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CENCENIGHE Pochi muri che di anno in anno la vegetazione nasconde alla vista ma non al cuore di chi sa che in quel luogo una volta c’erano voci, lavoro operoso e vita. È tutto ciò che rimane della casa-osteria di Mezzocanale (“Mezcanal”), uno dei più piccoli abitati di Cencenighe, termine più calzante visto che frazione o villaggio sarebbe una definizione troppo ampia per questa località situata all’estremo del paese, a tre chilometri da Ghirlo, nella stretta del Cordevole e prossima al confine con Taibon. Ma non è solo la vegetazione ad occultare quei luoghi. Da diversi anni la viabilità è concentrata nella galleria Listolade-Cencenighe e prima che Vaia lo rendesse impraticabile in alcuni punti, il vecchio tratto ciclo-pedonale della strada 203 Agordina, che costeggia il torrente, permetteva di passare proprio per Mezzocanale, scorgendo i resti del caseggiato. Per vederlo pieno di vita adesso ci vuole uno sforzo di immaginazione ma viene in aiuto la breve descrizione particolareggiata di Ottone Brentari nella sua “Guida alpina” del 1887: “Nella chiusa del Cordevole, nei passati secoli, un fortilizio di semplice muro a secco e travi chiudeva il passo e divideva il capitanato di Agordo in due corpi federativi, cioè comunità di Sottochiusa con tredici regole e quella di Soprachiusa con dieci regole o vicinie. La valle comincia quindi ad abbellirsi di conifere sulla destra del torrente e la strada va abbassandosi sul letto di questo; da destra si interna nelle pareti del Pelsa (che strapiombano umide, nere e minacciose) una stretta spaccatura, dalla quale cavano pietre da fabbrica ed altre cave sono più avanti come pure di fronte di là dal Cordevole. La valle comincia ad allargarsi e a nord-ovest si vede sempre più verdeggiare e sorridere la china che scende sullo sperone orientale del Monte Sansone (Cima Pape). Dopo una breve salita e piccola svolta si è alla osteria di Mezzocanale, con vino liquori e tettoia per gli animali. Il letto del torrente è largo e ghiaioso e ha nel suo mezzo un’isoletta boscata”. Lo stesso ambiente deve avere visto pure un decennio prima Amelia Edwards nel suo vagabondaggio di mezza estate nelle Dolomiti. La viaggiatrice inglese rimase colpita dai “massi enormi e dalla strada continuamente tagliata da immense barricate di detriti e dalle croci in memoria di improvvise e tragiche morti”. D’inverno, poi, questi posti dovevano fare i conti con le “levìne” che si staccavano da entrambi i versanti, quello delle Pale e quello del Pelsa. Si deve immaginare una strada trafficata da carri, carrozze, cavalli, muli e gente a piedi diretta da e per Agordo o per le altre località del Bellunese. Un’osteria e una tettoia per gli animali avrebbe offerto una sosta salutare per i viandanti. A questo, probabilmente, pensò chi per primo costruì questo edificio che fungeva da esercizio e da abitazione. Circa la fabbricazione del caseggiato, al momento non si hanno notizie certe. Si sa comunque che Andrea Manfroi e la moglie Lucia Fontanive, dopo un periodo di emigrazione a Venezia, si stabilirono a Mezzocanale tra il 1861-1863. Lo dimostra la nascita di dodici dei tredici figli della coppia venuti al mondo proprio in questa località. Fra questi, Pacifico Carlo Manfroi, nato nel 1876 che nel 1904 sposò a Rorschach, in Svizzera, Vincenza Soppelsa, di Coi, classe 1881. Fu lui, insieme alla moglie, a portare avanti l’osteria di Mezzocanale tanto che Vincenza assunse l’appellativo di “Cencia da Mezcanal”, di professione ostessa. Lavoro ce n’era, eccome, tanto da dover affidarsi all’aiuto di ragazze delle vicinanze per tenere la numerosa prole (una quindicina di figli) che nel frattempo era nata. Prati segativi e qualche albero da frutto costeggiavano la strada rendendo l’ambiente alquanto diverso da quello odierno. Passarono pure gli anni della prima guerra mondiale con il via vai di truppe e soldati. Ma dopo il conflitto le cose cambiarono. Il proprietario Pacifico Carlo morì nella prima metà degli anni Venti e la “Cencia”, rimasta da sola e con figli ancora piccoli, prese la decisione di chiudere l’esercizio ed emigrare. La famiglia si trasferì a Bovisio Masciago, nell’attuale provincia di Monza e Brianza dove la “Cencia” si spense nell’agosto 1968. I figli della coppia proseguirono la vita lontano da Cencenighe ma molti di loro non dimenticarono le origini tramandando i ricordi e tornando in paese quando era possibile. A sua volta alcuni dei loro figli e nipoti, non rinunciarono a trascorrere qualche giorno a Cencenighe assistendo anno dopo anno al deperimento del caseggiato, ex “osteria e tettoia per gli animali”, di Mezcanal, come dimostra la foto scattata intorno agli anni Cinquanta-Sessanta dal nipote Walter. Al resto contribuì una cinquantina di anni fa, la costruzione più in alto della strada e del paravalanghe che comportò modifiche all’ambiente. Tuttora, il ricordo e l’affetto per quell’osteria rimane vivo e viene tramandato da una dei tanti pronipoti, Sabina, che tutti gli anni viene a Cencenighe e non manca di fare una passeggiata fino a Mezocanal per far visita ai ruderi della vecchia casa e osteria un tempo animata dalle voci dei bambini e degli avventori che si fermavano per una sosta.