di RENATO BONA
Il 16 novembre del 1943 la coppia G.M. Longiarù-L. Nicolai dava alle stampe per i tipi della tipografia Editrice Trevigiana, l’ottimo, pressoché introvabile oggi, libro “Selva di Cadore. Notizie storiche”, con disegni di S. Delneri, foto di Ghedina, Burloni, Nicolai, Chizzolin, A. Rocco. Nella presentazione, lo storico Longiarù esordisce: “Il rifugiarsi nelle umili pieghe della storia locale, oggi, mentre la terra è in fiamme, sembrerà a qualcuno un atto di viltà, uno sgusciare indolente dalla cruda realtà delle cose, un appartarsi egoisticamente dalla immane tragedia dei nostri giorni. Niente di tutto questo. La cosa sta in questi termini: ragioni di economia: in cinque anni di permanenza in questa valle ebbi occasione di racimolare un discreto materiale di carattere locale, cui nell’inverno scorso l’ins. Luigi Nicolai aggiunse una vera miniera di curiosità e fatti interessanti il paese. Perché non collegare, perché non sottrarre al facile pericolo di dispersione tanti utili notizie?”. Ecco – spiega – perché nacque il presente lavoro, il quale, anche se sofferente di immancabili lacune imputabili in parte alle antiche ‘scorrerie tedesche’ forse non dispiacerà del tutto a quanti amano il natio loco e le tradizioni e memorie dei nostri padri… Poi, ragioni di vario interresse: “La storia di un uomo e tanto più di un paese – per dirla con Ippolito Nievo – mi pare debba in alcun modo riflettere l’attività comune e nazionale che l’assorbe come il cader di una goccia rappresenta la direzione della pioggia… Studiando il passato potremo farci un’idea del presente se è vero che la storia ha i suoi ricorrenti corsi e ricorsi, se è vero che la stessa altro non è che un eterno gioco di affermazioni e di reazioni”. Longiarù afferma poi che “Il raffronto fra costumi e istituzioni di oggi con quelli passati ci scampa pure da due eccessi nel giudicare le cose. Il primo sta nel rimpiangere nel passato i tempi tramontati di Saturno. Sono i ‘laudatores temporis acti’ che fanno la storia sulle lapidi dei cimiteri. Il secondo eccesso sta nel deprecare abituale, nei secoli passati, ombre, oscurantismo e barbarie”. Ma… la verità ancora una volta sta nel mezzo. Così “uomini di carattere e quindi di parola, serii, lenti a decidere ma irremovibili nei propositi, tenacemente attaccati alla religione e amanti della patria piccola e grande, i nostri vecchi ci hanno lasciato un ricco patrimonio di tradizioni religiose e civiche”. E se la felicità è l’istinto e la finalità della nostra esistenza e se la felicità si compone anche di elementi soggettivi, i nostri vecchi la sapevano più lunga di noi che viviamo nel secolo dei confort, del cinema, della radio, delle autostrade”. E così chiudeva: “Siccome la vita presenta più spine che rose, essi, abituati ai disagi e alle privazioni, trovavano in una fede robusta e vissuta, la forza per soffrire virilmente e non sentivano il bisogno, nelle ore nere dell’esistenza, di pensare né all’arsenico né alla rivoltella. E’ proprio il caso di suggerire alla scienza di fare un inchino alla sapienza”. Ricordiamo infine che il libro si compone dei seguenti capitoli: La Val Fiorentina, Le origini, Sotto i patriarchi di Aquileia, I Torre, Il Leone di S. Marco, Meneghello, Liti secolari, La Lega di Cambrai e la calata di Massimiliano, La vita all’ombra di S. Marco, I contributi, Approvvigionamento, Industria, Dati statistici, Napoleone, Tedeschi e francesi, il risorgimento e don Natale, Vicende eroiche, La fine del poeta, Per staccare Selva dal Cadore, Cronaca, Vicende ecclesiastiche, Beghe di famiglia, La transazione, Le visite pastorali, Il clero nella guerra mondiale, La chiesa monumentale di S. Lorenzo, La chiesa monumentale di S. Fosca, L’Inno del Cadore, La conquista del Pelmo, Istà su le crode.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di Longiarù-Nicolai): la copertina della pubblicazione; Val Fiorentina con due scorci dell’armoniosa e solenne mole del Pelmo; Selva con sullo sfondo la Marmolada; Piani e colli di Santa Fosca; il Gruppo del Cernera e in primo piano la chiesa secolare e la tomba di don Natale; Pescul con la casa natale di Talamini; Selva di Cadore nel 1317; l’albero genealogico della famiglia Torre: Negrone sarebbe stato il costruttore della chiesa di Selva; don Natale Talamini, uno dei personaggi più illustri di Selva, in un dipinto della metà dell’800; cappella-monumento dedicata ai caduti per la frana del 1917; maggio 1916 un aeroplano italiano caduto in territorio di Selva; ancora la cappella eretta a ricordo delle vittime della frana; costumi di Selva di Cadore.