Manca poco alla conclusione del nostro “viaggio” fra i Comuni bellunesi, “accompagnati” dalla sintetica storia che, per ciascuno e in rigoroso ordine alfabetico, è stata tracciata dallo scomparso giornalista de Il Gazzettino Fiorello Zangrando, e dagli stemmi (originali realizzati dal prof. Massimo Facchin, anch’egli mancato), riprodotti sulla circonferenza interna della fontana di Piazza dei Martiri del capoluogo. Oggi ci soffermiamo su San Tomaso Agordino, Santo Stefano di Cadore, San Vito di Cadore, Sappada (ricordiamo che previa consultazione referendaria della cittadinanza, il Comune è da poco “emigrato” nella Provincia di Udine), Sedico e Selva di Cadore. SAN TOMASO AGORDINO. Scrive Zangrando: “Una presenza romana nel territorio può essere documentata dal toponimo Avoscan, derivante da Augustus. Il castello è probabilmente costruito in tarda età barbarica. Situato sulla strada Cencenighe-Alleghe, è poi della famiglia che, più di ogni altra, nella storia agordina, riempie con la fama delle sue imprese la valle del Cordevole, oltrepassando i confini del Bellunese. E’ Cangrande della Scala che conquista il maniero. I bellunesi tentano invano di riprenderlo ma la vittoria del primo dà le ali ai sogni espansionistici di Guadagnino Avoscano che nel 1327 aggiunge ai suoi possessi anche Colle Santa Lucia e poi il castello di Andràz. Si aggiungono poi Agordo e Zoldo fin quando nel 1350 la signoria cade. Attorno al castello sorgono i paesi, compreso San Tomaso, la cui chiesa esiste già nel secolo tredicesimo. Il resto è storia di fatiche e di emigrazione”. SANTO STEFANO DI CADORE. Così il giornalista bellunese nativo di Perarolo di Cadore: “Il territorio è occupato stabilmente intorno al Mille, Ma il centenaro di Comelico Inferiore con sede a Santo Stefano è più vecchio perché di origine longobarda e comprende anche Trasaga, parte di Danta, Casada, Costalissoio, Ronco, Campolongo, San Pietro, Savello, Costalta, Valle e Presenaio. Uno dei primi documenti in cui compare il nome del paese è l’atto del 1213 sullo scambio di alcuni monti con Lorenzago. Nel parlamento friulano radunato a Udine il 17 gennaio 1333 figura, per la prima volta nella storia del Cadore, il notaio Delavancio di Trasaga. Nel 1444 Santo Stefano e Casada hanno Laudi. Le Regole elaborano un nuovo progetto il 15 aprile 1795, travolto dalla buriana napoleonica. Nel diciassettesimo secolo mezzo abitato di Casada è precipitato da una valanga nel torrente Padola. Nel 1853 è quasi distrutta da un incendio Villa di là di Costalissoio, nel 1884 bruciano quaranta case e la chiesa di Villa di qua. La strada della Valle è costruita nel 1839. Nel 1986 entra in funzione il nuovo tracciato. SAN VITO DI CADORE. Ecco cosa ha scritto il giornalista: “Validi sono i motivi per ritenere che il paese sia stato colonizzato intorno al Mille col sistema delle Regole ad opera di pastori provenienti dal centro del Cadore. Il primo documento che certifica l’esistenza del paese è un Atto1208 che riconosce l’indipendenza della chiesa dalla matrice di Pieve. Per San Vito ha inizio, nel 1348, un triste periodo, conseguente alla peste nera, e continue e abbondanti piogge e un terribile terremoto: scompaiono i villaggi di Senes, Arcogologna, Androne, Sofestil, Ricca e Tunodico. I quasi quattro secoli del dominio veneto sono turbati soltanto dalla calata delle truppe di Massimiliano d’Asburgo nel 1508-1511. Nel 1516 a nord si stabilisce il confine con lo stato austriaco e con Cortina ad esso passata. Ai disagi del periodo napoleonico si aggiunge la carestia del 1817. Nel maggio 1848 memorabile è il duello dei volontari cadorini con le truppe austriache. Il turismo, originato dalle ascensioni alpinistiche + già una realtà alla fine dell’800”. SAPPADA. “Il paese è fondato attorno al Mille da venticinque famiglie di Villgraten, sopra Sillian, fuggite per sottrarsi alle vessazioni dei signori di Heimfels. I primi abitanti si dedicano alla coltivazione della terra e all’estrazione del ferro ricavato vicino al paese, da loro chiamato Bladen. Il primo documento è l’atto di Enrico patriarca di Aquileia del 1078 con cui concede agli abitanti il terreno e l’esenzione da imposte, allargata nel 1295 dal patriarca Raimondo Della Torre. I privilegi favoriscono l’immigrazione di ‘fogolisti’ accanto agli originari ‘masisti’ e discordie delle quali profittano i comelicàni. Per aiutare i sappadini il patriarca Bertrando concede il suo Bosco Negro. Durante i moti risorgimentali del 1848, impediti di unirsi ai corpi franchi di Pietro Fortunato Calvi i sappadini attuano una loro sommossa, duramente pagata. Nel 1852 il paese è aggregato alla provincia di Belluno. Durante la Grande guerra la popolazione è impegnata contro gli austriaci. Il turismo comincia alla grande in questi anni Venti. SEDICO. “I ritrovamenti romani documentano l’esistenza di una colonia. Ricchi di resti sono Landris, Bolago, le case Pasa, la strada di Triva e Bribano. Quest’ultimo paese deriva il nome dal personale Barbius con suffisso prediale latino ‘anum’ mentre Sedico lo trae dal personale Sedius più un suffisso prediale celto-venetico ‘icus’. Una derivazione della Claudia augusta passa per Cugnach. Numerosa è la popolazione attorno al Mille. Lo prova la presenza del sacerdote Vicaramo, che nel 1184 ha già il titolo di parroco. A Landrìs sorge un castello che svolge funzioni militari fino al 1500. Al secolo decimo sesto rimonta la venuta della famiglia Buzzatti, magiari provenienti da Buda, cioè ‘Budati’. Nel ‘700 e ‘800 il territorio ospita ville e villeggianti signorili. Durante la guerra di liberazione la ferrovia di Bribano è distrutta da 29 incursioni aeree. Industria e artigianato d’avanguardia datano dalla metà degli anni ‘60”. SELVA DI CADORE. Fiorello Zangrando ha scritto: “In quota, a Mondeval, i pastori vivono con un minimo di organizzazione e di stabilità già seimila anni prima di Cristo. Lo prova una tomba da poco scoperta. Ma l’incolato stabile nel fondovalle data al Millecento dell’era volgare e va posto in relazione alla scoperta di giacimenti di ferro nella vicina Colle Santa Lucia. Il primo documento è relativo alla divisione del pascolo di Mondeval con San Vito e porta la data dell’11 febbraio 1257. E’ redatto ‘in furno Silvae Cadubrii’ che nel Quattrocento è concesso ai Della Torre. Selva fa parte del centenaro di Pescul. Siccome i paesi sono fuori mano, il consiglio della Magnifica Comunità vi manda un gastaldo per governare. Ottengono l’esenzione dai dazi sugli animali fin dal 1399. Nel 1716 un incendio quasi incenerisce il paese. Il 5 novembre 1851 una frana seppellisce Piai con sedici persone, nel 1913 arde un bel pezzo di Pescul. Nel sesto corpo franco gli abitanti combattono nel 1948 con Pietro Fortunato Calvi. Dal 1970 il turismo si afferma definitivamente!”.