NELLA NOTTE IL GOVERNO HA DECISO: SI FERMI L’ITALIA CI SONO TROPPE PERSONE CHE PERDONO LA VITA. CE NE SIAMO ACCORTI DA GIORNI
Oggi aprono solo farmacie, parafarmacie ed edicole come Whuan dove sono stati azzerati i contagi. E chi opera nella sanità lavora quasi 20 ore al giorno oppure ritorna in corsia pur nel pieno della pensione senza chiedere un’euro (foto copertina, il dottore Ermenegildo Francavilla)
di Mirko Mezzacasa
Siamo nel pieno dell’emergenza, della crisi, della paura, si spengono i sorrisi, le facce si fanno ancora più serie come quella del Premier Giuseppe Conte che questa notte ha deciso la stretta finale che il Governatore della Lombardia e Piemonte auspicavano: l’Italia si blocca, il nuovo decreto chiude uffici, fabbriche di prodotti non essenziali. Una stretta che in Veneto in parte era già stata anticipata dal Presidente Luca Zaia con lo stop dei supermercati, delle passeggiate, delle corsette degli sportivi veri e improvvisati con la tutina nuova e le donnine a spasso per i paesi con il cagnolino incuranti di poter diventare potenziali portatrici di morte. Gli appelli sono serviti solo fino ad un certo punto in questi ultimi giorni perchè i “de coccio” hanno continuato a snobbare i divieti, quasi a deridere coloro che si sono confinati in casa, si sono arrabbiati medici, infermieri, oss, sindaci, consiglieri comunali, gente comune, ma gli inossidabile dell’ignoranza hanno perseverato nei loro comportamenti obbligando gli uomini delle Forze di Polizia a passare dal clima di prevenzione a quello della sanzione perché anche in tempi di crisi toccare il portafoglio conta, più della minaccia di finire in terapia intensiva intubati con il respiro che si blocca tra i denti portando ad una morte atroce per soffocamento lontano dai propri cari per finire in una bara destinata a chissà quale luogo per la cremazione a bordo di un mezzo dell’esercito senza l’ultimo sguardo, senza una carezza di chi ti ha amato per tutta la vita. Parole pesanti, lo so ma sono vere. Parole che ti uccidono dentro e io dal momento che le ho sentite urlare al telefono da un’operatrice della sanità in preda ad un giustificabile sfogo non riesco a dimenticarle e mi rimbalzano in testa ogni volta che mi appresto a scrivere queste poche righe al mattino o quando aprendo il microfono della radio mi ritrovo a ripetere con costanza l’appello “state a case” aiutate i sanitari ad aiutarci, fatelo per voi, per i vostri cari, per non morire, per non ucciderli. Eppure pare molta gente non capisca, ora c’è anche chi impugna l’ordinanza del sindaco – a Santa Giustina – perché vuole andare in cimitero a pregare, neanche non lo si possa fare da casa ma mi pare che anche il Vescovo e i parroci abbiano chiuso con le messe, le chiese e i cimiteri non garantiscono l’immunità nemmeno con il rosario tra le mani. Ieri in Veneto si sono contati 24 morti, uno ogni ora. I medici sono allo stremo, la nostra sanità è messa a dura prova e non può permettersi di aprire le porte ad esterni, tanto meno alla Costa Vittoria che sta vivendo un’odissea, chiede di poter attraccare con 1400 persone a bordo, 700 passeggeri soprattutto australiani, è in navigazione da due mesi avrebbe dovuto arrivare a Venezia il 28 marzo ma il presidente Zaia è stato chiaro: non se ne parla nemmeno. Sesta vittima ieri a Belluno, un paziente arrivato da un’altra struttura sanitaria, un 78enne che era ricoverato in terapia intensiva. Ieri si sono contate 212 persone positive, al secondo posto in Veneto nel rapporto contagi-popolazione, -ma non è una novità perchè Radio Più lo dice da giorni con tabelle alla mano. Da domani in corsia a Belluno si sperimentano i nuovi farmaci e l’ultima arma che viene porta ai nostri medici. C’è poi il problema dei senza tetto, la Caritas bellunese è già scesa in campo preparando un progetto straordinario in accordo con Comune di Belluno e Diocesi, già disponibile una casa per sei persone. Gli alpini sono concentrati nell’emergenza e per ora rinunciano all’adunata nazionale che non è stata annullata ma posticipata a tempi migliori, cioè nella stagione autunnale ammesso che l’emergenza sia stata superata e abbia lasciato la voglia di marciare sotto il cappello alpino che in queste ore si sta consumando nel sudore e nella fatica dei nostri alpini che hanno ben altro a cui pensare che all’adunata nazionale, come ad esempio aiutare la protezione civile regionale a distribuire le mascherine, a Belluno ne sono arrivate 25mila.