di Renato Bona
Nell’ottobre del 2001 il collega e caro amico Ferruccio Vendramini, maestro elementare bellunese, storico, ricercatore e, fra l’altro, amministratore pubblico, diede alle stampe con la Tipografia Piave di Belluno, ad iniziativa del Comune e della Biblioteca civica di Longarone, il “Quaderno numero 2” col titolo: “Sulle tracce del passato. Recuperi e documenti per una storia del Longaronese”. Nella pubblicazione – impreziosita dalla riproduzione di disegni di Osvaldo Monti e di immagini datate di Fulvio Scussel e di Elda Deon Cardin dal suo libro “Così lontano, così vicino…” – si è occupato, con la riconosciuta diligenza e indubbia passione di: “Rosa Celotta, longaronese, ossia la passione patriottica in clima risorgimentale”; “Famiglie di Fortogna (Longarone) unite in società per gestire il bosco di Cajada (sec. XIX)”; “Agricoltura montana nell’‘800; Giovanni Maria Fagarazzi, longaronese esperto di orticoltura”; “Le alluvioni nel Bellunese al tramonto dell’Ottocento e il fallimento dell’impresa Tallachini”. Va ricordato che gli articoli sono stati tratti da “Dolomiti” e da “Archivio Veneto”, rivista della Deputazione di storia patria per le Venezie e che la copertina era apparsa nel periodico “La Vallata Bellunese” del 7 settembre 1903! Pregevole la presentazione dell’allora assessore alla cultura del Comune di Longarone, Viviana Capraro perché sintetizza egregiamente gli argomenti affrontati da Vendramini che – a suo dire – “ci fanno gustare pagine particolarmente dense tese a caratterizzare luoghi, volti, aspetti sociali e organizzativi del nostro paese”. In primo piano (le sono riservate ben 14 pagine) Rosa Celotta (1825-1889), figlia maggiore di una famiglia numerosa che comprendeva anche l’amato fratello Pietro Ettore (1827-1851) studente un legge a Padova (partecipò ai primi moti scoppiati in quell’Università: arrestato e trasferito a Longarone per il domicilio coatto, non si diede per vinto e fu alla difesa di Venezia, luogotenente di Pier Fortunato Calvi nel corpo dei Cacciatori delle Alpi; riparato in Piemonte e arruolato tra i bersaglieri, morì di malattia a Sassari, all’età di 24 anni, provocando “profonda sofferenza per Rosa”) l’autore opportunamente che la donna manifestò il suo ardente temperamento anche nella lettera inviata al carissimo fratello dove insisteva “sul ruolo che la donna doveva assumere nei moti risorgimentali: poteva infatti “contribuire a cooperare con tutta l’anima a diffondere la santa naturale idea di libertà nei cuori di molti” con l’imperativo: “vincere o morire combattendo per una giusta causa, per l’onore della nazione vilipesa vilmente dallo straniero…”. La Capraro scriveva: “E’ una vita, quella di Rosa Celotta, spesa per la causa dell’amor patrio in un particolare momento di esaltazione contro l’oppressore austriaco e non a caso gli stessi abitanti dello Zoldano le riconoscono fin da subito il ruolo avuto e la onorano infrangendo le consuetudini e permettendole di esporre le proprie idee politiche attraverso una tribuna pubblica…”. Sottolineando di seguito: “Anche se è difficile affermare che abbia precorso i tempi di una emancipazione femminile, rimanendo legata alla tradizione religiosa e profondamente attaccata alla famiglia, non di meno la sua figura appare del tutto nuova, per la capacitò di intervenire ed esporsi pubblicamente in tempi e situazioni in cui le donne rimanevano in ombra o costituivano tutt’al più ‘un fondale aggraziato ed elegante’”. Interessante pure la ricerca di Vendramini sull’alienazione del bosco di Cajada perché: “Leggere gli atti e i documenti che hanno portato alla costituzione della società per la gestione del bosco di Cajada significa doversi stupire della geniale imprenditorialità dimostrata dai compaesani di Fortogna, riconoscendo come, chi ci ha preceduto, avesse già progettato molti anni fa operazioni economiche d’altissimo livello”. Di seguito l’autore ci fa scoprire, dando rilievo alla figura di Giovanni Maria Fagarazzi (nato il 26 ottobre 1822, morì a Verona il 7 settembre 1897 lasciando i suoi beni ai figli, usufruttuaria la moglie Giacinta Teza), “che accanto allo spirito patriottico dell’epoca non mancava una volontà di studio e di ricerca sperimentale in un settore, quello dell’orticoltura, fino allora affidato al sapere popolare che si tramandava di generazione in generazione”. Chiusura con lo studio sull’impresa Tallachini, molto attiva a Longarone: “Dopo le fortune della prima metà dell’Ottocento, la famiglia, che aveva proprietà e villa a Faè, fu colpita dolorosamente dall’alluvione del 1882, tanto da dover vendere le proprietà di cui godeva. La Capraro evidenziava come “in questo saggio storico, è strettamente collegata la cura del territorio con il problema della regimazione delle acque”. Un problema che in provincia di Belluno è di grandissima attualità.
NELLE FOTO (riproduzioni dal “Quaderno 2 Sulle tracce del passato” e dal libro “Così lontano, così vicino…” di Elda Deon Cardin; Wikipedia, Bellunesi del Mondo): copertina della pubblicazione; l’autore, Ferruccio Vendramini; l’assessore alla cultura di Longarone dell’epoca, Viviana Capraro; “Giovane donna” di Osvaldo Monti; “Mezzo Canale” (Monti); “Luogo della battaglia” (Monti); figura tipica” (Monti); “L’imbocco a Zoldo” (Monti); “Dintorni di Cajada”, di Fulvio Scussel; “Ritratto di lavoratore di fine ‘800” (Monti); veduta generale di Longarone del 1903, di Elda Deon Cardin; scorcio caratteristico del secolo scorso; panoramica contemporanea di Longarone rinata dopo la catastrofe del Vajont del 1963.