Il collega giornalista prof. don Lorenzo Dell’Andrea, del quale mi onoro di essere amico dopo essere stato suo allievo al “Calvi” e, prima ancora, averlo avuto quale consulente ecclesiastico del Centro sportivo italiano, è l’autore, fra gli altri, dell’interessante libro “Sant’Osvaldo. Sa Svaldo de Somaselva. La dent e la so giesia” con la vita di Sant’Osvaldo, il suo culto e una breve panoramica della devozione al Santo in provincia di Belluno. Il volume (in copertina la chiesa di Sant’Osvaldo di L’Andria di Selva di Cadore durante una delle tante sagre annuali, con la gente che, dopo la messa solenne, si intrattiene per scambiarsi idee e impressioni, per estrarre i biglietti della pesca, per un momento di ristoro, per una preghiera; in ultima di copertina: la statua del Santo sul timpano dell’altare della chiesa di L’Andria) propiziato dall’Union Ladign da Selva, risale al 2002, con progetto grafico, impaginazione e stampa della bellunese tipografia Piave. La presentazione era stata di Aristide Bonifacio, presidente dei ladini di Selva di Cadore (“… Leggere come è nata la chiesa, come si son impegnati per poterla avere, per costruirla, per mantenerla decorosa e sempre aperta e – di quando in quando e anche poco tempo addietro – per restaurarla, non è solo bello ma è anche utile e valido… Il libro potrà sicuramente aiutare tutti a capire la nostra gente, per sapere chi eravamo, chi siamo, chi saremo”; don Riccardo Parissenti, parroco di San Lorenzo e di Santa Fosca in Selva di Cadore (“… Certamente gli abitanti di Somaselva, che tanto si sono impegnati per costruire la chiesa di Sant’Osvaldo, erano animati da grande fede. Una fede che si vede da tanti particolari che vengono ricordati in questo libro. Mi auguro che questa fede, nella sua sostanza, anche se le manifestazioni esteriori in questi secoli hanno avuto dei cambiamenti, rimanga sempre viva e identica… Mi auguro che la chiesa di Sant’Osvaldo continui sempre a essere ‘un centro di spiritualità’ ed un centro di preghiera…”; da Alessandro Lorenzini, capo della Fabbriceria di Sant’Osvaldo: “… Un grazie particolare a chi ha fatto questo libro e all’Unione dei Ladini di Selva, che con questa pubblicazione mette in luce la nostra chiesa di Sant’Osvaldo e la nostra ‘vila’. In modo particolare voglio ringraziare per l’evidenza che è stata data all’attività dei vecchi fabbricieri, sempre precisi nei conti, sempre pronti a lavorare con tanto amore e anche con molto sacrificio per Sant’Osvaldo e ringrazio anche per quanto è scritto di questi ultimi anni, sia per il lavoro del ‘Comitato restauri’ che per la Fabbriceria, anche se noi crediamo di non meritare tutti gli elogi dei nostri predecessori…”. Ed ecco alcune considerazioni di “Prè Laurenz Dell’Andrea de i Zevegn” cioè l’autore dell’opera: “… La chiesa di Sant’Osvaldo era considerata da tutti un patrimonio familiare. Per questo motivo, quando il parroco, per obbedire ad un ordine del vescovo, ha estromesso i fabbricieri dalla tenuta dell’amministrazione della chiesa, tutti la presero molto male: ci hanno tolto – dicevano alcuni – il lavoro degli avi e il luogo più bello del villaggio, il luogo che tutti amano tanto”. Sottolineava quindi che: “Da quando ho potuto leggere alcune vecchie carte di Sant’Osvaldo ed ho saputo come e perché tre secoli fa è sorta la chiesa ed ho visto tutto quello che da allora in poi i nostri avi hanno fatto per tenerla con decoro all’esterno e perché tutto fosse splendente e nuovo all’interno, ho avuto la possibilità di accorgermi che i sentimenti attuali della popolazione per Sant’Osvaldo provengono da molto lontano: altro non sono che i sentimenti tramandati dai nostri avi, che hanno tanto amato questa chiesa”. Avviandosi a conclusione Dell’Andrea scriveva: “… Soltanto una cosa