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Facendo seguito alle prime dieci parti di questa succinta e didascalica trattazione sui Domìni Collettivi, Agordini in special modo, consigliamo la lettura delle prime dieci parti da qui raggiungibili:
PRIMA PARTE SECONDA PARTE TERZA PARTE QUARTA PARTE QUINTA PARTE SESTA PARTE SETTIMA PARTE OTTAVA PARTE NONA PARTE DECIMA PARTE UNDICESIMA PARTE
Mi scuso innanzitutto con gli specialisti del settore, Storici, Avvocati, Tecnici, Funzionari, se utilizzerò un linguaggio semplice, senza esagerare con gli approfondimenti di storia e Diritto, per fare in modo che queste poche righe risultino comprensibili anche al lettore che non sia avvezzo ai tecnicismi, ma sia interessato a comprendere da dove derivino e come debbano essere gestiste vastissime parti del territorio delle nostre montagne per troppo tempo erroneamente ritenute di proprietà pura dei Comuni. Sul termine Usi Civici e sul suo utilizzo nel nostro ambito montano si è creata confusione a partire dal 1927 con la Legge 1766 sul riordino degli Usi Civici del Regno. Sotto questo termine infatti vennero riunite al tempo diverse fattispecie di servitù collettiva da parte delle comunità locali di terreni su proprietà altrui sia privata che pubblica, che, in diverse parti d’Italia , soprattutto nel Centro-Sud Italia avevano origini feudali e nulla avevano da condividere, per esempio, con le Proprietà Collettive dell’ Arco Alpino da noi rappresentate dalle Regole e dallo status di Regoliere. Uso Civico inteso quindi come diritto di una collettività su terre di proprietà di terzi o dei Comuni, che non può essere confuso con un diritto di una collettività su terre proprie come rappresentato nelle nostre zone. La Proprietà Collettiva nelle nostre zone, nel secondo dopoguerra, con varie Leggi Statali, si affermò come Proprietà Regoliera ,secondo il Diritto Anteriore che vedeva , fino ad epoca Napoleonica, ossia fino al Decreto Vicereale 225 del 1806, i cosiddetti Corpi degli Antichi Originari, quali intestatari del cosiddetto Patrimonio Antico delle secolari Regole presenti fino ad allora sul territorio montano, quantomeno Ampezzano, Cadorino, Agordino, Bellunese, Zoldano, Alpagoto. Il citato Decreto Vicereale 225 del 1806 non espropriava i Corpi degli Antichi Originari dei loro territori per trasferirli ai Nuovi Corpi Comunitativi, ossia ai Comuni, che nacquero in quel frangente, ma li trasferì ai Comuni in sola amministrazione. Anche durante il dominio Asburgico, l’Impero, con la Sovrana Risoluzione del 16 Aprile1839 e con la Notificazione del 10 luglio 1839 per la sua applicazione, sancì che nessuna innovazione era stata introdotta riguardo agli Antichi Originari rispetto alle prescrizioni Napoleoniche del 1806 e quindi i Comuni avevano tali territori in sola amministrazione confermando la proprietà agli Antichi Originari. Sul concetto di Antichi Originari tornerò con un apposito articolo. Quindi, sia Napoleone che l’Impero Asburgico riconobbero la proprietà Collettiva degli Antichi Originari in quanto Ordinamento Anteriore sia al dominio Napoleonico che all’Impero Asburgico. Con la Legge del 1927, la Proprietà Collettiva venne “omologata” all’ Uso Civico esistente in altre parti d’Italia ma non nella montagna bellunese interessata da amministrazione da parte dei Comuni di territori di origine Regoliera o comunque Collettiva. Non essendoci stato , al tempo, altro modo di rappresentare la Proprietà Collettiva, quella non ancora riconfigurata nelle Regole nell’ambito del Diritto, anche la Regione Veneto, con la Legge Regionale 31 del 1994 sul riordino degli Usi Civici , dettò le procedure per l’ Accertamento e il Riordino degli impropriamente definiti “Usi Civici”, quasi fossero proprietà dei Comuni gravate da