di RENATO BONA
Ci avviamo alla conclusione della rilettura per quanti ci seguono su Fb, del preziosissimo volume curato dallo storico prof. Flavio Vizzutti “Le Chiese dell’antica Pieve di Cadola”, edito nel settembre 1999 (stampa tipografia Piave di Belluno) a cura delle parrocchie di Cadola, Polpet-Ponte nelle Alpi, Col di Cugnan e Quantin oltre che della Diocesi di Belluno-Feltre, con presentazione dell’arciprete di Cadola, don Cesare Vazza, e dei parroci don Pietro Bez, don Paolo Cavallini, don Natale Trevisan, fotografie di Giancarlo De Santi e d’archivio delle stesse parrocchie. In questa occasione, proponendo una serie di immagini riprodotte dal libro, ci occupiamo di documenti di storia e d’arte della Chiesa di santa Caterina di Ponte nelle Alpi e quella di Sant’Andrea in Monte. Per quanto riguarda la prima, l’autore esordisce ricordando che: “Il 7 novembre 1370 ‘S. Caterina di Capodiponte’ (dal 1867 Ponte nelle Alpi) è citata per il lascito testamentario di una ‘libbra d’oglio’ da parte di donna Fenis, figlia del nobiluomo Adalgerio de Nossadani e vedova di ser Saracino, da Casteono”. Ancora: “Da una sentenza datata 22 agosto 1397 è chiaramente attestato che la chiesa è officiata almeno sin dai primi tempi dl XIV secolo. Viene frequentata sia dagli abitanti del luogo sia dai forestieri di passaggio, le offerte sono abbondanti, possiede beni immobili e la messa si celebra puntualmente ogni quindici giorni…”. Nel 1570 l’edificio, che si eleva sopra uno strapiombo sul Piave appare bisognoso di restauri, dispone di un proprio cimitero funzionante, ubicato sull’attiguo sagrato, dell’altare e del campanile a cavaliere. Un balzo in avanti per leggere che restaurata a seguito dei terremoti del 1873 e 1937 e risarcita dalle offese subite durante le due guerre mondiali, nel 1950 e poi nel 1971 “è oggetto di attenzioni conservative. Altri interventi nel 1988 e collocazione sopra l’ingresso principale di “un raffinato ovulo in vetro rappresentante la colomba stilizzata – di pregnante forza simbolica realizzata su bozzetto, donato dal sig. Girolamo Collarin, dall’artista bellunese Franco Fiabane”. Anche ai giorni nostri – conclude Vizzutti – la chiesetta di santa Caterina “è gelosamente custodita dai frazionisti consci della straordinaria importanza ricoperta dall’antichissimo centro culturale che dal 25 dicembre 1948 rientra nel comprensorio della parrocchia di Polpet-Ponte nelle Alpi”. Opere d’arte, a volo d’uccello: di anonimi della prima metà del XIV secolo: affreschi sulla parete di destra dell’aula: “San Martino e il povero” quindi: “Crocifissione”; “Santo Vescovo e Santo con libro”, “Melchisedek (?) e l’Angelo”; “San Francesco d’Asssi”; “Cristo alla colonna”; “Santo reggente un libro”; “Santo monaco con bastone”; “Figura evanescente”; “Santa reggiteca”; “Santo con mantello e sacro reggilibro”; “Santi Pietro e Paolo con figura frammentaria”, “San Bartolomeo, due Santi con mantello e spada”. Ancora: “di anonimo del XVI-XVII secolo: “Pietà”, olio su tela sulla parete destra del presbiterio;”Sant’Agata” e “Sant’Apollonia”, sculture lignee policrome (custodite in altra sede); “Santa Giuliana in nicchia”, scultura lignea policroma della scuola degli Auregne del secolo XVII; “Croce e processionale”, legno scolpito, intagliato e policromo, di artista locale del XVIII secolo; infine: “Alzata” della scuola di Jacopo Costantini, tardo secolo XVI, legno intagliato, scolpito e dipinto, dell’altare maggiore. Ed eccoci a Sant’Andrea in Monte (vedi l’ultima immagine che qui proponiamo – ndr.) che Flavio Vizzutti definisce “alpestre tempio, solitaria costruzione in un contesto paesaggistico-ambientale di indubbia suggestione, ricordato per la prima volta documentalmente il 29 luglio 1371 quando il canonico Nicolò Azzoni con testamento olografo dona ‘soldi 40 al monastero di S. Andrea in Monte’”. Rammenta quindi che “Nei pressi della piccola chiesa edificata sulle pendici del Frusseda esisteva anche un cenobio retto, nell’anno 1397, da fra Andrea da Mantova con il titolo di priore”. E cita lo storico ottocentesco Florio Miari il quale attesta: “dipendeva dall’Ordinario di Belluno; aveva monaci e monache dell’Ordine di S. Benedetto. Fu trasformato in semplice beneficio, e durò così per più di un secolo…”. Di nuovo l’autore del libro che conclude citando l’encomiabile collaborazione dell’Amministrazione comunale di Ponte nelle Alpi e di altri enti che hanno aderito all’impresa, dei fedeli e dell’architetto Maurizio Pison autore degli studi per uno scientifico intervento, ultimato nel 1992, per salvare l’edificio.