è cambiata in questi tre secoli; il nome del paese, mutato da Somaselva in tanti altri nomi di villaggi più piccoli: Franceschin, L’Agnol, Al Sech, L’Andria, Colò, Toffol, che assieme formano la ‘Regola Granda’… Per tutto il resto, nulla di nuovo; sempre la stessa gente. A ben guardare la gente d’oggi è meno numerosa e più vecchia d’un tempo. Ma è egualmente sempre riunita con tanto amore attorno alla sua chiesa”. E – aggiungeva – se vogliamo conoscere la gente d’una volta e quella d’oggi bisogna guardare alla storia di Sant’Osvaldo e ai cuori delle persone: quello della gente di Somaselva e della “Regola Granda” è sempre stato, ieri e oggi, un cuore caldo e grande”. Mentre ci riserviamo di tornare su questo pregevole libro di Dell’Andrea, ci resta da ricordare che dopo il diniego del curato don Francesco Da Rin cui era stata chiesta la benedizione della prima pietra, in base alla delega che il Patriarca Dolfin aveva concesso il 23 agosto 1736 nell’atto di approvazione di erezione della nuova chiesa, fu lo stesso Dolfin, il 5 luglio 1737, da Udine, ad autorizzare l’Arcidiacono del Cadore “considerata la tua impossibilità e il rifiuto del Rev. Curato di Selva” a delegare un altro sacerdote per la benedizione della prima pietra dell’oratorio pubblico di Sant’Osvaldo”. Sicché dopo la benedizione , lunedì 22 luglio 1737 fu probabilmente il giorno in cui i muratori della Val Badia, sotto la guida di Mattio Prompere terminarono in 15 giorni la costruzione della chiesa di Sant’Osvaldo aiutati dai “mistri” locali e dalla popolazione tutta. Mario Monico de i Loc e Pietro Toffoli, che hanno lavorato nei restauri del 1985-87, sono concordi nel definire ottimo il lavoro in muratura delle maestranze badiote, “anche se va notato che le fondamenta non sono state poste molto profonde e sono appoggiate sul terreno senza piattaforma unica di sostegno”. Resta da dire che la pianta della chiesa presenta i due elementi fondamentali: presbiterio e aula “chiaramente strutturati e bene armonizzati tra loro”. La larghezza interna della navata è di 4,30 metri mentre l’altezza delle volte raggiunge i 5,94 metri nella navata e 4,88 nel presbiterio. Sul tetto con spioventi molto ripidi, un piccolo campanile in legno a cavaliere, alto un paio di metri. Per quanto concerne lo stile, la chiesa fu costruita secondo i canoni estetici ed architettonici tipici del 1700 quando dominava lo stile barocco. Giovedì 12 ottobre 1741 l’arcidiacono De Meio benedisse solennemente l’oratorio.
NELLE FOTO (archivio Renato Bona e riproduzioni dal libro “Sant’Osvaldo”): il prof. don Lorenzo Dell’Andrea, autore della pubblicazione; la copertina del volume; Sant’Osvaldo nel retrocopertina; interno dell’edificio sacro con la pala dell’altare della Madonna del Carmine col Padreterno e sei angeli, ai lati s. Osvaldo (a sinistra) e s. Lorenzo, sotto s. Antonio; L’Andria: funerale con i “ferai di s. Osvaldo”; un “feral” del 1783, sormontato da calice con ostia; quadretto dedicato al Santissimo Sacramento; il territorio abitato della “Regola Granda”; panoramica sulle attuali frazioni L’Agnol, Al Sech, L’Andria; ancora L’Andria con alle spalle la catena del Cernera e sulla destra la chiesa di s. Osvaldo; la fontana di L’Andria nella zona dove un tempo sorgeva il vecchio capitello che gli abitanti di Somaselva ottennero di spostare; il secolare capitello della “Regola Piciola” nella frazione Bernart: quello di Somaselva doveva essere molto simile; s. Osvaldo dopo i restauri del 1985-87; la chiesa di s. Osvaldo e a fianco la casa Nicolai rimasta praticamente, dentro e fuori, come era nel 1700; interno della chiesa dopo i lavori di restauro; la statuetta (30 centimetri) di s. Giovanni Battista passata nella nuova chiesa dal vecchio capitello dedicato anche a s. Osvaldo.