Del legame tra l’Imperatore, il Patriarcato di Aquileia, i Canonici del Capitolo della Cattedrale e i Della Valle.
Cercheremo, per quanto possibile, di essere sintetici e riuscire a mantenere una linea di spiegazione che sia facilmente seguibile dal lettore e quindi gli studiosi ci perdoneranno una spiegazione non approfondita negli avvenimenti che porterebbe ad appesantimento della lettura.
La lotta per le Investiture nel Patriarcato di Aquileia
Il 23 settembre 1122 grazie al noto Concordato di Worms si dirimevano le questioni tra Papato ed Impero per la nomina dei Vescovi. Secondo il concordato, l’imperatore rinunciava alla sua prerogativa di investitura con bastone e anello pastorale accettando la libera elezione dei vescovi da parte del Capitolo dei Canonici della Cattedrale. Nonostante il raggiungimento di questo compromesso, il conflitto non era ancora del tutto finito. Riprese vigore nel 1154 e si concluse, un secolo più tardi, con la sconfitta totale degli imperatori germanici. Intorno al 1220 Federico II di Svevia, finì addirittura per rinunciare ai privilegi che gli erano stati concessi dal concordato di Worms in terra germanica. (Fonte Wikipedia) Il Patriarca di Aquileia, Nicolò di Lussemburgo, figlio (al di fuori del matrimonio) di Giovanni di Lussemburgo, Re di Boemia, fu Patriarca dal 18 maggio 1351 .* A seguito delle stringenti e struggenti richieste (“lacrymarum fluentium precio”) di suo fratello Re Calo IV, e non di meno dietro l’elargizione di un cospicuo controvalore in denaro, gli ultimi due fascicoli del Vangelo di Marco, venerato ad Aquileia come reliquia, passarono per volontà di Nicolò e del capitolo della basilica di Aquileia nelle mani del re. Nicolò accompagnò il fratello, Carlo IV, nel viaggio che lo portava all’incoronazione e si trattenne più mesi a Siena e Pisa come capitano e come “vicarius generalis” della Toscana. A Pisa fu vittima di un tumulto insorto contro la sua persona e fu, di conseguenza, preso prigioniero, mentre nel frattempo anche in Friuli prendevano piede azioni di rivolta contro la sua autorità. Nelle città di Udine e di Cividale i capitani da lui insediati vennero uccisi. * Degno di nota è che, al suo rientro in Friuli egli ricevette l’incarico di vicario imperiale per le città di Feltre e Belluno* e questo conferma che, in quel periodo, Belluno e Feltre erano sotto il diretto controllo del Patriarcato e dell’Imperatore e quindi anche delle aree del Bellunese in quel periodo filo imperiali, quali l’Agordino, investito dall’Imperatore a Giacomo Avoscano, il quale, nel 1347 aveva dato la reggenza a Bonifacino detto De La Turre della Valle d’Agordo, uno dei quattro figli di Lancillotto Della Valle . Il Patriarca Nicolò morì il 29 luglio 1358 a Belluno dove ricevette una prima sepoltura: solamente in un secondo momento le sue spoglie furono trasferite nel duomo di Udine.* (* notizie tratte in parte dal Dizionario Biografico dei Friulani) In questo contesto, i Della Valle, oltre che il potere politico avevano anche un potere religioso, in quanto il canonico Brancaleone Della Valle, figlio di Franceschino e nipote di Lancillotto, era quindi ben inserito nei rapporti tra il Capitolo della Cattedrale, del quale lui era canonico , il Patriarcato di Aquileia, e l’Imperatore. Il Canonico Brancaleone della Valle compare più volte nella Raccolta di Documenti trascritti dal Prof. Don Francesco Pellegrini e come esempi riportiamo: 1364 – 20 marzo – Venezia – Protesta del Canonico di Belluno Brancaleone della Valle procuratore del Vescovo e del Clero di Belluno, perché non c’era chi ricevesse il denaro delle decime; 1366 – 17 novembre – Belluno – Il Canonico Brancaleone della Valle partecipa alla dieta (assemblea) del Capitolo e del Clero Bellunese nella quale si delibera di spendere 100 ducati d’oro per acquistare un gioiello da donare alla figlia di Francesco da Carrara, Signore di Padova
La guerra tra la Repubblica di Venezia ed il Regno di Ungheria
