DI MASSIMILIANO PAGLINI, SEGRETARIO GENERALE CISL BELLUNO
Le tragiche notizie del crollo del cantiere di Firenze hanno suscitato profonda indignazione, frustrazione e rabbia, ma anche desiderio di giustizia. Sentimenti e sensazioni che ci pervadono ogni volta che si verifica un infortunio mortale su un luogo di lavoro nel nostro Paese e nei nostri territori di Belluno e Treviso, purtroppo non estranei a questa inaccettabile ecatombe. In Italia tre lavoratori al giorno muoiono svolgendo la propria mansione in fabbrica, in cantiere, in un magazzino o in un campo agricolo. 16 lavoratori sono morti lavorando l’anno scorso nella Marca; 4 nel Bellunese.
Il sistema legislativo di cui si è dotato il Paese in materia di sicurezza – prima con la legge 626 del 1994, poi con il decreto legislativo 81 del 2008 e successive modifiche e integrazioni – è d’avanguardia: per quanto composto da norme definite 20 anni fa, si tratta di un impianto di leggi che rappresentano ancora oggi una eccellenza tra i Paesi avanzati. Per non parlare dei sistemi della bilateralità negoziale che in settori a maggior rischio quali l’edilizia e l’artigianato hanno rafforzato i sistemi territoriali e/o di categoria per la formazione, prevenzione e tutela dei lavoratori. Ma è evidente quanto e come tutto ciò non sia sufficiente a prevenire le morti sul lavoro. E una riflessione sui motivi per cui oggi è ancora così alto il numero degli infortuni va fatta.
Innanzitutto, sono ancora troppi gli ambiti di controllo e prevenzione lasciati scoperti dalla ormai cronica carenza di organici negli Spisal e negli Ispettorati del lavoro. Una situazione di difficoltà che non può che generare un sistema di controlli poco efficaci a prevenire le situazioni e i comportamenti a rischio e l’illegalità sempre più diffusa. Da questo punto di vista, l’emergenza in cui versano alcuni settori come l’edilizia, una parte dell’industria, ma anche l’agricoltura, la logistica e la filiera del tessile, sono sotto gli occhi di tutti: dumping contrattuale, diffusione del lavoro nero, diritti calpestati, scarsa se non nulla formazione nell’ambito della sicurezza.
Nel cantiere di Firenze, come in diversi ambiti dei nostri territori, c’erano ragazzi che lavoravano senza alcun contratto, senza permesso di soggiorno o con i documenti scaduti, giovani arrivati in quello che dovrebbe essere un Paese avanzato con la speranza di costruirsi un futuro migliore attraverso il lavoro. Lavoratori immigrati irregolari che per non delinquere accettano di lavorare in nero in un contesto di sfruttamento e degrado, mantenendo in piedi la macchina del consumo a basso costo, della logistica, della filiera del tessile, dell’agricoltura e dell’edilizia. Siamo così sicuri che la Puglia e la tristemente famosa raccolta dei pomodori sia così distante da certe situazioni di caporalato accertate anche nelle nostre belle colline del Prosecco patrimonio dell’Unesco?
Inasprire le norme sugli appalti a cascata, garantendo anche nei lavori privati gli stessi standard contrattuali per tutta la catena d’appalto, è solo un primo passo per iniziare davvero ad affondare un colpo allo sfruttamento del lavoro. Si potrà raggiungere un livello accettabile di sicurezza per i lavoratori solo se vi sarà la volontà da parte tutti i soggetti di agire su tutte le leve necessarie per cancellare fenomeni di illegalità.
Oggi è necessario più che mai un grande piano di investimenti in formazione obbligatoria a partire dalle imprese, quale prerequisito per l’avvio di un’attività edile in Camera di Commercio, ma anche formazione obbligatoria preventiva sulla sicurezza a tutti coloro che entrano in un cantiere e, per gli stranieri, alfabetizzazione edile propedeutica. Servono regole nuove e certe per chi viene a vivere, lavorare (e pagare le tasse) nel nostro Paese.
Serve certezza di una grande alleanza, una vera e reale azione di responsabilità che metta la tutela della salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro come priorità assoluta nelle agende di tutti i soggetti coinvolti a partire dalle imprese, dalle istituzioni e dalla politica, riuniti in un unico obiettivo: difendere il bene più prezioso per il mondo del lavoro, la vita delle persone che ogni giorno mandano avanti fabbriche, scuole, cantieri, trasporti. Per questo la Cisl da oggi dà il via a una grande stagione di indignazione e di mobilitazione nelle fabbriche, negli uffici pubblici e privati e in tutti i luoghi di lavoro.