delle servitù a favore delle comunità locali, mentre un’altra Legge Regione Veneto, la 26 del 1996 dettava e detta tuttora le procedure per la ricostituzione delle Regole, le quali, come anzidetto, rappresentano nella montagna bellunese la fattispecie della Proprietà Collettiva, ossia il Patrimonio Antico di una Collettività chiusa formata dagli Antichi Originari. Dove sono state ricostituite le Regole la problematica di nostro interesse è ben definita, in quanto il Patrimonio Antico, ( soggetto a inalienabilità, inusucapibilità, indivisibilità e vincolo permanente agro silvo pastorale) lo Statuto e l’Elenco dei Regolieri determinano il campo d’azione. Il problema si pone dove, come per la maggior parte dell’ Agordino Storico o del Bellunese, le Regole non siano ancora state ricostituite e si continui ad utilizzare (impropriamente) la denominazione di Usi Civici pur avendo tali territori la derivazione Regoliera. E nel frattempo, nel 2017, entrava in vigore la Legge dello Stato di attuazione della Costituzione, n 168 titolata: “Norme in materia di Domini Collettivi”, e quindi dal novembre 2017 la Legge nella quale inquadrare anche la Proprietà Collettiva o Dominio Collettivo, fino ad allora erroneamente inquadrata come “Usi Civici”, esiste, bisogna applicarla. La differenza non è una questione di lana caprina, in quanto, la sentenza n 119 del 2023 della Corte Costituzionale sembra rimettere in gioco la libera circolazione dei beni gravati da Usi Civici e quindi la loro alienabilità pur mantenendo il vincolo di Uso Civico sul terreno alienato, ma riguarda, a mio avviso, solo i beni già privati gravati da Uso Civico da parte di una collettività e non certamente beni del Dominio Collettivo, ossia del Patrimonio Antico degli Originari Regolieri , inalienabili, indivisibili, inusucapibili, dal 1806 in sola Amministrazione ai Comuni allora appena nati. Operativamente, per poter procedere ad un qualsiasi trasferimento di proprietà immobiliare è necessario richiedere al Comune un Certificato di destinazione urbanistica. Nei Comuni ove si è proceduto , in ottemperanza alla Legge, alla verifica e riordino dei cosiddetti Usi Civici, ai sensi della Legge Regionale 31/1994 e dove non siano ancora state ripristinate le Regole, nel caso l’oggetto del trasferimento di proprietà riguardi immobili (terreni o fabbricati) ricadenti nell’ allegato C della Legge Regionale 31/1994,( Terreni di uso civico, già compresi nell’allegato A, oggetto di alienazione non autorizzata ai sensi dell’art. 12 della L. 1766/1927, da reintegrare nel demanio civico), ossia attualmente intestati a privati, ma da reintegrare nel patrimonio civico (Dominio Collettivo) in quanto, o provenienti da occupazioni senza alcun titolo, o da atti di vendita illegittimi da parte dei Comuni e quindi nulli, i Comuni stessi rilasciano normalmente un certificato di destinazione urbanistica con l’eventuale annotazione di soggezzione o gravame di Uso Civico ai sensi della Legge Regionale 31/1994, senza magari specificare che il terreno o l’immobile in questione , ai sensi della medesima Legge ed a seguito di Accertamento, Verifica e DGR Regionale, deve essere reintegrato nel Dominio Collettivo o Patrimonio Antico degli Originari in Amministrazione al Comune e quindi non è commerciabile in quanto inalienabile, indivisibile, inusucapibile. La mancata precisazione nel certificato di destinazione urbanistica di quanto sopra, potrebbe, a mio avviso, generare confusione e portare a pensare che il terreno o l’immobile in questione sia liberamente commerciabile, comportando, a mio avviso, la reale possibilità che l’ atto di compravendita sia nullo.
IL DECRETO DEL 25 NOVEMBRE 1806 (3 PAGINE)
D. 25 novembre 1806 n. 225
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