La guerra tra la Repubblica di Venezia e il Regno d’Ungheria scoppiò nel 1411 poiché la prima mirava al controllo dei passi alpini mentre il secondo cercava uno sbocco sul mare Adriatico.Il fuoriuscito fiorentino Filippo Scolari, al servizio di Sigismondo ed alla testa di 16.000 ungheresi e boemi, invase il Friuli, prendendo e saccheggiando Monfalcone, Marano, Portogruaro, Ceneda, Serravalle, Belluno, Feltre, il Trevisano, il Veronese ed il Padovano (dove sperava nell’insurrezione antiveneziana a favore degli spodestati Carraresi, Scaligeri e da Camino).Lo Scolari, assieme a Sigismondo ed alla testa di 6.000 cavalieri, entrò a Udine il 28 settembre 1411, dopo che la città aveva chiesto invano protezione al duca d’Austria Ernesto “Il Ferreo” d’Asburgo; Udine fu costretta a pagare un alto prezzo per evitare il saccheggio; il 30 settembre cadde anche Cividale.Anche i veneziani invasero il Friuli causando stragi e saccheggi: il nobile friulano Tristano Savorgnan, dopo essere stato assediato quattro mesi nel proprio castello di Povoletto, fece atto di sottomissione alla Serenissima e riparò subito a Venezia dove fu nominato provveditore. Proprio Tristano Savorgnan si rese protagonista di un’azione ardita: con 400 cavalieri, numerosi fanti e innalzando false insegne ungheresi ingannò la guarnigione che presidiava le mura cittadine e riuscì ad entrare a Udine, ma venne scoperto e subito cacciato (28 marzo 1412). Carlo I Malatesta, al soldo di Venezia, con 8.000 cavalieri e 6.000 fanti saccheggiò anche i territori di Enrico IV conte di Gorizia (maggio-giugno 1412).Neppure l’Istria fu risparmiata dal conflitto: Venezia occupò Buie, Portole, Rozzo e Colmo, mentre gli ungheresi occuparono il castello di Montona credendolo di Venezia, scoprendo invece che era presidiato da milizie patriarcali. I due contendenti si affrontarono per il controllo dei territori appena occupati; Venezia realizzò 22 miglia di fossi e terrapieni lungo il Livenza, che fu pattugliato da una flottiglia munita d’artiglierie; Filippo Scolari con 3.000 cavalieri e truppe raccolte nelle guarnigioni (boemi, tedeschi, ungheresi ed alcuni feudatari friulani) attaccò di sorpresa all’alba il campo veneziano a Motta di Livenza (24 agosto 1412).Carlo Malatesta venne ferito tre volte negli scontri e Taddeo del Verme (anch’egli ferito nello scontro) furono alla fine soccorsi da un contingente di cavalleria condotta da Ruggero “Cane” Ranieri e Crasso da Venosa, i quali riuscirono a respingere gli attaccanti che lasciarono sul campo più di 1.300 tra caduti e feriti. Guglielmo da Prata ed altri tre capitani furono fatti prigionieri, e cinque delle sei bandiere furono perse. Passati all’offensiva, i Veneziani posero l’assedio a Udine (15 ottobre 1412), riuscendo a sconfiggere Filippo Scolari, solo per venire cacciati dall’esercito guidato da Sigismondo, divenuto frattanto re di Germania, che fu accolto in città il 13 dicembre 1412. Venezia occupò tuttavia i porti della Dalmazia ed assoldò Pandolfo III Malatesta signore di Fano, Brescia e Bergamo, ma nessuno raggiunse un successo decisivo.Le parti firmarono una tregua di cinque anni a Castelletto del Friuli (17 aprile 1413), anche a causa dell’avanzata ottomana nei Balcani; l’ostilità di Venezia impediva inoltre a Sigismondo di recarsi a Roma ed ottenere l’incoronazione imperiale. Ognuno dei due belligeranti mantenne i territori occupati fino ad allora. (Tratto da Wikiwand.com)
L’ultimo Patriarca di Aquileia – Ludovico di Teck
Nel corso del confronto con Venezia Sigismondo era riuscito a far nominare al patriarcato di Aquileia un potente e aggressivo prelato tedesco, Ludovico di Teck. Ludovico di Teck è stato un patriarca cattolico tedesco, patriarca di Aquileia dal 1412 al 1419 (fino al 1420 con potere temporale). Eletto Patriarca di Aquileia nel 1419 con l’aiuto dell’imperatore Sigismondo, fu costantemente in contrasto con la nobiltà friulana. Ludovico si trovò subito costretto ad affrontare suo malgrado la guerra tra la Repubblica di Venezia ed il Regno di Ungheria che coinvolse e devastò il Friuli, attraversato e dilaniato dalle truppe dei due schieramenti e che si concluse con grandi perdite territoriali per il patriarcato. Duca di Teck, fu l’ultimo della linea Teck-Owen. L’ormai inevitabile atto finale per la storia del patriarcato si compì ne 1418: mentre gli ungheresi erano ancora occupati a combatte gli ottomani nei Balcani, Venezia li sconfisse rapidamente sul mare, firmò con essi la pace (9 luglio 1416) ed intraprese l’occupazione del Patriarcato. L’atto formale di inizio dei conflitti si ebbe quando Tristano Savorgnan reclamò i beni confiscati dal patriarca ed iniziò i saccheggi dei territori del Friuli. Anche gli ultimi territori patriarcali in Istria vennero colpiti e Capodistria fu attaccata il 27 agosto 1418. I mercenari Taddeo D’Este e Filippo Arcelli, al soldo di Venezia, invaso il Friuli, saccheggiano Aquileia e bombardano Cividale