Con la fine del Covid, anche i cittadini veneti hanno ricominciato a frequentare gli uffici pubblici e, conseguentemente, i tempi di attesa agli sportelli sono tornati ad aumentare. Rispetto a prima dell’avvento della pandemia, molte amministrazioni pubbliche non potendo ancora contare sulla presenza di tutto il personale effettivo, presentavano ancora livelli di produttività sotto soglia. Senza contare che in questi ultimi anni è continuato ad aumentare il numero di chi è andato in pensione senza essere rimpiazzato da un nuovo assunto. Insomma, dall’anno scorso i veneti sono tornati a frequentare gli uffici pubblici, ma, per tutta una serie di ragioni, questi ultimi non hanno ancora recuperato una performance ottimale. Sebbene il Veneto rimanga comunque un’isola felice per quanto concerne l’efficienza della PA, è riaffiorato un problema che in questi ultimi anni avevamo rimosso: soprattutto nelle ASL e nei Comuni più grandi le code agli sportelli sono tornate ad allungarsi e ad aspettare più a lungo sono le persone anziane.
I giovani e le persone di mezza età, infatti, patiscono meno questi disagi; con maggiori conoscenze informatiche degli over 64, sempre più spesso non hanno la necessità di recarsi presso gli uffici pubblici. Grazie all’utilizzo del personal computer o dello smartphone, da qualche anno possono entrare in possesso dei documenti che necessitano standosene comodamente a casa. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.
Il Covid ha allontanato i cittadini dagli uffici pubblici
La forte contrazione degli accessi agli uffici pubblici e la conseguente diminuzione dei tempi di attesa avvenuti tra il 2020 e il 2021 sono riconducibili al fatto che con la pandemia quasi tutti gli sportelli delle amministrazioni comunali front office hanno deciso di lavorare su appuntamento. Negli ospedali, invece, a causa del Covid, gli ingressi sono stati contingentati, contribuendo a diminuire le presenze complessive. Altresì, grazie al potenziamento dei call center telefonici e dei sevizi offerti attraverso il sito internet – come i pagamenti, le prenotazioni on line delle visite, delle prestazioni ambulatoriali e il ritiro dei referti/certificati – le strutture ospedaliere hanno contribuito a diminuire ulteriormente l’affluenza ai propri sportelli.
I numeri
Nel 2023 il 39,7 per cento dei veneti che si sono recati in uno sportello di una ASL ha denunciato di aver atteso oltre 20 minuti. La nostra media regionale rimane di circa 10 punti inferiore a quella nazionale. Tra il 2021, anno in cui ci trovavamo in piena crisi pandemica, e il 2023, primo anno post Covid, i veneti che si sono recati presso una ASL e hanno denunciato di essere rimasti in attesa più di 20 minuti sono aumentati del 31,9 per cento, Possiamo quindi stimare con buona approssimazione che in questi ultimi due anni chi frequenta una ASL ed aspetta più di 20 minuti allo sportello ha visto allungarsi la coda di 10 persone. Solo in Abruzzo si è verificata una situazione più critica della nostra.
A livello regionale nel 2023 gli sportelli ASL più “lumaca” nell’espletare i referti e le pratiche tecnico/burocratiche sono stati quelli ubicati in Sicilia. Nella regione più a sud del Paese, il 68,4 per cento degli over 18 ha dichiarato di aver atteso più di 20 minuti. Seguono le ASL di Molise con ritardi denunciati dal 67,6 per cento dei cittadini, la Calabria con il 67,2 per cento, la Campania il 65,8 per cento e la Basilicata con il 65 per cento (vedi Tab. 1).
Sempre a livello regionale, nel 2023 gli sportelli degli uffici anagrafe più “lenti” nel consegnare i certificati richiesti dai propri residenti sono stati quelli dei comuni laziali: il 44,1 per cento degli over 18, infatti, ha dichiarato di aver atteso più di 20 minuti. Seguono i comuni della Sicilia con il 43,3 per cento, quelli della Puglia con il 34,7 per cento, quelli della Calabria con il 33,5 per cento e quelli della Campania con il 32,2 per cento. Il Veneto si colloca nella parte bassa della graduatoria: “solo” il 16,9 per cento dei cittadini ha denunciato tempi superiori ai 20 minuti per terminare l’operazione. Tra il 2021 e il 2023 i comuni dove “ipoteticamente” la fila agli sportelli dell’anagrafe è aumentata maggiormente sono la Calabria (+8 persone), l’Umbria (+6 persone) e l’Abruzzo (+5 persone). In Veneto non c’è stata alcuna variazione rispetto al dato 2021.
Va altresì segnalato che l’efficienza degli uffici anagrafe dei comuni è inversamente proporzionale al crescere della dimensione di questi ultimi. Infatti, il numero delle persone che a livello nazionale nel 2023 ha denunciato di essere stato in attesa più di 20 minuti per ogni 100 abitanti che si sono recati all’anagrafe è stato del 12,6 per cento nei comuni fino a 10 mila abitanti. E’ salito al 23,3 per cento per quelli tra i 10 e i 50 mila abitanti, per toccare il 36,4 per cento per le amministrazioni con più di 50 mila abitanti. Emergono delle differenze molto marcate anche tra le persone che abitano nei comuni vicini o meno alle grandi Città Metropolitane che, tra queste, includono anche Venezia. Quelli che si trovano nella periferia di queste grandi città hanno atteso più di 20 minuti nel 23,8 per cento dei casi che sono saliti fino al 55,5 per cento nei comuni contigui a quelli dell’area metropolitana (vedi Tab. 3).
- Anche per le Pmi la PA è un grosso problema
A lamentarsi, comunque, non sono solo i cittadini ma anche il sistema produttivo. Per più di 8 imprenditori su 10, infatti, la Pubblica Amministrazione (PA) italiana obbliga le imprese a delle procedure amministrative complicatissime. Esclusa la Francia, nessun altro paese dell’Area dell’Euro ha registrato un sentiment così negativo come il nostro. Rispetto alla media dei 20 Paesi monitorati nel 2023, l’Italia sconta un differenziale di quasi 25 punti percentuali in più (vedi Graf. 3). Il coacervo di norme, di regolamenti e di disposizioni varie presenti in tutti i settori continuano a ingessare il Paese, rendendo la vita impossibile soprattutto a coloro che vogliono fare impresa. E mai come in questo momento, oltre a riformare la nostra Amministrazione statale sarebbe necessario semplificare il quadro normativo, riducendo il numero delle leggi attraverso l’abrogazione di quelle più datate, ricorrendo ai testi unici, evitando così la sovrapposizione legislativa che su molte materie ha generato incomunicabilità, mancanza di trasparenza, incertezza dei tempi ed adempimenti sempre più onerosi. Siamo certi che tutto questo darebbe un forte impulso alla produttività del personale pubblico, spesso costretto a sottostare a procedure organizzative rigide e insensate che disincentivano la voglia di fare.