di Tiziano De Col
Facendo seguito alle prime quattro parti di questa succinta e didascalica trattazione sui Domìni Collettivi, Agordini in special modo, consigliamo la lettura delle prime quattro parti da qui raggiungibili:
PARTE 1 PARTE 2 PARTE 3 PARTE 4
Nell’ Agordino “storico”, ossia quello formato dal Sottochiusa (attuale Conca Agordina+Gosaldo) e dal Soprachiusa (attuale Cencenighe + Valle del Biois e Alto Cordevole, con l’esclusione di Livinallongo, Colle, Selva e Rocca) si è sempre avuta la convinzione, o almeno io ne ho avuta l’impressione, che, in questo territorio, allora definito Capitaniato d’Agordo (o Agort) non esistessero dei Laudi (Statuti o Regolamenti) che definissero la vita delle Regole Agordine. Ma non è proprio così, tanto che nelle mie ricerche sulla Regola della Val, che io uso come linee guida storico-giuridiche per le Regole Agordine, come specificato nelle precedenti parti di questa didascalica trattazione, ho rintracciato prima un serie di appunti manoscritti dell’emerito grande storico dell’Agordino, don Ferdinando Tamis, poi una trascrizione di una serie di antichi atti riguardanti la Regola della Val ed infine due pergamene originali nell’Archivio storico del Comune di La Valle, che definivano l’esistenza di un Laudo. Il fascicolo nell’ex Fondo Prefettura della Biblioteca Civica di Belluno al n 338 fascicolo A, contiene una lunga trascrizione che riguarda la già citata lite tra Le Regole del Piano d’Agordo e la Regola della Valle per la proprietà di parte del pascolo del Duràn negli anni dal 1720-1725. Da pag 24 a pag 28 della trascrizione settecentesca citata, vengono prodotti gli scritti di due pergamene datate 19 marzo 1447 nelle quali viene descritto come, in tale data, un nutrito gruppo di Regolieri della Regola della Valle, protestavano davanti al Capitano di Agordo, Vittore Crepadoni, contro tali Marco Paternoster e Bonaccorso, ambedue di Lantrago, i quali avevano affittato la montagna pascoliva del Duràn (Monti Duràni) senza la licenza e il consenso dei Regolieri Lavallesi. Nei manoscritti di don Ferdinando Tamis, che riassumono le due pergamene, si descrive come “ il Capitano di Agordo, quindi annullava il contratto di affitto, condannando i due alla rifusione e risarcimento dei danni e a tutte le spese del processo, riservandosi di tassare i querelanti per alcuni atti di falsa testimonianza. La sentenza fu letta e tradotta (dal latino) alla presenza dei testimoni e delle parti interessate dal Notaio Nicola Paragatta della Pieve di Agordo.” Sempre lo stesso giorno, riporta nel suo riassunto manoscritto don Tamis “ … nella stessa Loggia della Pieve di Agordo, i querelanti, che affermarono di rappresentare tutta la loro Regola, stabilirono all’unanimità quanto segue, ossia il Laudo per la monticazione di tutti i pascoli della Regola della Valle:
Primo Che nessun Regoliere in seguito presuma direttamente o indirettamente di affittare ai terrigeni o ai foresti i pascoli della Regola, senza il consenso e licenza di tutti i Regolieri e Vicini, sotto pena di lire cinquanta dei piccoli da dividersi eventualmente in parti uguali fra gli stessi.
Secondo Che quando fosse necessario affittare la montagna , o parte di essa, oppure i pascoli della Regola, si eleggessero in piena adunanza uno o più incaricati fra i migliori e capaci, per riscuotere gli affitti e distribuirli in parti uguali. La licenza doveva esser data in iscritto da persona pubblica, pena la nullità e la multa di lire cinquanta per ognuno e per ogni volta da dividersi come sopra.”
E’ così dimostrata l’esistenza di almeno un Laudo Regoliero anche in Agordino, nel quale i Regolieri decidevano in completa autonomia su come dovesse essere regolamentato l’eventuale affitto di Montagne (ossia attuali pascoli di malga e malghe) o semplici pascoli della Regola della Valle.
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