Pilota, partigiano, amministratore pubblico, impegnato nel sociale, appassionato di montagna – Funerali venerdì alle 10 alla Don Bosco
Si svolgeranno venerdì alle 10 nella parrocchiale di San Giovanni Bosco di Belluno i funerali di Umberto Crema, mancato alla veneranda età di 101 anni. Era nato il 27 maggio 1918, terzo di tre figli maschi: Guido, classe 1912, e Sandro, classe 1915 (padre di Giovanni che sarebbe divenuto sindaco di Belluno e poi consigliere ed assessore regionale del Veneto, deputato per due legislature e senatore per una, sempre per Partito socialista italiano) da Giovanni, di Merlengo, ed Anita Crosato, anche lei trevigiana. Chi scrive queste note aveva intervistato nella casa di via Calvi il personale amico “Berto”, alla vigilia del compleanno numero cento e nell’occasione aveva ricevuto in dono il libro “Il folle volo. Ricordi di Umberto Crema” prezioso diario contenente resoconti dei tanti di episodi che hanno caratterizzato cento anni di vita. Crema esordisce: “Posso dire di essere stato fortunato: ho avuto la salute, una famiglia, moglie (Norma Venturoli che non c’è più da qualche anno) e figlio (Aldo, ingegnere) meravigliosi, soddisfazioni nello studio e nel lavoro, il raggiungimento dei desideri a cui più anelavo: aviazione, montagna, viaggi”. Ultimati gli studi elementari e complementari in mancanza dell’Istituto commerciale e nell’impossibilità della famiglia di mandarlo alle superiori a Padova, cominciò a lavorare a 14 anni: prima alla Camera delle corporazioni in Piazza Santo Stefano e poco dopo all’Opera nazionale Balilla; la paga, misera, era di 30 lire al mese. Più tardi, con la gestione delle scuole rurali, il direttore Dino Neri, assunse Crema, Emilio Dal Pont e Gastone Sartore; m in mancanza di sbocchi il nostro andò a fare il segretario nello studio dell’avvocato Bonsembiante, ex federale e membro del Gran consiglio del fascismo. Nel 1936 ebbe la fortuna di incontrare l’amico Gino Testolini che gli prospettò la possibilità di lavorare con lui al Catasto per 600 lire al mese! Si trattava di operare in Alpago e dato che non c’era ancora la ferrovia, il 1. maggio 1937, a 19 anni, acquistò la bicicletta. Nel 1935, appassionato di aviazione, conseguì i brevetti A e B di volo a vela con Franco Fano e Bruno Borgo. Un mese dopo l’inizio del lavoro in Alpago, il servizio militare nell’isola di Santa Caterina a Pola in Istria, con addestramenti molto severi. Assegnato all’aeroporto di Tassignano di Lucca, fu scelto per formare con altri 4 una pattuglia sperimentale; inviato all’aeroporto di Grottaglie vicino a Taranto, conseguì il brevetto di pilota militare. E potè tornare per 7 giorni a Belluno con la sua divisa da sergente “con l’aquila puntata sulla giacca”! Poi a Campoformido dove incontrò, fra gli altri, il bellunese sottotenente Tessari. Ero – ha scritto – “felice di quella vita spericolata, degli amici e dei soldi che guadagnavo e il rientro a casa si prospettava come una sconfitta: come pilota ero tenuto in considerazione, come borghese mi rivedevo un impiegatuccio con un modesto titolo di studio”. I fratelli Guido e Sandro che nel frattempo si erano trovati un’occupazione, lo convinsero comunque a lasciare l’aeronautica e a riprendere gli studi. Era il 24 dicembre 1938, aveva 20 anni. Richiamato ad Aviano (6 marzo 1942) e assegnato al 3. Stormo da caccia di Gorizia, prima del trasferimento a Ferrara dove poco dopo venne congedato. Conseguì quindi il diploma di ragioniere e proprio quando credeva di festeggiare, gli fu ordinato di presentarsi immediatamente ad Aviano da dove passò al reparto “Tuffatori” dell’aeroporto di Lonate Pozzolo nella squadriglia di bombardamento in picchiata con gli aerei Stukas JU 87 forniti dalla Germania. Una mattina con altri 21 apparecchi raggiunse la costa africana per quella che credeva una esercitazione ed invece: “Quando fummo sopra decine di navi da trasporto e molte navi da guerra, cominciarono a venirci contro un’infinità di traccianti provocate da proiettili… mi misi in coda al maresciallo Beretta e sganciammo le nostre bombe… tiravo la manetta dell’acceleratore per poter sfuggire a quell’inferno e nel timore che venissimo colpiti dalla caccia nemica. Poi mi resi conto che non ci stavano seguendo…”. Il 13 febbraio 1943 venne inviato a Ravenna quale istruttore per le operazioni di bombardamento in picchiata. Al sabato tornava a Belluno e fu così anche il giorno 25 luglio 1943 della famosa deliberazione del Gran consiglio del fascismo con la destituzione del duce da capo del governo cui seguì il caos ed il tutti a casa per la fine della guerra. Tornato a casa, Crema si unì ai vecchi amici per opporsi ai nazifascisti dopo essere scampati, in Campitello, ad un rastrellamento dei tedeschi mentre erano seduti ai tavoli del Manin. Venuto a conoscenza che l’Istituto della cassa di malattia cercava un ragioniere presentò domanda di assunzione, che fu accolta il 15 maggio 1944. Aderì con maggiore impegno all’attività clandestina in collaborazione con Piero Poletto, comandante del 3. Settore partigiano cittadino, con Arturo Dal Mas e Bepi Ferigo. Fra le varie operazioni cui partecipò, quella del deragliamento del treno dopo il fallimento del tentativo in cui “Mato” Dal Pont perse la vista e “Fiocco” la vita. Altra azione quella in Alpago con Bettiol ed i figli Tullio ed Armando, Tissi, Decimo Granzotto (poi sindaco di Belluno), Prosdocimi, Ester Riposi “Irina” “che con Katia trasportavano una sporta di bombe a mano”. Infine l’ intuizione che lo fece scampare alla tragedia di Piazzale Marconi dove Fugante ci rimise un braccio e Poletto e gli altri furono uccisi e bruciati dai tedeschi. Con la Liberazione riprese il lavoro all’Inam e nel 1948 si sposò; assunse prestigiosi incarichi sindacali e nel 1951 si iscrisse al Partito socialdemocratico di Saragat; fu consigliere ed assessore comunale per 24 anni, membro della Camera di commercio per 19, del Consorzio antitubercolare per 12, consigliere dell’Ente provinciale turismo e, fra l’altro, per 20 anni consigliere dell’Associazione emigranti bellunesi (10 da co-presidente). Fra i ricordi tristi al primo posto quello della scomparsa della madre “che era sempre preoccupatissima quando ero in aviazione e in guerra e ancora oggi provo tenerezza quando penso che, bambino, andavo con lei a passeggiare fino a Pra alto, i prati dell’Anta, dove ora vi sono le case di Quartier Cadore, compresa quella dove abito”.
NELLE FOTO (Dal diario “Il folle volo”): Umberto “Berto” Crema; neonato con genitori e fratelli; a Campoformnido; festa in piazza per la fine della guerra; impegnato nel sociale; appassionato di montagna.