che ovviamente sono la prima cosa che balza all’occhio. Trovarli sui sentieri e sulle cime è avvilente ed è l’indice del degrado mentale e culturale di chi li ha gettati a terra. Cos’hanno a che fare costoro con l’ambiente che hanno frequentato? Cosa si portano a casa? solo il selfie di cima? Tra i vari rifiuti spiccano i fazzolettini, quelli per soffiarsi il naso. Se ne trovano in abbondanza e l’impressione è che spesso vengano gettati perché ritenuti biodegradabili. Già, ma dopo quanto tempo si dissolveranno, sempre che siano totalmente degradabili? Ci vorrà comunque molto e non sarà un bel vedere per chi li incrocerà. Chi li ha gettati camminerebbe volentieri su un tappeto di fazzolettini? Perché non tenerseli in tasca e buttarli nella spazzatura una volta giunti a casa? Non costa davvero nulla! Altra insensibilità e mancanza di rispetto è trovare in bella vista gli escrementi degli escursionisti di fianco ai sentieri o a ridosso di rifugi, bivacchi o casere. Ma costa tanto trovare dei posti appartati in cui espletare i bisogni fisiologici, avendo cura di farlo lasciando meno tracce possibili? Eppure si trovano latrine a cielo aperto, spesso a fianco del luogo dove si passerà la notte facendo magari un suggestivo fuoco serale. Anche gli schiamazzi sono fastidiosi. Le urla sono fuori luogo, non necessarie e spaventano gli animali che si potrebbero incontrare. Urlare inutilmente in montagna è per me come farlo in chiesa. Sono entrambi luoghi dove il chiasso stona. Siamo già immersi abbondantemente in un mondo fatto di rumori e quindi il silenzio conquistato assume un valore assoluto. Capitolo rifugi: non stiamo parlando di alberghi (anche se alcuni lo diventano). Un rifugio solitamente propon e un menù ottimo ma spesso limitato, ed una sistemazione comoda ma spartana, così come è giusto che sia. Si è consapevoli di dove si va quando si sale lassù e di quanta fatica costa gestire quella struttura che ci fa comodo trovare dopo una lunga camminata? Parliamo anche dei bivacchi (ma per certi versi possiamo estendere il discorso anche alle casere). Sono in primis ricoveri di emergenza, non luoghi dove pretendere di passare le vacanze stazionando per giorni e giorni. E’ anche fondamentale, una volta usati, lasciare tutto in ordine per chi verrà dopo di noi, rifarsi la branda, darci dentro di ramazza, chiudere per bene porte e finestre. Queste sono alcune cose che mi sono sentito di scrivere, ma sono sicuro che in tanti ne avranno altre da aggiungere. Auspico però una discussione costruttiva, senza accuse generiche, senza mettersi sul piedistallo, senza barricarsi solo ed esclusivamente nelle proprie convinzioni, senza creare squadre contrapposte che si accusano. Ripeto un mio concetto di cui sono convinto, che ho affermato nelle prime righe: il rispetto è difficile inculcarlo in chi non ce l’ha, bisogna agire sulla cultura. Quest’ultima è l’unica leva per sperare di portare a casa qualche risultato. Parlare quindi con chi è meno “sensibile” (magari lo è solo perché non conosce o si è fatto un’idea errata). In fondo potrebbe toccare a tutti noi di ritrovarci in questa condizione muovendoci in ambienti che non conosciamo. Ultimo pensiero e poi chiudo: se frequentassimo la montagna senza lasciare tracce del nostro passaggio, o limitandole al minimo, avremmo raggiunto un obbiettivo che va molto al di là della cima.