costringendola alla resa (13 lugli 1419), seguita da quella di Sacile (14 agosto 1419), mentre Tristano Savorgnan fallì la presa di Udine (12 settembre 1419). Il patriarca venne supportato da Enrico IV conte di Gorizia e con 6.000 soldati patriarcali ed ungheresi, assieme ai Carraresi ed al conte di Ortemburg assalì Cividale, bombardandola per 115 giorni ma fu sconfitto dall’esercito di soccorso veneziano (dicembre 1419). Enrico IV venne catturato e dovette pagare un grosso riscatto; Ludovico fu costretto a lasciare il Friuli per cercare aiuto in Ungheria (1420) ma Sigismondo era impegnato nelle guerre hussite (1420-1434). I Veneziani procedettero all’occupazione del patriarcato Filippo Arcelli prese Feltre (14 marzo 1420) e Belluno (23 marzo) mentre Tristano Savorgnan ottenne la resa di Udine (4 aprile 1420), che dovette pagare una grossa taglia per evitare il saccheggio, prese Spilimbergo, San Vito,Portogruaro e Venzone (30 giugno). Il doge Tommaso Mocenigo ottenne la resa di Monfalcone (14 luglio 1420), il porto adriatico più settentrionale che ribattezzò “Occhio della Patria del Friuli”. I Veneziani presero poi Marano e Aquileia, ottenendo il controllo della costa ed occupando nel contempo la Carnia, mentre il Cadore (fino al Castello di Botestagno compreso) cessò la resistenza solo dopo aver ottenuto il riconoscimento dei propri diritti giurisdizionali. Nell’Istria, Muggia e Capodistria fecero atto di dedizione a Venezia che assediò e prese anche Pinguente (luglio 1420),Albona, Fianona, Spalato e Cattarro. Entro la fine di luglio tutto il Patriarcato era ormai in mano veneziana.
(Tratto da Wikipedia)
La caduta di Pandolfo Malatesta e il riassorbimento di Brescia nel rinato Stato visconteo stavano ad indicare, già nei primi anni Venti, che nel futuro del Dominio veneto di Terra nulla poteva essere dato per scontato: nel 1422 recenti successi in Friuli venivano messi in discussione, oltre che da Sigismondo, anche da Ludovico di Teck, e l’occupazione di Genova da parte del Visconti fu un altro segnale inquietante. Nella primavera del 1420 il Patriarca Ludovico di Teck, si impegnò nella difesa di Feltre e Belluno dall’assalto dei Veneziani e cercò aiuto nelle popolazioni filo-imperiali delle zone contermini, quali l’ Agordino, dove i Della Valle, rimasti Ghibellini e filo Imperiali dall’epoca di Ezzelino, legati al Capitolo e quindi al Patriarcato, sicuramente si schierarono al suo fianco, meritandosi l’appellativo di Teck, in quanto affiancati all’ultimo Patriarca, Ludovico, Duca di Teck.
Il termine “kei Teck” come dispregiativo nei confronti dei Lavallesi da parte del resto del Sottochiusa
In un agordino che diventava completamente guelfo, con la soppressione del Rotulo o parentela dei Della Valle, con l’ultimo Patriarca sconfitto e con la Chiesa di Roma che , alleata con Venezia, scardinava il secolare Patriarcato ridimensionandolo fino alla sua scomparsa, fu gioco facile additare i Della Valle e di conseguenza i Lavallesi con l’epiteto usato in forma dispregiativa di “Kei Teck” , appellativo che invece ancora, molti abitanti di La Valle “indossano” con orgoglio, quale simbolo distintivo di identità e coerenza. Da Wikipedia : Per Duca di Teck si intende, nel corso del Medioevo, un titolo assegnato al responsabile del principato tedesco di Teck e ai dintorni del suo castello, così identificato nel Sacro Romano Impero. Quel territorio appartenne, tra il 1187 ed il 1439, ad una genealogia parallela alla dinastia Zähringen, noto storicamente come il primo casato di Teck. Il titolo fu ricreato nel 1871 nel Regno di Württemberg per un cugino del suo re, Carlo. Adalberto, figlio di Corrado di Zähringen, eredita i possedimenti di suo padre intorno al castello di Teck tra Kirchheim e Owen. Dopo la morte di suo fratello, Bertoldo IV, Duca di Zähringen nel 1186, Adalberto adotta il titolo di Duca di Teck. Nel XIII secolo, la famiglia si divise nelle linee di Teck-Oberndorf e Teck-Owen. I duchi di Teck-Oberndorf si estinsero nel 1363 e Federico di Teck-Owen vendette i loro possedimenti al Conte di Hohenberg. Nel 1365, i Duchi di Teck-Owen vennero in possesso di Mindelheim, ma dovettero, nel 1381, vendere le loro terre intorno al castello di Teck ai conti di Württemberg.[1] L’ultimo membro di quella linea genealogica, Ludovico di Teck, patriarca di Aquileia dal 1412, morì nel 1439.
DAL SITO RADIOPIU.NET DEL 24 DICEMBRE 2022
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